“L’Isis in quanto Stato non esiste più e non è in grado di organizzare azioni terroristiche in Europa. L’attentato di Bruxelles è un episodio di terrorismo indotto o emulativo, nato sulla spinta di grandi eventi geopolitici”: a spiegarlo è Alfredo Mantici, a capo degli analisti del Sisde e oggi professore di intelligence all’università di Roma Unint. Per l’esperto è molto più difficile che una cosa simile avvenga in Italia.



Gli attentati dal 2015 in poi in Francia, Belgio e Regno Unito erano domestici, compiuti da cittadini europei o immigrati di lungo corso come Abdesalem Lassoued a Bruxelles. È terrorismo interno, non internazionale. Nasce bella comunità di immigrati di prima, seconda o terza generazione”. Ancora una volta è stata colpita Bruxelles perché come spiega Mantici, nel quartiere Moleenbek, con 100mila immigrati musulmani, per la legge dei grandi numeri almeno 10 estremisti ci sono. Dunque “l’azione di Abdesalem è stata stimolata da quanto succede in Israele e a Gaza e in Svezia con la profanazione del Corano”.



Isis non esiste più? “Non ci sono cellule da controllare”

Prevenire l’attentato di Bruxelles, secondo Alfredo Mantici, a capo degli analisti del Sisde e oggi professore di intelligence all’università di Roma Unint, non era possibile. Infatti “non ci sono cellule da tenere sotto controllo, da infiltrarsi o pedinare, essendo un lupo solitario. C’è solo il singolo che decide di agire. Ora sappiamo che era sospettato di simpatie estremiste, però non esiste un Guantanamo in Europa, non possiamo detenere senza processo persone che sospettiamo di essere estremiste. Per fortuna in Italia c’è una legge che sanziona anche la propaganda jihadista sul web, e questo ha portato agli ultimi due arresti di Milano“. Diverso invece in Belgio.



In Italia il pericolo terrorismo è di molto minore rispetto a Paesi come Belgio o Francia in quanto non esistono i banlieue come in Francia o i quartieri ghetto come Moleenbek in Belgio. “Da noi gli immigranti arabi o musulmani sono integrati in quartieri abitati da italiani. C’è un controllo sociale spontaneo. È difficile organizzare gruppi e piccole fazioni estremistiche senza che il passaparola del vicinato arrivi prima o poi alla polizia” spiega Mantici al Messaggero. Oltre questo c’è un comparto di sicurezza allenato da trent’anni di antiterrorismo e antimafia. Dunque c’è una enorme capacità di reazione rispetto a Paesi che non hanno avuto Brigate rosse o mafia. In Italia, dunque, resta bassissimo il rischio attentati anche se ovviamente “il matto singolo che esce di casa e investe sul marciapiede trenta persone non si può prevenire, ma le nostre comunità di immigrati musulmani, in questi anni di terrorismo islamico in Europa (per mano dell’Isis, ndr), hanno dato prova di essere più moderate”.