Solo mare, sole, immersioni, niente auto, specialità gastronomiche e piccolo artigianato locale? Nessuno si sentirebbe in diritto di discutere: già una sola di queste chances potrebbe bastare, figurarsi tutte insieme. Ma c’è di più. Il fatto è che le Tremiti, o isole Diomedee (che prendono il nome dagli uccelli marini, procellarie o berte, che popolano le bianche falesie dell’arcipelago: per la mitologia sarebbero i compagni di Diomede, trasformati dalla dea Afrodite negli uccelli che con i loro strepitii nelle notti più buie continuano a piangere la scomparsa del loro signore), nascondono anche angoli di storia e di arte tutti da scoprire. Magari grazie all’aiuto di una tremitese doc come Rachele Di Palma, guida turistica certificata, laureata in storia dell’arte, che vive sei mesi sulle isole lavorando con il Touring Club Italiano e sei, d’inverno, nel bolognese.
Cosa racconta nei suoi tour, Rachele?
Allora, prima di tutto che le Tremiti sono un arcipelago di cinque isole, le uniche del Mare Adriatico, e di queste solo due (San Nicola e San Domino) sono abitate. Io mi concentro soprattutto sull’isola di San Nicola, la più antica, un’isola fortezza a picco sul mare, che subì un susseguirsi di dominazioni, greche e romane, e che poi fu nelle mani dei Benedettini cassinesi, quindi dei Cistercensi, e infine dei canonici Lateranensi, sino a fine Cinquecento.
Una storia tribolata…
Davvero, ma proprio per questo l’isola è, come dicono tutti, un museo a cielo aperto. Fu luogo di confino con l’imperatore Augusto, poi appunto un monastero, dal 1000 al 1700, poi divenne colonia penale borbonica, e a inizio Novecento fu confino di Polizia: restò qui per un certo periodo anche Sandro Pertini, prima di essere trasferito a Ventotene. E furono confinati nell’isola anche Amerigo Dumini (dal 1928 al 1932), il capo della squadriglia fascista che sequestrò e uccise Giacomo Matteotti, e il boss mafioso don Vito Badalamenti. Di tutto il suo passato, San Nicola offre resti monumentali, muraglie, fortificazioni, torri, e un’antica abbazia, quella di Santa Maria a Mare, che risale all’XI secolo. Nel 1334 fu assaltata dai pirati, che ammazzarono i monaci. L’abbazia rimase a lungo abbandonata, per poi essere ripresa dai canonici e venire successivamente soppressa nel 1783 da re Ferdinando IV di Napoli. Oggi si può visitare il perimetro esterno, la facciata e alcuni mosaici pavimenti.
Il turismo alle Tremiti invece è storia recente?
Si fa risalire agli anni Cinquanta, quando le isole cominciarono a divenire mèta di villeggiatura. Un grande impulso lo dette il Touring Club Italiano, con il suo villaggio aperto nel 1958 (che oggi è gestito dagli specialisti del gruppo TH Resorts). In quegli anni Cinquanta era tutto agli inizi, improvvisato: mia nonna all’epoca gestiva una pensione, che ospitava turisti anche “importanti”, giornalisti, industriali. Mi raccontava che un giorno si scusò con un suo cliente, l’editore Laterza, per il fatto che la doccia era in comune con altre camere, al piano, ma lui la tranquillizzò subito: era proprio quella spartanità, l’esotismo frugale di quelle isole ad aver attratto lui come molti altri vacanzieri.
Oltre a San Nicola, le altre isole quali sono?
L’altra isola abitata è San Domino, quella più moderna e turistica, ma anche la più ricca naturalisticamente, con una folta pineta di pini d’Aleppo che digrada verso il mare, proponendo una miriade di calette meravigliose raggiungibili a piedi o in barca. L’isola ha una sola spiaggia di sabbia, cala delle Arene, e diverse piccole calette rocciose, tra le quali cala degli Inglesi, all’interno del villaggio TCI-TH Resorts. Poi ci sono le altre tre isole disabitate: l’isola del Cretaccio, argillosa e priva di vegetazione, l’isola di Caprara (anche questa disabitata a eccezione della casetta di un tremitese, senz’acqua e senza corrente), e infine la selvaggia Pianosa (Pianosa pugliese, non l’isola-carcere toscana), con la sua area marina protetta (divieto di approdo, di pesca e di navigazione oltre i 500 metri).
Sembrerebbe un paradiso calamìta per i turisti…
Con un grande difetto: sono isole ancora molto poco conosciute, non solo all’estero ma anche nel nostro Paese. Quest’estate però, con l’effetto Covid, abbiamo avuto il pienone, tutti italiani, con un sold-out per i 2500 posti letto disponibili. Ma solitamente non è così: le Tremiti sono quasi sempre vittime del mordi&fuggi, una marea di vacanzieri giornalieri, che arrivano in escursione e a sera se ne vanno. Le nostre isole avrebbero bisogno di ben altra frequentazione, di un target diverso, anche più curioso ed esigente, che magari fosse attratto non solo dai fondali meravigliosi, ma anche dalla cultura e dalla storia che qui si possono scoprire. Un target di turisti sullo stile TCI, assolutamente sostenibile e attento, che speriamo possa proliferare.
Quindi avanti con l’autopromozione: perché le Tremiti vivono molto di passaparola, vero?
È sconfortante ammetterlo, ma è l’unica forma di pubblicità di cui godiamo. Eppure sono in tanti a venire qui pensando di trovare solo quel sole e mare che si diceva, e poi a scoprire invece altri aspetti, naturalistici ma anche storici e artistici, insospettati. Ecco, spero che costoro abbiano tanti amici con i quali condividere le loro esperienze.
(Alberto Beggiolini)