DA DOVE NASCE LO SCONTRO TRA ISRAELE E IL VATICANO: PAROLIN, GAZA E…

A livello diplomatico lo scontro in corso in queste ore tra Israele e il Vaticano non ha precedenti, almeno negli ultimi decenni: la guerra fra lo Stato Ebraico e Hamas all’interno della Striscia di Gaza, con soprattutto i quasi 30mila morti conteggiati fra i palestinesi dall’inizio dell’offensiva, rappresenta un difficile scenario anche per due delle diplomazie più importanti del pianeta. Dopo la pianificazione da parte di Israele di un imminente attacco a Rafah, la città al confine con l’Egitto dove risiedono oltre 1 milione di profughi scappati da Gaza negli ultimi mesi, la situazione è andata sempre più incrinandosi tra gli alleati occidentali, Usa in primis, e il Governo Netanyahu.



È in questo contesto che nascono le dichiarazioni rese lo scorso 13 febbraio dal Segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, a margine del bilaterale con l’Italia per il concordato dei Patti Lateranensi: «così non si può continuare. Serve trovare altre strade per risolvere il problema di Gaza, il problema della Palestina». Il cardinale e capo della diplomazia di Papa Francesco ribadiva la netta condanna sugli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 contro Israele, così come condannava tutti i gesti di antisemitismo emersi negli ultimi mesi, ma al tempo stesso nel comprendere il sacrosanto diritto alla difesa di Israele aggiungeva «è stato invocato per giustificare questa operazione, sia proporzionato. E certamente con 30 mila morti non lo è». Parolin ha poi parlato di una carneficina che provoca «sdegno» e per questo concludeva «dobbiamo avere il coraggio di andare avanti e di non perdere la speranza perché, se perdiamo la speranza, incrociamo le braccia. Invece bisogna lottare fino in fondo e cercare di dare fin dove possibile il nostro apporto, il nostro contributo».



AMBASCIATORE ISRAELE IN VATICANO: “VEDONO SOLO GAZA MA L’IRAN CI ATTACCA DA 4 FRONTI”.

Dopo le dichiarazioni del Card. Parolin è una durissima nota dell’ambasciata di Israele in Vaticano a rendere il senso dello scontro diplomatico tutt’ora in corso, sebbene con un mezzo passo indietro dello stesso ambasciatore che lascia forse ben sperare per un “raffreddamento” delle tensioni. «E’ una dichiarazione deplorevole. Giudicare la legittimità di una guerra senza tenere conto di TUTTE le circostanze e i dati rilevanti porta inevitabilmente a conclusioni errate», scriveva ieri la nota dell’ambasciata, «Gaza è stata trasformata da Hamas nella più grande base terroristica mai vista. Non c’è quasi nessuna infrastruttura civile che non sia stata utilizzata da Hamas per i suoi piani criminali, inclusi ospedali, scuole, luoghi di culto e molti altri». Secondo la diplomazia ebraica presso la Santa Sede, infine, si sottolinea come «Secondo i dati disponibili, per ogni militante di Hamas ucciso hanno perso la vita tre civili. Tutte le vittime civili sono da piangere, ma nelle guerre e nelle operazioni passate delle forze Nato o delle forze occidentali in Siria, Iraq o Afghanistan, la proporzione era di 9 o 10 civili per ogni terrorista. Quindi, la percentuale dell’Idf nel tentativo di evitare la morte dei civili è circa 3 volte superiore, nonostante il campo di battaglia a Gaza sia molto più complicato, come già detto».



