Israele: “1.468 dipendenti Onu lavorano per Hamas”

Il ministro della difesa di Israele, Yoav Gallant, in un incontro con i giornalisti lo scorso venerdì è tornato a parlare dell’Onu e, soprattutto, dell’agenzia Unrwa, già al centro di una bufera per quanto riguarda l’appoggio che alcuni funzionari avrebbero fornito ad Hamas. Sono diverse, infatti, le fonti che hanno parlato di questi intrecci tra i dipendenti delle Nazioni Unite e i terroristi palestinesi, arrivando alla sospensione di diversi finanziamenti all’agenzia (tra i quali anche quelli americani).



Sugli allacci tra Onu e Hamas, tuttavia, sia all’interno di Israele che nel resto del mondo, le voci si erano leggermente placate e l’alta marea sembrava essere ormai superata. Tuttavia, con le nuove dichiarazioni di Gallant rischia di riaprirsi una ferita, potenzialmente distruttiva. Secondo il ministro israeliano, infatti, l’intelligence di Gerusalemme avrebbe prove che circa il 12% dei dipendenti Unrwa hanno collegamenti con i terroristi. In termini numerici, sempre secondo Israele, sono circa 1.468 (su un totale di 13mila) i dipendenti Onu che lavorano per Hamas, mentre almeno 30 di questi avrebbero anche partecipato agli attacchi del 7 ottobre che hanno dato il via alla guerra a Gaza.



Israele pensa di sostituire l’Unrwa con un’altra organizzazione umanitaria

I dipendenti Onu che hanno partecipato al 7 ottobre, secondo Israele, avrebbero aiutato Hamas in diversi modi, contribuendo al massacro, alla cattura degli ostaggi, ai saccheggi e ai furti. L’agenzia, spiega Gallant, ha “perso legittimità e non può più funzionare come organismo delle Nazioni Unite” e ha dichiarato di aver incaricato l’Idf e la Difesa di Gerusalemme di individuare una nuova organizzazione umanitaria che possa gestire gli aiuti all’interno della Striscia di Gaza.



Nel frattempo che Israele torna a parlare della questione Onu e Hamas, si è riaccesa la disputa tra Gerusalemme e gli USA per l’attacco alla città di Rafah. Il premier Bibi Netanyahu, infatti, ha risposto formalmente alle richieste dei giorni scorsi di Biden di interrompere l’attacco finché i civili non saranno portati in salvo. Secondo il premier, però, “quelli che ci vogliono impedire di operare a Rafah essenzialmente ci dicono: perdete la guerra“. Il premier di Israele ha sottolineato che “non cederò a nessuna pressione” in tal senso, promettendo che combatterà fino “alla vittoria totale, che comprende un’azione a Rafah”.