CHI È DAVVERO ISMAIL HANIYEH E PERCHÈ È STATO UCCISO IN IRAN

Partiamo innanzitutto da un fatto inequivocabile: Ismail Haniyeh, capo politico e tra i principali leader di Hamas, è stato ucciso da un raid mentre si trovava a Teheran in Iran: era stato alla cerimonia di inaugurazione del nuovo Governo Pezeshkian, appena insediato dopo l’avvallo dell’ayatollah Khamenei, alla presenza di tutto lo stato maggiore degli alleati iraniani nella guerra totale contro Israele. Ismail Haniyeh viene dipinto in queste ore appena successive alla sua morte per attentato come il meno sanguinario e comunque non il più “inarrivabile” dei (tanti) leader di Hamas.



Eppure è quello che definiva la linea politica e internazionale della lotta armata terroristica anti-occidentale e anti-israeliana, colui che prima dal Qatar e dopo dall’Iran “eterodirigeva” migliaia di seguaci palestinesi nella Striscia di Gaza: è un durissimo colpo per Hamas così come per l’intera coalizione anti-ebraica, e lo si comprende dalla tempistica con cui subito è stato confermato il suo assassinio. Non si è voluto “nasconderlo” per capire come agire, lo si è subito sbandierato come la prova regina della guerra in atto di Israele (e degli Stati Uniti) contro la causa palestinese e araba. «Siamo in una continua rivolta e lotta contro il nemico occupante, e la resistenza non finisce con l’assassinio dei suoi leader», ha detto a caldo il figlio di Haniyeh, Abdul Salam.



Leader generale di Hamas dal 2017, successore di Khaled Meshaal, Haniyeh era colui che fuori dalla Palestina prendeva le decisioni che contavano: ideatore, tra gli altri, degli attentati del 7 agosto contro i kibbutz israeliani (per cui già gli erano stati uccisi tre figli in un raid nell’aprile scorso), dal 2019 aveva lasciato la Striscia di Gaza per vivere in Qatar, operando di sponda con l’alleato principale ovvero l’Iran. A differenza di Yahya Sinwar, leader di Hamas sul campo di battaglia a Gaza, Haniyeh era considerato all’interno del mondo islamico come un capo “altolocato”, bocciato quando era Premier dello Stato di Palestina dalla stessa Autorità Nazionale Palestinese che lo “relegò” a Gaza dove poi rimase fino a passare il testimone a Sinwar.



CHI HA UCCISO HANIYEH E QUALI SCENARI SI APRONO ORA IN MEDIO ORIENTE

Dal Qatar prima e ora dall’Iran, Ismail Haniyeh gestiva le vicende della guerra palestinese contro Netanyahu e Biden, con le trattative per un cessate il fuoco che finora non avevano portato alcun passo in avanti nonostante alcune “concessioni” fatte da Israele. Il suo assassinio avvenuto in terra iraniana ha dunque un duplice pericolo di escalation: ucciso uno dei principali leader di Hamas e in secondo luogo nel luogo centrale da dove parte l’intero piano anti-Israele in Medio Oriente: dall’Iran infatti viene tenuta una linea politica e militare che unisce Hamas a Gaza, Houthi in Yemen e Hezbollah in Libano.

Colpire Haniyeh a Teheran può voler dire alzare l’asticella della guerra e dalle prime reazioni di Turchia, Russia e lo stesso Iran contro il nemico Israele, emerge un quadro tutt’altro che idilliaco: «Se la comunità internazionale non interverrà per fermare Israele, la regione dovrà affrontare conflitti molto più gravi», spiega in una nota il Ministero degli Esteri di Erdogan, aggiungendo come Netanyahu con l’attentato a Haniyeh non intende affatto «raggiungere la pace a Gaza». Ufficialmente, Israele non ha rivendicato l’attacco contro l’abitazione di Haniyeh in Iran ma nemmeno smentita: «La sua morte rende il mondo un pò migliore. È il modo giusto per ripulire il mondo da questa sporcizia. Il pugno di ferro che li colpirà è quello che porterà pace e un po’ di conforto e rafforzerà la nostra capacità di vivere in pace con coloro che desiderano la pace», ha commentato il Ministro Amichay Eliyahu. È ancora presto per capire se il raid sia stato lanciato direttamente dall’Idf, le forze militari israeliane, o via sia stato un coinvolgimento diretto degli alleati Usa i quali molto probabilmente sono stati comunque allertati su quanto avvenuto in così poco tempo di distanza tra Beirut e Teheran. 

GUERRA ISRAELE-IRAN ALLE PORTE? LA POSIZIONE DELLA RUSSIA “ATTENTATO PORTA A NUOVA ESCALATION”. GLI INDIZI DI UNA “TERZA GUERRA MONDIALE”

Per la Russia l’assassinio della “mente” di Hamas è un omicidio «politico assolutamente inaccettabile che porterà a un’ulteriore escalation delle tensioni», afferma il vice ministro degli Esteri Bogdanov. Il “vile attentato sionista” contro Ismail Haniyeh rafforza il «legame profondo e indissolubile tra la Repubblica islamica dell’Iran, la cara Palestina e le forze di resistenza», afferma il neo-Governo iraniano in una nota. Per il Presidente Pezeshkian, l’Iran farà pentire Israele dell’attacco mosso la mattina del 31 luglio 2024.

L’ayatollah Khamenei (che ha promesso una severa punizione contro il nemico sionista) ha convocato una riunione di emergenza con a tema i prossimi passi nella sfida a distanza per il controllo del Medio Oriente: secondo le fonti riportate dall’ANSA, starebbe partecipando anche il comandante delle forze Quds, di fatto la vera rete militare che gestisce le milizie alleate di Teheran, da Hamas fino a Hezbollah. Il pericolo di una guerra totale contro Israele – visto anche quanto avvenuto ieri con l’attentato a Beirut che ha ucciso Fuad Shukr, tra i leader di Hezbollah – è sempre più alto: gli Stati Uniti la via diplomatica resta l’unica possibile, come spiega il segretario del Pentagono Lloyd Austin, «Lavoreremo duramente per assicurarci di aiutare a far calare la tensione, e affrontare le questioni con mezzi diplomatici». Dalla Cina arriva la condanna netta per l’attacco in cui ha perso la vita Ismail Haniyeh, completando l’arco di un mondo di fatto spaccato pro e contro Israele in quella che si avvicina ad essere un’autentica “terza guerra mondiale”, così a lungo scongiurata da Papa Francesco, unico leader che in tempi non sospetti osava “vedere” più lontano, leggendo gli indizi tutti ancora in potenza. Con le Elezioni Usa alle porte, in cui Donald Trump si pone come potenziale “risolutore” dei conflitti tanto in Medio Oriente quanto in Ucraina, tutto ancora potrebbe cambiare ma gli scenari attuali rischiano di esplodere ben prima delle Presidenziali fissate per il novembre 2024.