Per l’offensiva di terra di Israele a Gaza è solo questione di tempo. A spiegare il motivo è il generale Yaakov Amidror, ex capo del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano e senior fellone del Jerusalem Institute for Strategy and Security. «Non è possibile eliminare la capacità militare di Hamas senza un’offensiva di terra», la premessa fatta nell’intervista al Jerusalem Post, in cui spiega che intelligence e altre contromisure, così come l’assedio continuo e le operazioni dell’aviazione non bastano. «Dobbiamo far intervenire le forze di terra». D’altra parte, tutti i cittadini di Israele devono sapere che non è affatto semplice. «Sarà un’operazione molto difficile, molto complessa, molto complicata. È vero che siamo molto forti, ma combattere in un’area edificata e preparata per la difesa è considerato molto difficile nel mondo militare, soprattutto per la parte che attacca». Hamas ha un grande vantaggio, ma Israele non ha scelta, precisa Amidror. «Dobbiamo far intervenire le forze di terra per distruggere la capacità militare di Hamas. Non c’è fretta, abbiamo tempo e dobbiamo farlo con criterio. Non dobbiamo entrare precipitosamente, perché è necessario avere piani approfonditi e rigorosi. Ma dobbiamo farlo».



A tal proposito, a Repubblica aggiunge che le forze armate stanno ultimando la loro preparazione e l’intelligence sta raccogliendo informazioni su obiettivi, leadership di Hamas e civili. «I comandanti responsabili delle azioni di terra stanno studiando i punti dove vorranno concentrarsi». Di sicuro servirà tempo: «Non sarà breve. Parliamo di settimane o mesi, non di giorni». La comunicazione è semplice e schietta, anche perché «l’opinione pubblica israeliana deve comprendere entrambi i lati di questa equazione: il primo è che è necessario, il secondo è che non sarà facile e che avremo parecchie perdite». Infatti, Amidror aggiunge che l’offensiva a Gaza sarà diversa dalle precedenti incursioni. «Sarà un ingresso molto, molto più ampio».



“COSA FARE DOPO? NE PARLEREMO A FINE GUERRA”

Difficile prevedere cosa accadrà dopo. «Ci sono diverse opzioni e dipende molto da ciò che accadrà durante i combattimenti, dopo i quali dovremo prendere una decisione», ammette il generale Yaakov Amidror. Tra le ipotesi c’è quella di «rimanere lì con un governo militare», ma non si può escludere un coinvolgimento globale per quanto riguarda la gestione della Striscia di Gaza. «Abbiamo un solo interesse nella Striscia di Gaza, che non è il benessere dei residenti, ma combattere qualsiasi forza che cerchi di stabilire una capacità militare a Gaza. Dobbiamo continuare a colpire chiunque tenti di farlo anche dopo la fine di questa guerra». Chiaramente tra un estremo e l’altro ci sono una serie di possibilità intermedie da tenere in considerazione, come l’intervento di un’autorità internazionale.



«Tutto, come detto, sarà determinato in base ai risultati dei combattimenti, in base a ciò che si vedrà sul campo, in base all’opinione pubblica internazionale, in base ai colloqui che condurremo in Medio Oriente e molto altro ancora. Non c’è bisogno di prendere una decisione adesso». Il piano operativo non sarà condizionato dal tema ostaggi, fino a quando non si conoscerà la loro ubicazione. Nell’intervista al Jerusalem Post, il generale Amidror riconosce il fallimento dell’intelligence e nella concezione stessa dell’essenza di Hamas, oltre che a livello difensivo. «Subito dopo la vittoria, a guerra finita, dovremo guardarci indietro. Non per cercare le persone in modo da far rotolare le teste, ma per capire come abbiamo commesso l’errore, per essere migliori in futuro».

IL RUOLO DELL’IRAN E L’ATTACCO AD ABU MAZEN

Riguardo i retroscena dell’attacco di Hamas a Israele, il generale Yaakov Amidror non esclude che l’Iran abbia spinto per impedire a Israele di avvicinarsi all’Arabia Saudita, d’altra parte non ci sono prove di un coinvolgimento dell’Iran nell’attacco. «Ma va ricordato che, anche se non esiste tale prova, colui che ha investito molti soldi in Hamas e gli ha fornito molte armi, e ha addestrato il personale di Hamas e ha insegnato a Hamas come sviluppare alcune delle sue capacità, è l’Iran. Quindi, anche se non era dietro l’attacco in termini di tempi e luogo, è rimasto comunque dietro la forza di Hamas. Sia in termini economici che militari».

Ciò va tenuto presente non solo durante i combattimenti, ma a livello internazionale. «Con tutto il rispetto per il mondo, gli inglesi non si posero alcuna questione umanitaria quando bombardarono la Germania durante la seconda guerra mondiale. Oggi danno armi agli ucraini e non fanno domande umanitarie sulle città russe colpite dalle munizioni fornite loro dall’Occidente». Amidror ricorda anche che «i palestinesi hanno scelto Hamas nelle elezioni democratiche», quindi non vanno avanzate pretese contro Israele. Ne ha anche per Abu Mazen, presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese: «È felice che le due parti si uccidano a vicenda, perché le odia entrambe. Ci odia e ovviamente odia Hamas».