Una generazione di martiri con una missione: applicare la legge di Dio, ma con la violenza. È quanto traspare dai messaggi WhatsApp che Alaa Refaei e Mohamed Nosair, arrestati a Milano nell’ambito di un’operazione antiterrorismo. «Faremo in modo di far crescere una generazione che ama i campi di battaglia per seguire il percorso dei loro padri: i martiri», è uno dei messaggi riportati da Il Giornale, di chiara estrazione jihadista e riconducibili direttamente allo Stato Islamico. Messaggi violenti che venivano anche diffusi su altre chat per fare propaganda. «Morire nel tuo letto oppure durante un incidente o uno sparo, è uguale. Ma Allah sceglie le persone che scelgono di morire da martire per la causa di Dio». Violenza e religione si intrecciano. «Oh, musulmani, noi non combattiamo per proteggere una terra o per liberarla o per controllarla eccone un altro – non combattiamo per il potere o per avere delle posizioni. Combattiamo e combatteremo fino a quando l’intera religione sarà per Dio».



I due arrestati per associazione all’Isis e istigazione a delinquere con finalità di terrorismo scaricano il materiale per la propaganda di apologia del jihadismo e dell’Isis e lo diffondevano sulle piattaforme social. Non solo WhatsApp e Facebook, ma anche TikTok, lasciando tracce dei loro tentativi di avvicinare altri alla causa dell’Isis. Solo per quanto riguarda WhatsApp, sono state trovate utenze con numeri di telefono riferibili a 79 Paesi. Tra i gruppi di ispirazione jihadista a cui i due arrestati si sono iscritti su WhatsApp c’è anche quello denominato “I soldati di Gerusalemme”, che contiene video con riferimenti all’Isis.



LE INTERCETTAZIONI CHOC DEI DUE FIANCHEGGIATORI DELL’ISIS

I messaggi individuati sui social e riportati nell’ordinanza del gip Fabrizio Filice non lasciano spazio a fraintendimenti. «Sarà, con il permesso di Allah onnipotente, un messaggio dalla terra del Califfato, per gli ebrei soprattutto e per tutte le sette miscredenti e nemici in generale: questi piccoli corpi sono stati riempiti di Tawhid». Ma anche su Facebook circolano messaggio violentissimi. «Oh scimmie e maiali! I monoteisti vi sgozzeranno come le pecore». Le intercettazioni riportano anche messaggi dal contenuto antisemita: «Oh ebrei scimmie! Il nostro imminente appuntamento è a Gerusalemme». Anche se non ci sono prove della disponibilità di Mohamed Nosair a compiere attentati, per gli investigatori dalle sue parole emerge una grande familiarità e capacità nell’utilizzo di armi: «Sparare con un’arma da fuoco ti fa avere un cuore di ferro, qualsiasi persona che spara diventa rigida, con quella da fuoco… Perché io, ho sparato, e all’inizio avevo paura ma dopo mi sono abituato, hai capito?».



Negli anni passati aveva messo un like anche al post: «Ci alzeremo al di sopra di ogni Bandiera e frantumeremo le vostre croci che siete venuti a sollevare nel Levante, il cuore della patria dell’Islam a Dabiq». Invece, Alaa Refaei provava anche a indottrinare il figlio adolescente che viveva con lui a Monza insieme alla madre e agli altri fratelli. Secondo il giudice, i messaggi erano «inequivocabilmente riferibili allo Stato Islamico». Ad esempio, in un messaggio al figlio in chat scriveva: «Se vedessi un uomo con mia moglie, lo colpirei con la spada senza pietà». Ci sono anche video YouTube di preghiere da memorizzare, elenco di precetti del buon musulmano di uno dei pensatori più radicali dell’Islam e uno stendardo nero dell’Isis.