Il negoziato per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi è un morto che cammina. Non ci sono le basi per raggiungere un accordo, anche se si programmano nuovi incontri tra le parti. Israele, spiega Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia, collaboratore di Avvenire, non abbandonerà soprattutto il corridoio di Netzarim; vuole mantenere, insomma, il controllo della Striscia di Gaza. Tanto basta per togliere ogni prospettiva alla trattativa.



Sul fronte del Libano, invece, dopo il violento botta e risposta di domenica, Tel Aviv potrebbe rispondere nuovamente a Hezbollah. Secondo le autorità israeliane, gli obiettivi degli uomini di Nasrallah, tra cui una base del Mossad, non sarebbero stati colpiti. Ma non è detto che sia così. E poi si attende ancora la reazione dell’Iran all’uccisione di Haniyeh a Teheran. Insomma, non c’è altra prospettiva oltre alla guerra, compresa quella che continua a Gaza a suon di bombardamenti su scuole e ospedali.



Qual è il vero senso dello scontro di domenica tra Israele ed Hezbollah?

Nasrallah (leader di Hezbollah, nda) ha raccontato che l’attacco di Hezbollah era previsto per le 5:15. Dovevano essere lanciati 300 missili, che poi sono diventati 340, contro basi della Galilea. Questo però era solo un diversivo per impegnare l’Iron Dome, la difesa aerea israeliana, perché i veri obiettivi erano altri: una base del Mossad a un chilometro e mezzo da Tel Aviv, e un’altra base a 75 km dal confine e a 40 da Tel Aviv, da cui partivano i raid verso il Libano.

Il blitz, però, è stato anticipato dal nemico.



Israele, sempre secondo la versione di Nasrallah, ha notato alcuni movimenti sospetti e mezz’ora prima ha iniziato il suo attacco. Non avrebbe colpito, però, se non in un paio di casi, le rampe dei droni e dei missili che dovevano essere lanciati. Tanto è vero che Hezbollah ha fatto partire tutti i razzi preventivati, anche se alcuni, come era stato previsto, sono stati intercettati dall’Iron Dome. Tutto quello che è stato raccontato su migliaia di missili distrutti, secondo questa versione, quindi, non sarebbe vero.

Ma i veri obiettivi indicati da Hezbollah, che dovevano rappresentare la risposta all’uccisione di Fuad Shukr, il loro numero due ammazzato dagli israeliani a Beirut, sono stati colpiti?

Israele ha smentito. Hezbollah ha risposto che, se è vero, si riserva un nuovo round; se non è così, invece, considera la partita chiusa.

Netanyahu, però, ha già detto che la vicenda non è finita qui: in vista ci sono altri attacchi preventivi o l’escalation con il Libano?

Non è finita perché la minaccia di Hezbollah non è stata eliminata. Quelle quattro ore di guerra sono state le prove generali di quello che potrebbe assomigliare a un conflitto tra Israele e Hezbollah. Cento caccia che si alzano non sono uno scherzo. Ora Nasrallah dovrà valutare se le basi che volevano colpire sono state raggiunte. Secondo me, per Hezbollah tutto finisce qui: aveva aspettato per rispondere all’uccisione di Fuad Shukr perché non voleva essere accusata di intralciare i negoziati fra le parti. Poi, visto che le trattative non vanno da nessuna parte, è intervenuta. Per il resto, bisognerà vedere cosa vuole fare Netanyahu. E cosa farà l’Iran: ogni giorno esce una dichiarazione secondo cui Teheran non ha ancora rinunciato a un attacco. Alcuni droni contro Israele, comunque, per la prima volta sono partiti dalla Valle della Bekaa.

Per quanto riguarda la trattativa Israele-Hamas, invece, sembra che non ci sia nessuna possibilità di mandarla in porto. È così?

Israele ha mollato le richieste riguardanti il corridoio Philadelphi, ma allarga la presenza su quello di Netzarim: ha installato altri quattro posti di blocco. Per Hamas, però, vale il piano Biden concordato il 2 luglio. Oltre a quello non si va. Egitto e Qatar stanno premendo ma la vedo dura.

Gli americani insistono e dicono che si ricomincerà a trattare fra qualche giorno; intanto però il New York Times ha svelato che l’intelligence USA collabora con Israele per prendere Yahya Sinwar, capo di Hamas. La riprova dell’ambiguità USA?

Gli americani hanno aiutato Israele anche a individuare i siti di Hezbollah nell’attacco preventivo di domenica. Stanno cercando di mandare avanti il negoziato ma senza nessuna speranza effettiva. Sono tentativi già falliti in partenza: non ci sono le basi. Anche i militari israeliani hanno detto che tutte le volte che si arriva a un compromesso vengono poste nuove condizioni che riportano tutto al punto di partenza.

L’obiettivo di Israele alla fine qual è?

Vogliono mantenere la presenza nella Striscia soprattutto in relazione a Netzarim, perché così controllano anche gli aiuti umanitari, compresi quelli che arrivano dal molo approntato dagli americani. Vogliono togliere di mezzo l’UNRWA che a loro dà fastidio. E poi con questa strada dal confine israeliano in sette minuti arrivano al mare.

Quindi cosa ci dobbiamo aspettare?

L’unica prospettiva è la guerra: continua a Gaza, dove è appena stata bombardata una scuola. E potrebbe ancora allargarsi al Libano. Senza contare che c’è ancora la possibilità di una reazione iraniana.

(Paolo Rossetti)

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