Il concetto è semplice: secondo Israele, chiunque parli di una guerra ingiusta – quella lanciata dallo Stato ebraico contro Hamas a Gaza – non coglie che la vera responsabilità della morte e distruzione nella Striscia «è solo di Hamas». In una intervista oggi a “Libero Quotidiano”, l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Raphael Schutz chiarisce meglio i contorni dello scontro con il Vaticano: pur riconoscendo positivamente la posizione tenuta lungo tutti gli ultimi mesi (dalle condanne per l’antisemitismo alla richiesta di rilascio degli ostaggi), «Direi che c’è un deficit di empatia, se posso descriverlo in questo modo, riguardo a ciò che sta accadendo in Israele dal 7 ottobre». Per Schutz parlare di guerra a Gaza come fa Parolin è erroneo: «è una guerra combattuta contro Israele da almeno quattro fronti: Gaza, Libano, Yemen e Siria. Tutti questi fronti sono attivi e stanno attaccando Israele con fuoco armato fin dal 7 ottobre. Quella che sta accadendo è una guerra combattuta contro Israele e orchestrata dall’Iran». Per Israele, il Vaticano non vede la responsabilità dell’Iran dietro alla guerra in Medio Oriente: «L’Iran ha contribuito molto alla capacità militare di Hamas, di Hezbollah in Libano, degli Huthi in Yemen e delle milizie in Siria. Ferire Israele e farlo sanguinare fa sicuramente parte della “grande visione”, chiamiamola così, dell’Iran in Medio Oriente. Quindi chi parla ripetutamente solo di Gaza riduce le dimensioni dell’evento».

RETROSCENA DAL VATICANO: “DIETRO PAROLE DEL CARDINALE IL CONSENSO DI PAPA FRANCESCO”. POI LA CORREZIONE DELL’AMBASCIATA…

Oggi su “La Stampa” un cardinale rimasto “anonimo” ha rilasciato alcune dichiarazioni tese a a far comprendere che le dichiarazioni rese dal cardinale Pietro Parolin con i giornalisti due giorni fa non sono da imputare ad una sua “uscita personale” ma fanno parte della logica diplomatica di Papa Francesco. Secondo l’alto prelato della Santa Sede, consultato da Domenico Agasso de “La Stampa”, «il Vaticano alza il pressing su Israele perché l’ora è grave per il Medio Oriente e per il mondo intero». Secondo il cardinale “anonimo”, le affermazioni del Segretario di Stato rispetto alla risposta «sproporzionata davanti all’attacco di Hamas», segnano un cambio di passo della diplomazia del Vaticano «nei confronti della guerra a Gaza e rappresentano la determinazione di Papa Francesco nel voler fermare il massacro». Secondo la Santa Sede, conclude il prelato, la responsabilità di interrompere subito il conflitto ce l’ha solo il Governo di Benjamin Netanyahu. A conferma del cambio di passo voluto da Papa Francesco ci sarebbe poi l’editoriale dell’Osservatore Romano del 14 febbraio dal titolo eloquente “Fermare la carneficina” e infine anche la dichiarazione del direttore editoriale dei media Vaticani, Andrea Tornielli, che conferma le parole di Parolin: «la scelta di campo è sempre quella per le vittime. E dunque per gli israeliani massacrati in casa nei kibbutz […] come per i civili innocenti – un terzo dei quali bambini – uccisi dai bombardamenti a Gaza».

Una piccola svolta arriva però nella mattinata del 15 febbraio quando un comunicato ufficiale dell’ambasciata di Israele presso la Santa Sede prova a ricucire lo “strappo” di queste ultime 48 ore: «In riferimento al comunicato stampa del 14 febbraio scorso, si desidera precisare che il comunicato originale era in lingua inglese e poi tradotto in italiano». Secondo dunque quanto sostenuto dall’ambasciata, il comunicato inglese sulle parole del Card. Parolin parlava di “regrettable declaration”, poi tradotto in italiano con “deplorevole”, ma i diplomatici sottolineano come «andava tradotta in modo più preciso con “sfortunata”». Al di là dei “puntini sulle i” tipici da dialogo diplomatico, il senso di un mezzo passo indietro fatto da Israele nello scontro “mediatico” con il Vaticano rende l’idea di una ricerca di non conflittualità in un momento dove a livello internazionale ben pochi sono pienamente dalla parte di Tel Aviv sulla guerra a Gaza.