Un tempo erano stretti alleati regionali, ora le relazioni tra Israele e Turchia si sono deteriorate al punto tale che Tayyip Erdogan ha minacciato l’invasione. In risposta, il ministro degli Esteri Israel Katz ha dato istruzioni ai suoi diplomatici di impegnarsi con urgentemente con tutti i membri della NATO, chiedendo non solo la condanna di quanto dichiarato da Erdogan, ma anche l’espulsione della Turchia dall’Alleanza Atlantica.



Erdogan sta seguendo le orme di Saddam Hussein e minaccia di attaccare Israele. Dovrebbe ricordare cosa è successo lì e come è finita“, ha dichiarato Katz, segnalando che la Turchia “ospita il quartier generale di Hamas responsabile degli attacchi terroristici contro Israele“. Ma il ministro accusa il governo turco di essere “membro dell’asse del male iraniano, insieme a Hamas, Hezbollah e agli Houthi nello Yemen“.



IL VETO DI ERDOGAN SULLA COOPERAZIONE TRA NATO E ISRAELE

Nelle ore successive Reuters, citando alcune fonti rimaste anonime, ha fatto sapere che la Turchia avrebbe bloccato la cooperazione tra la NATO e Israele da quando è scoppiata la guerra a Gaza e riferito di pressioni affinché l’Alleanza Atlantica non si impegni con Israele come partner fino a quando non sarà finito il conflitto.

Infatti, Israele ha tale status che consente di stringere relazioni con alcuni membri della NATO, come gli Usa, ma la Turchia, prima dell’offensiva a Gaza, stava da tempo provando a ricucire i suoi legami con Israele. La situazione è precipitata dopo l’operazione israeliana a Gaza, definita un “genocidio” dalla Turchia, che ha interrotto tutti gli scambi bilaterali e criticato molti alleati occidentali per il loro sostegno al primo ministro Benjamin Netanyahu.



Le fonti hanno riferito a Reuters che la Turchia ha posto il veto a tutti gli impegni della NATO con Israele da ottobre, compresi incontri ed esercitazioni congiunte. Inoltre, non intende permettere a Israele di continuare o avanzare la sua interazione con la NATO fino a quando non ci sarà una fine del conflitto, poiché ritiene che le azioni di Israele a Gaza violino il diritto internazionale e i diritti umani universali.

LUTTO NAZIONALE IN TURCHIA PER L’UCCISIONE DEL CAPO POLITICO DI HAMAS

Come se non bastasse tutto ciò a rendere la situazione ancor più incandescente in Medio Oriente, ieri è stata una giornata di lutto nazionale in Turchia per l’uccisione del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, “per dimostrare il nostro sostegno alla causa palestinese e la nostra solidarietà con i nostri fratelli palestinesi“. Non è passata inosservata la bandiera a mezz’asta fuori dall’ambasciata turca a Tel Aviv, ma lo stesso è accaduto nel resto del mondo. Infatti, il ministro degli Esteri israeliano è tornato alla carica, ordinando al vice ambasciatore della Turchia in Israele di ricevere una “severa reprimenda” e ha criticato i rappresentanti dell’ambasciata.

Inoltre, ha fatto sapere che Israele “non accetterà espressioni di partecipazione al lutto per un assassino come Ismail Haniyeh, capo dell’organizzazione terroristica di Hamas che ha commesso atti di stupro e omicidio il 7 ottobre“, invitando i rappresentanti dell’ambasciata ad andare a “piangere in Turchia“. In un tweet ha, infatti, scritto: “Se i rappresentanti dell’ambasciata vogliono piangere, che vadano in Turchia e piangano insieme al loro padrone Erdogan, che abbraccia l’organizzazione terroristica Hamas e sostiene i suoi atti di omicidio e atrocità“. Anche il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir è intervenuto, definendo “vergognoso” il gesto della Turchia.

“IL GRAVE ERRORE DI JOE BIDEN”

Più che diventare l’anello debole della NATO, la Turchia rischia di essere una spina nel fianco. Infatti, secondo l’ex funzionario del Pentagono Michael Rubin, che si è occupato in passato proprio di Medio Oriente e ora è membro senior del think tank American Enterprise Institute, la responsabilità è soprattutto degli Stati Uniti. Ad esempio, definisce un errore la vendita da parte del presidente Usa Joe Biden degli F-16 e dei kit di aggiornamento per la Turchia, così da ottenere il via libera all’adesione di Svezia e Finlandia alla NATO.

Un’ingenuità, perché Erdogan anche per molti analisti europei ha “molte più probabilità di usare gli armamenti turchi contro gli alleati della NATO (o contro Israele) che contro la Russia“. Rubin è netto nell’attaccare la mossa di Biden: “Può aver creduto di rafforzare la NATO portando la Svezia e la Finlandia all’ovile e placando Erdogan, ma le sue decisioni hanno messo in pericolo l’alleanza. Una guerra interna alla NATO potrebbe indebolire l’alleanza in modo permanente“. Lo scenario appare inverosimile, ma le interferenze turche sono evidenti.

Considerando che le vendite militari non sono semplici operazioni commerciali, ma creano rapporti pluridecennali che comprendono l’addestramento e la manutenzione, “questo dividendo diplomatico funziona solo quando i governi sono stabili e condividono valori comuni“. Quindi, per Rubin, “una buona regola è che se Washington non è in grado di prevedere la forma di un Paese o del suo sistema di governo nel futuro, è più saggio non fornirgli armi sofisticate“. Di conseguenza, bisogna riconoscere che, “trasferendo armi alla Turchia, ogni amministrazione statunitense da George W. Bush in poi non ha costruito la stabilità o rafforzato la NATO, ma ha favorito la guerra e messo a rischio la coesione della NATO, se non la sua stessa esistenza“.