Anton Salman, neo eletto sindaco di Betlemme, ha parlato della condizione in cui i palestinesi si trovano a vivere e delle azioni che Israele ha compiuto per far precipitare la Terra santa in una baratro di violenza, soprusi e, soprattutto, terrorismo. In questo preciso momento, la guerra in corso a Gaza “ha allontanato ogni forma di turismo in Palestina“, la quale “non ha futuro senza turisti e pellegrini”. Settembre, spiega il sindaco di Betlemme, doveva essere un momento florido per il turismo “ma ci siamo trovati ad affrontare una delle crisi più grosse dalla nostra storia” a causa della quale i 25mila impiegati del settore, senza contare i 17mila che si trovano in Israele, sono senza lavoro, perché “i checkpoint sono chiusi“.
Sindaco di Betlemme: “Israele è sempre più radicalizzata”
Israele, inoltre, accusa il sindaco di Betlemme, “si rifiuta di restituire all’Autorità Palestinese il denaro delle tasse, come previsto dagli accordi di Oslo. Stiamo parlando di un sacco di soldi che non riusciamo ad avere e che sono fondamentali per la vita di intere famiglie”. Dal conto suo, che in strada sente ogni genere di opinione rispetto agli israeliani e ai miliziani di Hamas, teme che non vedrà “mai la fine dell’occupazione”, e nonostante sia certo che “tutti vogliamo la pace, a ogni costo”, non ritiene che sia possibile ottenerla “senza una serenità vissuta a livello sociale”.
Con occupazione, il sindaco di Betlemme, si riferisce ad Israele, che accusa di averli costretti a “vivere in una prigione. In una zona piccola, piena di checkpoint, di controlli. Se le persone non si sentiranno libere, indipendenti”, sottolinea, “il conflitto continuerà”. Il presupposto per la pace, secondo Salman, è semplice e affonda le sue radici nel fatto che “io decido di far posto a te nella mia vita. Se non ti accetto, non ci sarà mai pace”. Secondo il sindaco di Betlemme, inoltre, il problema è che “Israele si sta radicalizzando sempre di più”, al punto che ormai “il paese è pieno di fanatismo” e “lo spirito di Oslo del 1993 non esiste più”. Ma in chiusura ci tiene anche a sottolineare che “non ci arrendiamo a vivere senza la speranza della pace”.