Isola delle rose, il film racconta la storia di Giorgio Rosa

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, un film del 2020 diretto da Sydney Sibilia che racconta una storia vera ed incredibile: la vicenda dell’Isola delle Rose, la piattaforma artificiale creata dall’ingegnere Giorgio Rosa, divenuta micronazione il 1º maggio 1968 e demolita nel febbraio del 1969. A prestare il volto al ribelle ed anarchico Giorgio Rosa è Elio Germano; un uomo rivoluzionare e sognatore che decide di realizzare una piccola isola della Rose  al largo della spiaggia di Rimini. Il 1968 è stato l’anno che ha segnato la nascita dei movimenti di contestazione politica in Europa e in Italia. Il 1 maggio del 1968 Giorgio Rosa inauguara  l’Isola delle Rose con tanto di banchetto ufficiale e autoproclamandola una Repubblica Indipendente.



Il sogno di Giorgio Rosa era quello di realizzare un porto franco, svincolato da ogni ostacolo amministrativo, burocratico ed economico. Una vera e propria “città del sole” dove si poteva vivere in libertà, senza leggi restrittive e con negozi, banche e alberghi capaci di essere attrattivi per i turisti e di far guadagnare.



Isola delle Rose, il sogno di Giorgio Rosa

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose racconta il sogno di Giorgio Rosa, uomo rivoluzionario e sognatore che, nel 1968, ha realizzato al largo delle spiagge di Rimini un porto franco soprannominato “Isola delle Rose”. Una utopia quella dell’ingegnere bolognese che riesce nel suo intento realizzando una micro-nazione “ideale” e libera, del tutto sganciata dallo Stato Italiano, con una propria bandiera, una lingua ausiliaria ufficialmente utilizzata,, una moneta (il Mill) e una linea filatelica del tutto autonome. Il sogno di Rosa dura soli due mesi, visto che il 24 giugno la piattaforma viene circondata da polizia e carabinieri: i negozi vennero chiusi e i pochi residenti, tre in tutto, abbandonarono l’isola. Proprio l’ingegnere bolognese in una intervista rilasciata alcuni anni dopo racconta: “a essere sinceri, il mio progetto iniziale era questo: costruire qualcosa che fosse libero da lacci e lacciuoli e non costasse molto. Sulla terraferma la burocrazia era soffocante. Così mi venne un’idea, durante la villeggiatura a Rimini”.



Non solo, Rosa ha spiegato il suo intento: “volevamo aprire un bar e una trattoria. Mangiare, bere e guardare le navi da Trieste che passano vicine, a volte anche troppo. Il ricordo più bello è la prima notte sull’isola in costruzione. Venne un temporale che sembrava portasse via tutto. Ma al mattino tornò il sole, ogni cosa pareva bella e realizzabile. Poi cominciarono i problemi”. Alla fine la chiusura fu obbligata come raccontò il fondatore: “non avevamo risorse, eravamo soli. Quando il Consiglio di Stato diede parere favorevole alla demolizione, non feci ricorso”.