L’ultima settimana potrebbe essere stata quella in cui Israele e Hezbollah si sono avvicinati alla guerra. Dall’inizio del conflitto a Gaza, scoppiato dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, il timore principale è l’escalation e che la guerra possa allargarsi. Ad esempio, si temeva che il governo israeliano potesse essere tentato dall’apertura di un secondo fronte di guerra, contro Hezbollah e che, come Hamas, vuole distruggere lo Stato ebraico, col rischio di coinvolgere l’Iran, nemico giurato degli Usa. Questa settimana Israele ha effettuato altri attacchi aerei sulla valle della Bekaa, portando a oltre 240 il bilancio delle vittime in Libano dall’inizio del conflitto. Per rappresaglia, Hezbollah ha lanciato una raffica di razzi Katyusha sul nord di Israele. Sono stati circa cento, l’attacco più pesante dall’inizio della guerra, con obiettivi come le basi dell’esercito israeliano sulle alture del Golan. Da ottobre, sono almeno 17 gli israeliani uccisi in attacchi provenienti dal Libano e dalla Siria.



Gli attacchi di questa settimana hanno suscitato la dura reazione del ministro della Sicurezza nazionale di estrema destra Itamar Ben-Gvir, che si è rivolto al ministro della Difesa Yoav Gallant: «L’esercito è una tua responsabilità. Cosa state aspettando? Dobbiamo iniziare a rispondere, ad attaccare – la guerra, ora!». Per molto tempo si è ritenuto che gli scontri al confine fossero attentamente calibrati intorno a linee rosse non dichiarate per evitare un’escalation in una guerra totale, che Hezbollah vorrebbe evitare, visto che in Libano è ancora vivo il ricordo della disastrosa guerra con Israele del 2006, che ha causato la morte di oltre mille libanesi. D’altra parte, Israele è consapevole della capacità militare di Hezbollah, di gran lunga superiore a quella di Hamas.



“NETANYAHU VUOLE LA GUERRA CON HEZBOLLAH”

Per Sarit Zehavi, che dirige il centro di ricerca Alma, l’obiettivo di Hezbollah è «trascinare Israele in una guerra senza iniziarla davvero». Invece, Israele non sarebbe alla ricerca di uno scontro totale. «L’interesse di Israele è quello di evitare una guerra su larga scala e ottenere una situazione di sicurezza migliore, danneggiando il più possibile le brigate di Hezbollah. Per Israele, si tratta di scegliere l’opzione meno peggiore». Per l’esperta, l’uso di razzi da parte di Hezbollah, che hanno una gittata maggiore rispetto ai missili anticarro usati in precedenza dal gruppo, è la prova di un cambiamento nelle tattiche e nelle capacità militari del gruppo. Invece, per il professor Hilal Khashan, dell’Università americana di Beirut, la relativa moderazione di Israele mostrata finora con Hezbollah non racconta la vera storia. «Netanyahu vuole chiaramente la guerra. È finito politicamente e quando la guerra finirà, dovrà affrontare la sua resa dei conti. Non credo che gli importi nulla di ciò che penseranno gli Stati Uniti o l’Europa: ha già preso una decisione su Hezbollah». Un’ulteriore incognita, potenzialmente più grave, sarebbe la risposta dell’Iran, che fa affidamento su Hezbollah, il suo proxy in Libano, come baluardo contro Israele.



“RISCHIA DI SCOPPIARE GUERRA TRA ISRAELE ED HEZBOLLAH”

Dopo l’attacco di Hamas, l’Iran ha colpito basi militari Usa in Iraq e Siria e i ribelli Houthi dello Yemen, allineati con Teheran, hanno lanciato molti attacchi alle navi nel Mar Rosso. Finora si è fermata al di sotto della guerra totale, ma importanti attacchi israeliani contro Hezbollah potrebbero cambiare i calcoli dell’Iran. In Libano non si vuole un conflitto totale con Israele, in particolare vogliono evitarlo i gruppi religiosi che non appartengono al ramo sciita dell’Islam a cui Hezbollah appartiene. «I non sciiti sono quasi unanimemente contrari e vogliono che Hezbollah si disarmi», spiega il professor Khashan. Ma anche gli sciiti non sono scontenti dei combattimenti. «In generale, nemmeno loro vogliono la guerra». Hassan Nasrallah ha dichiarato che non accetterà un cessate il fuoco con Israele prima di una tregua a Gaza. «La guerra tra Israele ed Hezbollah è sempre più vicina, nonostante le due parti non la vogliano. L’accordo per una tregua sul fronte del Libano è possibile solo e unicamente se si raggiunge un cessate il fuoco a Gaza», ha dichiarato il professor Asher Kaufman, docente storia e studi sulla pace dell’Università di Notre Dame nell’Indiana.

All’Huffpost ha spiegato che «c’è una mobilitazione massiva» sul fronte, «un conflitto è più vicino malgrado le due parti non lo vogliano. A quel punto sarebbe inevitabile il coinvolgimento dell’Iran». Gli Stati Uniti, preoccupati dal rischio escalation, hanno fatto capire in tutti i modi che non vogliono tale sviluppo. Lo dimostra il ritiro della Gerald Ford, una delle due portaerei schierate al largo del Libano a inizio guerra. La mossa risale allo scorso gennaio. Quando il rischio dell’apertura del nuovo fronte è aumentato, gli Usa hanno ritirato tre portaerei dal Mediterraneo, che torneranno a Norfolk, in Virginia. Questo disimpegno lascia intendere che si tratti di un rinnovato segnale verso Israele simile a quella inviato col ritiro della Gerald Ford.