La condanna è unanime: Russia, Cina, Turchia, anche gli USA dicono che non ne sapevano niente. La tattica di Israele, d’altra parte, è di tirare dritto, di riaffermare la sua forza dal punto di vista militare e dell’intelligence. Solo dopo, se è il caso, si vedrà di negoziare. Tuttavia la determinazione di Tel Aviv nel perseguire quelli che sono comunque i responsabili della tragedia del 7 ottobre, stavolta potrebbe veramente essere causa di un’escalation pericolosa in tutto il Medio Oriente. L’uccisione di Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas, colpito con un missile mentre si trovava a Teheran per la cerimonia di insediamento del nuovo presidente iraniano Pezeshkian, può davvero cambiare il corso della guerra. Dipenderà, spiega Sherif El Sebaie, opinionista egiziano esperto di geopolitica del Medio Oriente, dal tipo di risposta che l’Iran deciderà di dare.
Blinken intanto invoca il cessate il fuoco a Gaza, che però non è nelle intenzioni di Israele. Anzi, in un attacco sono stati uccisi il giornalista di Al Jazeera Ismail Al Ghoul e il fotogiornalista Rami al Rifi. Mentre secondo il New York Times Khamenei ha già ordinato di colpire direttamente Israele.
L’azione di Teheran ha del clamoroso. Oppure, visti i precedenti di Israele, ce la potevamo aspettare?
I vertici di Hamas erano morti che camminano fin dal 7 ottobre; Israele aveva preannunciato che avrebbero pagato, ovunque fossero. L’unico problema con Haniyeh è che non potevano colpirlo né in Qatar, perché è un Paese che fa da mediatore nella crisi mediorientale, né in Turchia, con la quale Tel Aviv non vuole deteriorare ulteriormente i rapporti. Quale occasione migliore, invece, di quella che si è presentata in Iran?
È anche un attacco alla presunta svolta moderata del regime iraniano con l’elezione di Pezeshkian?
I candidati presidente in Iran sono tutti vagliati dalla guida suprema della Rivoluzione e, qualunque sia il loro orientamento, una volta eletti, devono sottostare a lui. E Khamenei non sembra una persona incline alla moderazione per quanto riguarda i rapporti con Israele.
Pezeshkian, tuttavia, in campagna elettorale aveva detto che avrebbe fatto qualche apertura verso l’Occidente: ora sarà più difficile far passare questa linea?
Un programma difficile da portare avanti mentre si appoggiano le milizie Houthi ed Hezbollah, che stanno creando grandi problemi all’Occidente, come succede nel Mar Rosso.
Insomma, al di là delle interpretazioni geopolitiche, Israele aveva l’obiettivo di far fuori Haniyeh e lo ha centrato?
Israele ha una sua politica che non necessariamente è in linea con quella degli USA o dell’Occidente. Ha una logica che segue fin dalla sua fondazione: la logica della forza. Difficilmente persegue la pace, se non dopo una prova di forza. Deve sempre partire da questa posizione per arrivare a un negoziato. L’Iran ha attaccato più volte Israele, direttamente e indirettamente, ha lanciato decine di missili sul Paese e anche le milizie che sostiene si sono mosse; basti pensare al drone degli Houthi che ha fatto una vittima a Tel Aviv. Poi c’è stato l’attacco sul Golan. Ogni volta che subisce un attacco, Israele risponde.
Di fatto, gli israeliani hanno messo di fila l’uccisione del numero due di Hezbollah Fuad Shukr, colpito a Beirut, con quella del capo politico di Hamas. Due azioni del genere, obiettivamente, possono causare un’escalation. Israele si sente talmente superiore che non considera le conseguenze di quello che fa?
Il cumulo di azioni da una parte e dall’altra prima o poi porterà all’escalation. Se si continua a uccidere, colpendo l’Iran proprio nel momento dell’insediamento del suo nuovo presidente, questo avrà il suo peso. Quando Israele ha colpito l’ambasciata di Damasco, l’Iran ha reagito; lo farà a maggior ragione stavolta, visto che è stata presa di mira Teheran.
L’Iran stavolta non potrà limitarsi a un attacco teleguidato. E allora gli israeliani risponderanno.
