Isabella Ragonese si è raccontata a tutto tondo sulle colonne del “Corriere della Sera”, a cominciare dalle sue origini professionali. L’attrice e regista ha sottolineato di non avere mai individuato un momento preciso della sua vita nel quale ha scelto il suo attuale mestiere: “Ho frequentato l’università, come speravano i miei. Filosofia. Tuttavia, fondamentale è stata la prof di greco e latino al liceo, che mi ha consigliato di fare laboratorio di teatro. Lì ho sentito che ero nella mia acqua. Con alcuni amici poi ho messo su una compagnia, e mi sono comprata la prima macchina. Ero diventata un’esperta di bandi, partecipavo con progetti miei”.



Il padre di Isabella Ragonese era avvocato, sua madre casalinga: “Lui era fissato con gli allegati dell’Unità, tutto Monicelli, tutto Truffaut. Ne ho fatto indigestione. Arrivata ai vent’anni (recitando, ndr) mi sono detta: se entro i 30 non diventa un lavoro, mollo. Mi hanno aiutato l’incoscienza e la faccia tosta. Ricordo l’emozione da isolana del primo lavoro in continente, a Ravenna. Avevo 19 anni. Sono arrivata da sola. Mi hanno guardato e chiesto: e gli altri quando arrivano? Io: mai. Era un monologo”.



ISABELLA RAGONESE: “QUANDO PRENDO L’AEREO, STO IN TENSIONE”

Nella città dell’Emilia-Romagna Isabella Ragonese è giunta in treno, perché ha sempre avuto paura di volare: “Ormai ci sono affezionata, è un feticcio, mi piacciono le paure. Ora prendo l’aereo, anche se sto in tensione. Ti invitano al festival di Tokyo e che fai? La lascio parlare, ma non comandare, la mia paura. Però per anni ho usato solo treno o pullman. Arrivavo ovunque in vagone letto, cuccette donna. Un mondo teatrale, ho mangiato paste al forno buonissime, ascoltato storie fantastiche, facevo domande. Quando chiedevano di me dicevo: studio”.



Isabella Ragonese ha trovato il coraggio di dire “faccio l’attrice” soltanto quando ha iniziato con il cinema, recitando in “Nuovomondo” di Emanuele Crialese: “Venne a Palermo. Cercava attori capaci di recitare in siciliano stretto. Ero preparatissima: in quel periodo lavoravo in una cooperativa che si occupava di persone con problemi di tossicodipendenza”.