Olivier Roy, docente di scienza politica all’Istituto Universitario Europeo di Fiesole, è intervenuto ieri al Meeting di Rimini sui temi del dialogo tra le religioni, l’identità e la convivenza. Il Sussidiario ha potuto incontrarlo per porgli alcune domande. Il punto cruciale, dice Roy, sta nel rapporto tra identità, secolarizzazione e nichilismo.



Professore, la paura dell’Occidente nei confronti del mondo islamico può essere considerata superata?

Può essere considerata superata ma non vinta nelle persone. Ci sono due elementi che continuano a pesare: il primo è l’immigrazione dai paesi islamici che ha portato per motivi di lavoro milioni di musulmani in Occidente. Il secondo motivo è la crisi del Medio Oriente che ha significato nei tempi meno recenti la crisi iraniana, la guerra in Libano e, più vicino a noi, Al Qaeda poi il Daesh. È la congiunzione tra immigrazione e radicalizzazione a spaventare l’Occidente. Spaventano le dinamiche interne alle società come la Francia, la Germania, il Belgio dove siamo già alla seconda e terza generazione di immigrati che hanno maturato una classe media fatta di intellettuali e uomini d’affari. L’esempio più eclatante in questo senso è la figura del sindaco di Londra. Queste nuove categorie è come se stessero inventando un islam europeizzato. La rivoluzione islamica è finita, i Fratelli musulmani si sono integrati e Daesh ha perso la sua forza strategica. Inoltre l’Arabia Saudita non è più il motore del salafismo, l’Iran è in guerra con tutti gli altri paesi islamici e la Turchia non possiamo prenderla come un esempio. Eppure la paura degli occidentali resta, ma come fenomeno soggettivo. Bisogna tuttavia tenere conto del fatto che nel mondo islamico, come dimostra l’organizzazione Iorwd emanata dalla Lega Musulmana e presente al Meeting, si sta creando un “contro-discorso” rispetto all’islam radicalizzato che non avrebbe avuto spazio dieci anni fa.



Lei ha detto intervenendo al Meeting che la secolarizzazione delle nostre società contiene anche degli elementi positivi. Ci può spiegare perché?

Non tanto perché ritenga positiva la laicizzazione, ma perché la secolarizzazione obbliga la religione a purificarsi cioè a pensarsi al di fuori della politica e della cultura. Certo è un discorso un poco complicato perché in effetti la Chiesa si è opposta alla secolarizzazione, come dimostra quella vera e propria dichiarazione di guerra nei confronti dei valori del Sessantotto che fu l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI. Gli anni Sessanta determinarono l’arrivo di una nuova antropologia. Il problema è che i cattolici sono stati obbligati a scegliere tra valori mondani e principi non negoziabili, come il matrimonio tra uomo e donna, la vita nascente, ecc. La Chiesa ha tentato di non far passare questi principi a livello legislativo nei singoli paesi, ma ha perso.



Quindi professore quali sono state le conseguenze di questo processo?

La Chiesa ha identificato i suoi valori con delle norme. La Chiesa ha perduto una battaglia politica quando si è identificata in certi partiti o in certi raggruppamenti. Penso alla Dc italiana o a Sarkozy in Francia. Oggi i populismi non si possono certo dire cristiani.

Esistono all’interno dell’islam fenomeni analoghi di secolarizzazione e di riduzione della religione a norma?

Certo, per esempio il salafismo è la norma, la regola. Purtroppo ha preso piede tra i giovani europei della seconda generazione che hanno perso le tradizioni dei padri e non hanno acquisito una cultura europea.

C’è oggi una qualche società islamica che si avvicina ad un modello di società pluralista?

Sì, la Tunisia. Per la sua Costituzione che sancisce la libertà di coscienza, diversa dalla libertà di religione, tanto che un musulmano può anche affermare di essere ateo.

Dal suo punto di vista, che cosa può salvare le nostre società dal nichilismo?

Questa è la questione! Per me è difficile dirlo perché sono semplicemente un analista. Posso dire comunque di essere stato colpito da una frase detta tempo fa durante una conferenza da padre Dall’Oglio: noi cattolici non dobbiamo essere legislatori, ma profeti. Bisogna uscire insomma da società ossessionate dalla norma, uscire da società normative.

Lei ha visto qualcosa di simile in Europa?

Sì, al Meeting ho incontrato una società costituita da un cristianesimo popolare che nella Francia tradizionalista, dove lo spirituale si identifica con la Messa in latino, non esiste.

E nell’islam?

C’è un significativo ritorno del sufismo. C’è veramente bisogno di comunità come queste. 

(Fabrizio Foschi)