L’Unione Europea è al lavoro per scovare i minorenni che vengono indottrinati all’Isis e che di conseguenza potrebbero trasformarsi in terroristi. Come riferisce il quotidiano IlGiornale si tratta solitamente di ragazzini di età compresa fra i 12 e i 16 anni che si istruiscono allo Stato Islamico tramite la rete, studiando consigli pratici su come combattere, e nei casi peggiori, agiscono. Il caso più emblematico è quello di un 16enne spagnolo che si era già perfettamente indottrinato e per cui a inizio di quest’anno è stata emessa una condanna, aprendo di fatto un nuovo fronte della lotta all’Isis da parte del mondo occidentale e in particolare europeo.
Ed è proprio la Spagna una delle nazioni da cui proviene la maggior minaccia, e il giovane arrestato è un emblematico di quanto lo Stato Islamico stia allungando i propri tentacoli sul territorio iberico, da sempre più vicino al mondo nordafricano per via della sua posizione geografica. Il nino marocchino ha iniziato a studiare la propaganda di Daesh a 12 anni, e quattro anni dopo, a soli 16 anni, era ritenuto così pericoloso al punto da venir emesso un mandato di cattura da parte dell’intelligence minacciando la sicurezza del Paese: è la prima di questo genere nell’Unione Europea.
ISIS E GIOVANI EUROPEI: LA CELLULA DI MELILLA
Come sottolinea ancora Il Giornale, oggi i minori europei fanno gola ai jihadisti, alla luce anche del fatto che negli ultimi tempi lo Stato Islamico ha perso parte della sua forza, soprattutto a livello internazionale. In ogni caso, sempre in Spagna, sono emerse altre due indagini simili a quelle del nino marocchino che hanno permesso di sgominare una cellula che reclutava minori. E’ stata smantellata a Melilla ed era pronta ad attaccare il Vecchio Continente. I preferiti degli islamisti odierni sono i giovani in quanto più difficili da scovare, protetti maggiormente dal sistema giudiziario, e meno avvezzi a parlare dei propri obiettivi in quanto tenuti alla riservatezza imposta dall’Isis.
Ma anche in Francia il fenomeno sta dilangando, tenendo conto che dal 2015 più di 100 minori sono stati condannati o incriminati in attesa di giudizio proprio per atti di jihadismo, così come fa sapere la Procura nazionale antiterrorismo (Pnat): «Solo un minore di questi non è stato fermato prima che agisse». Si tratta di un fenomeno che un paio di anni fa veniva considerato gestibile, ma con il rientro nel Paese dei figli della jihad, il caso è letteralmente esploso. Ogni anno sono circa 30 i giovani fermati, l’ultimo un 14enne arrestato nell’Alto Reno ad aprile che era «in collegamento diretto con sostenitori di Daesh e detentore di svariati prodotti esplosivi» da lui stesso fabbricati.
ISIS E GIOVANI EUROPEI: FONDAMENTALE E’ LA COLLABORAZIONE FRA VARI AMBITI
Fondamentale resta la collaborazione nei vari ambiti e in Italia ci si attrezza con dei manuali ad hoc, come ad esempio Il testo curato dall’Aisi, Prevenzione dell’estremismo violento. Guida all’osservazione dei processi di radicalizzazione, che serve per le questure ma anche per gli operatori sanitari, carcerari e scolastici. Nel nostro Paese l’unico caso noto fino ad ora accertato è quello dell’aprile di cinque anni fa, un 15enne di Trieste originario dell’Algeria, indagato per attività di proselitismo e sostegno all’Isis: era pronto a far saltare la scuola con un ordigno fabbricato artigianalmente.
Scrivendo per la rivista italiana di intelligence, Gnosis gli psicologi Cristina Caparesi (che ha seguito il caso del 15enne) e Leonardo Tamborini, spiegano che non sembra esserci ragione di credere che «il coinvolgimento di un minorenne nella propaganda terroristica jihadista sia un caso eccezionale», considerata anche «la crescita della popolazione di giovani e giovanissimi immigrati di seconda generazione, particolarmente esposti per motivi religiosi o per la difficile o insoddisfacente integrazione sociale».