I sopravvissuti e i parenti delle vittime dell’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso durante il festival musicale in Israele hanno deciso di fare causa all’intelligence e all’esercito per non avere agito nei tempi corretti contro le minacce dell’organizzazione terroristica. “Bastava una telefonata per evitare il massacro, c’è stata negligenza e omissione”, dicono gli avvocati come riportato da Il Messaggero. E ancora: “Era necessario fare evacuare l’area visti gli allarmi ricevuti”.
I morti furono 360, a cui si aggiungono i feriti e gli ostaggi liberati dopo avere vissuto un incubo nei nascondigli di Hamas a Gaza. A presentare la causa, al momento, sono state 42 persone, ma la lista potrebbe allungarsi. La richiesta di risarcimento è pari a 55 milioni di dollari. Si tratta della più importante causa di gruppo contro lo Stato di Israele della storia recente. Il procedimento potrebbe mettere ulteriormente a rischio il futuro del presidente Benjamin Netanyahu, già compromesso dalla guerra. Stando ad un sondaggio, il 15% della popolazione non lo vuole più come Premier.
Israele, i sopravvissuti all’attacco del 7 ottobre fanno causa all’intelligence: il massacro al festival
Al centro della causa intentata dai sopravvissuti e dai parenti delle vittime dell’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso a Israele c’è proprio il massacro compiuto nel corso del festival musicale Supernova. L’evento infatti si stava svolgendo a soli 5 chilometri dal confine con la Striscia di Gaza. Il via libera era stato dato tre mesi prima, ma già allora alcuni ufficiali avevano espresso preoccupazione. Perché non furono ascoltati? È a questa domanda che gli esponenti dell’intelligence dovranno rispondere in tribunale.
Nessuno infatti avvertì gli organizzatori del rave di ciò che stava accadendo nella notte, quando le forze dell’organizzazione terroristica avevano già fatto il loro ingresso nel Paese. La prima telefonata di aiuto sarebbe arrivata alle 7 del mattino, ma l’esercito disse che i presenti non potevano recarsi lì a fornire dei soccorsi. Per otto lunghissime ore dunque i giovani presenti dovettero difendersi da soli, quando arrivarono i militari era ormai troppo tardi.