Lo Stato di Israele è stato chiamato in giudizio con l’accusa di genocidio per come ha gestito la sua “operazione militare speciale” a Gaza. Certo la cosa fa una certa impressione. Già faceva impressione la feroce azione terroristica di Hamas e fanno naturalmente impressione i bombardamenti su Gaza, ma chi poteva aspettarsi che Sudafrica, Cile e Brasile prendessero questa iniziativa?
A qualcuno è persino sembrato come se Toro Seduto e i suoi Sioux fossero chiamati in giudizio per il massacro del Settimo Cavalleria del Generale Custer a Little Big Horn. In verità in un passato recentissimo abbiamo assistito ad altri bombardamenti anche su obiettivi civili, come in Ucraina. E come non ricordare quelli su Grozny nella seconda guerra in Cecenia, o quelli terribili della Seconda guerra mondiale, tra cui quello “storico” di Hiroshima e Nagasaki?
In tutti questi casi nessuno ha parlato di genocidio. Certo non si possono definire “ammazzatine”, ma nonostante l’orrore provocato non erano destinati alla eliminazione totale di un popolo, come nella “soluzione finale” di Hitler, ma a distruggerne una parte per minare il morale dei sopravvissuti. In questo senso non voglio certo giustificare questi massacri, ma invitare a impedire per quanto possibile che si ripetano. Definire questi fatti genocidio o altro non cambia la natura del fatto, ma chiama ciascuno ad una precisa responsabilità.
Su Gaza, ad esempio, sono convinto che se la reazione all’eccidio del 7 ottobre non fosse stata affidata al solo Israele ma all’intera comunità internazionale, ONU in testa, gli ostaggi sarebbero già liberi e Gaza sarebbe stata risparmiata dalla distruzione. Del resto fino a quando si faranno, e si permetteranno, manifestazioni di odio verso l’uno o verso l’altro, tutti, a cominciare dai potenti, si sentiranno autorizzati a continuare le loro “operazioni speciali”.
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