Bisogna vedere; gli israeliani potrebbero anche non rispondere come di fatto è successo la volta precedente quando hanno messo in atto un attacco contenuto, oppure aspetteranno di rispondere più avanti con un’altra azione mirata. Siamo in una polveriera in cui basta un nonnulla per far saltare tutto.
L’escalation non è sicura?
Il rischio c’è ma è anche vero che le parti, soprattutto gli avversari di Israele, sanno che in caso di escalation il nemico avrà al suo fianco gli americani. E anche l’Occidente. Israele conta sulla sua superiorità militare, ha le armi più avanzate, ha l’arma atomica, si atteggia a potenza militare e nucleare che per di più ha l’appoggio di una superpotenza come gli USA.
Osservando i ragionamenti almeno di una parte del governo Netanyahu, in certe condizioni potrebbero arrivare a usare veramente le armi nucleari?
Certo. Se si trovassero in una situazione di pericolo potrebbero usarle, magari quelle di tipo tattico, contenute come effetti ma di grande potere distruttivo. E poi ci sono anche armi convenzionali, che possono avere effetti altrettanto devastanti.
L’Iran come risponderà? Pezeshkian ha detto che il Paese difenderà la sua integrità territoriale e parla di occupanti terroristi che si pentiranno della loro azione codarda.
È il tipico armamentario lessicale dell’Iran. Bisogna vedere cosa vorrà dire in concreto. Non sarà certo un missile o un drone sparato a caso. È anche vero che nella risposta all’attacco di Damasco avevano preavvertito tutti. I droni avevano fatto un viaggio di otto ore e hanno potuto essere abbattuti. Prima di parlare di escalation, quindi, bisogna vedere che risposta arriverà. Se l’Iran volesse mettere in difficoltà Israele, combinerebbe un attacco su tutti i fronti e metterebbe anche Hezbollah in assetto di guerra. O potrebbe preparare un’azione massiccia tale da mettere in difficoltà l’Iron Dome, il sistema di difesa aereo israeliano.
L’uccisione di Haniyeh, come sostiene il Qatar, è la pietra tombale sulle trattative per la liberazione degli ostaggi e il cessate il fuoco?
Si è capito che chi gestiva veramente il negoziato non era la leadership politica di Hamas all’estero ma quella dentro la Striscia. Non è detto che non vadano avanti. È chiaro, comunque, che i negoziati avranno una battuta di arresto.
Adesso gli israeliani cercheranno di andare a prendere Sinwar, il capo militare di Hamas a Gaza? E in quel caso potrebbero dichiararsi soddisfatti e ritenere di aver neutralizzato Hamas?
La vera vittoria di Israele sarebbe il ritorno degli ostaggi. Questo potrebbe permettergli di dire che ha vinto la guerra. Tutto il resto sarebbe solo una tacca sulla cintura. Non credo possa liberarli militarmente: l’ultima volta che gli israeliani lo hanno fatto hanno ucciso 100 civili per liberarne quattro. In tutti questi mesi non hanno trovato ostaggi, anzi dicono che sarà difficile anche recuperare i corpi. Non si sa neanche quanti di loro sono ancora vivi.
Quindi si continua con il muro contro muro?
Israele sta mandando segnali molto forti, non teme le conseguenze dei suoi attacchi, perché si sente con le spalle coperte. Di certo la sua non è solo una questione di superiorità militare ma anche di intelligence. Credo che questo sia uno dei segnali che ha voluto lanciare a tutto il mondo, facendo capire che può arrivare dove vuole. Avevano delle indicazioni precise su dove mandare il missile che ha colpito Haniyeh.
Blinken dice che il cessate il fuoco a Gaza è imperativo. Possibile che Netanyahu lo segua?
Israele ha i suoi interessi strategici e geopolitici che non necessariamente coincidono con la volontà o i desiderata dell’amministrazione USA. Quando Blinken dice che non sono stati né informati né coinvolti rispetto all’attacco a Teheran, credo che dica il vero. Sicuramente, dietro le quinte sarà un motivo di tensione con gli americani senza rompere il fronte davanti all’opinione pubblica internazionale. L’amministrazione Biden è in campagna elettorale e non ha voglia di essere coinvolta in un’escalation. Un cessate il fuoco a Gaza potrebbe calmare la situazione, ma penso non sia nelle intenzioni del governo Netanyahu in questo momento.
(Paolo Rossetti)
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