UCCISO (MA ANCORA NON CONFERMATO) IL N.2 DI HEZBOLLAH NEL RAID DI ISRAELE A BEIRUT: ECCO COSA È SUCCESSO
L’attacco sferrato da Israele a Beirut non campeggia sulle prime pagine di tutto il mondo per il semplice fatto che appena poche ore dopo il raid nel quartiere Da’aheh della capitale del Libano, moriva in Iran il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh. È però difficile tenere distinti due fatti così eclatanti e con probabilmente la stessa matrice nel responsabile: se per il leader palestinese ancora non v’è certezza completa sull’azione diretta di Israele, per il raid nel quartiere centrale di Beirut di dubbi non ve n’è: Israele con l’Idf ha confermato già ieri sera di avere sferrato un raid mirato contro il Consiglio della Shura di Hezbollah, oltre che «alla sala operativa del braccio militare del partito di Dio e delle Guardie rivoluzionarie iraniane».
Secondo Israele, nell’attacco riuscito contro il Libano (nel luogo dove campeggia un poster gigante con l’effige di Nasrallah con il generale iraniano Soleimani, ucciso nel gennaio 2020 dall’amministrazione Trump) da sarebbe rimasto ucciso il n.2 di Hezbollah, il movimento islamico filo-Iran che dal 7 ottobre 2023 contribuisce con lanci di razzi e rappresaglie contro Israele in “partnership” con Hamas e gli Houthi: il bersaglio di Tel Aviv era dunque Fuad Shukr – nome di battaglia Hajj Mohsin – il vero numero due delle milizie di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah libanese. Secondo Israele Shkur è stato il vero responsabile dell’orrendo attentato contro i bambini drusi di Majdal Shams, avvenuto lo scorso 28 luglio 2024. Sulla testa del n.2 di Hezbollah pesava da tempo una taglia da 5 milioni di dollari in quanto secondo gli Stati Uniti Fuad Shukr era già responsabile dell’attentato contro la caserma dei Marines Usa a Beirut del lontano 23 ottobre 1983 (dove morirono addirittura 241 persone, con centinaia di feriti).
Resta un mistero la morte del n.2 strategico di Hezbollah, in quanto le milizie di Nasrallah hanno definito come «fallito» l’attentato a Beirut non confermando la morte di Shukr: di contro però, fonti dirette dei media arabi (da Al Arabiya fino alla tv saudita al Adht) confermano la morte dell’alto comandante sciita, tra i principali alleati militari di Teheran nella lotta contro Israele. «Preoccupa Libano, in tanti puntano a escalation ma Israele non cada in trappola», ha commentato ieri sera la Premier Giorgia Meloni, in visita ancora in Cina dove il regime di Xi Jinping ha appena condannato l’uccisione di Hanyeh in Iran. Non si può dunque considerare due eventi “isolati” gli attacchi sferrati (molto probabilmente) da Israele: il raid su Beirut però, al netto della spettacolarità e clamore dell’uccisione di Haniiyeh, è forse ancora più importante in quanto rischia di aprire un effettivo secondo fronte di guerra come ormai ammesso da diversi esponenti israeliani da tempo.
DA DOVE NASCE L’ATTACCO IN LIBANO E PERCHÈ SI RISCHIA IL SECONDO FRONTE DI GUERRA IN MEDIO ORIENTE (SPECIE DOPO LA MORTE DEL CAPO DI HAMAS)
La missione negli States del Premier Bibi Netanyahu ha avuto l’effetto di ottenere un sostanziale duplice via libera alle operazioni messe in campo in queste ore, tanto contro Hezbollah quanto contro Hamas, con unico denominatore comune il nemico che tiene insieme questi movimenti terroristici: è contro l’Iran che si concentrano le attenzioni di Israele (e degli Stati Uniti) e il secondo fronte di guerra dopo la Striscia di Gaza ora sembra essere quel Libano dove Teheran da tempo rifornisce le milizie di Nasrallah con circa 200mila razzi e missili pronti all’uso.
L’attacco a Beirut nasce da lontano, forse ancora prima del 7 ottobre 2023 quando Hezbollah entra ufficialmente a fianco di Hamas nella guerra contro Israele: i rapporti al confine sono pessimi, gli sconfinamenti svariati, e la guerra totale lanciata dalla milizia libanese contro Tel Aviv è solo che cresciuta negli ultimi anni. Mentre Israele parla ormai da settimana di voler reprimere i continui lanci di razzi dal Libano con una decisa e rapida azione di guerra, Nasrallah ancora di recente ha minacciato Netanyahu di poter entrare in Galilea in qualsiasi momento, se proseguiranno le azioni aree di Israele: ancora ieri, poco prima dell’attacco su Beirut, Hezbollah ha rivendicato l’attacco contro il kibbutz Ha Goshrim, «Non ci aspettiamo un’invasione di terra israeliana, ma se dovesse succedere, siamo pronti. Se decidessero di entrare in Libano, metteremmo piede in Galilea».
L’attentato sul Golan che ha ucciso almeno 12 tra bimbi e ragazzini intenti a giocare a calcio ha poi fatto letteralmente esplodere i rapporti tra Hezbollah e Tel Aviv: sebbene ufficialmente dal Libano abbiano escluso la paternità di quell’attacco (molto probabilmente si sarebbe trattato di un errore nel lancio di un razzo destinato ad altri obiettivi più militari), Netanyahu è tornato di fretta dall’America promettendo una controffensiva immediata contro Hezbollah. Così si arriva a Beirut ieri sera, con l’aggiunta dell’omicidio di Haniyeh in Iran che ora rischia seriamente di far esplodere un’autentica escalation in Medio Oriente: «Che questo diventi un conflitto aperto dipenderà soprattutto da Hezbollah e dal modo in cui vorrà reagire», spiegano da Gerusalemme alti esponenti del Gabinetto di guerra, riportati oggi dalla CNN. Il secondo fronte è probabile ma non “certo”: Netanyahu viliva reprimere subito sul nascere l’onta dell’attacco ignobile ricevuto sul campo di calcio di Majdal Shams sul Golan, senza però aprire un combattimento di terra come a Gaza. Resta da capire se dal Libano arriverà un’ulteriore escalation, specie ora che l’Iran in casa propria si è vista colpire un alto esponente dell’alleato Hamas: «Gli emissari stranieri hanno suggerito di non rispondere ad alcun attacco in modo da non ampliare il conflitto – ha detto una delle fonti di Hezbollah ad Al Jazeera ieri – ma noi risponderemo».