Tutti attaccano, tutti mostrano i muscoli. Ma alla fine non prevale nessuno. L’Iran e le sue milizie sparse in Medio Oriente, Israele, Hamas, tutti possono dire di aver portato a termine operazioni militari di successo dal loro punto di vista. La verità, però, osserva Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, è che la guerra nessuno riesce a vincerla. E se questo può far presagire un conflitto di lunga durata, per un altro verso potrebbe convincere le parti in causa a sedersi intorno a un tavolo e a finirla lì.



Lo scenario più probabile, tuttavia, per il momento, è che si continui a combattere, sul fronte del Libano come su quello iraniano, anche se Teheran non vuole un maggiore coinvolgimento nel conflitto e Israele non potrà andare oltre attacchi missilistici o aerei. Certo, per far cessare il fuoco basterebbe che gli USA sospendessero i rifornimenti di armi e munizioni all’IDF. Ma anche se l’amministrazione democratica di Joe Biden non vuole danneggiare Kamala Harris come candidata presidente, sarà molto difficile che ciò avvenga.



Bombardamenti continui in Libano, missili e promesse di ritorsione tra Iran e Israele: dove va a finire la guerra in Medio Oriente?

Israele e i protagonisti della guerra sono stati tutti molto efficienti: Hamas ha fatto una grande operazione il 7 ottobre, Israele ha raso al suolo Gaza e ha fatto saltare in aria Hezbollah facendo esplodere i cercapersone, l’Iran ha dimostrato di poter saturare le difese aeree israeliane e quindi di poter bombardare le basi del nemico, Hezbollah ha subito dei danni però appena Israele ha provato a entrare in Libano gliele ha suonate; anche gli Houthi hanno bloccato il traffico nel Mar Rosso lanciando droni su Tel Aviv. Ma nessuno ha la capacità di sconfiggere l’avversario.



Questa sorta di stallo cosa significa?

Può anche voler dire che se tutti combattono bene, ma nessuno può vincere, ci può essere una base per avviare una trattativa, ammesso che ci sia qualcuno capace di mediare.

In che misura le operazioni militari israeliane hanno bisogno degli USA?

Se non avesse avuto i rifornimenti di armi e munizioni dagli Stati Uniti, Israele questa guerra l’avrebbe già finita. Gli USA hanno bisogno politicamente di un cessate il fuoco perché tra un po’ da loro si vota e l’elettorato del Partito democratico non ama le distruzioni a Gaza. L’opinione pubblica ha dimostrato grande sensibilità per ciò che hanno subito i palestinesi: i bombardamenti sulla Striscia hanno suscitato grande indignazione, mentre della sorte dei libanesi mi sembra che ci si interessi molto meno, anche se vengono lanciate bombe ad alto potenziale su un quartiere di Beirut. Gli americani, comunque, da un lato cercano di fermare Israele perché Kamala Harris rischia di uscirne danneggiata, dall’altro non lo fanno fino in fondo: basterebbe che fermassero i rifornimenti, ma non si spingono a tanto.

Najib Mikati, premier libanese, dice che l’esercito è pronto a schierarsi a sud del fiume Litani per garantire l’applicazione della risoluzione 1701 dell’ONU. Anche Hezbollah sarebbe d’accordo. Potrebbe essere la soluzione di questa parte del conflitto?

Vuol dire che Hezbollah si disarma, consegna le armi all’ONU e si ritira nella zona dal confine fino al Litani. La risoluzione 1701, che rimanda i caschi blu nel sud del Libano, non è stata applicata fino in fondo, perché prevedeva il ritiro di Hezbollah a nord del Litani e il disarmo delle milizie, cosa che non è stata fatta.

Hezbollah potrebbe veramente essere disponibile a concretizzare uno scenario del genere?

Non credo che sia disposto a ritirarsi dal sud del Libano. Lì ha basi, tunnel, fortificazioni, depositi praticamente ovunque. È una zona che controlla perfettamente. Se Israele entra nella fascia di sicurezza del sud del Libano, rischia di subire molte perdite. Nel 2006 ha avuto 160 morti, stavolta andrebbe molto peggio. Ma è anche vero che se vuole mettere in relativa sicurezza la Galilea (Hezbollah ha razzi che vanno anche molto lontano) deve riconquistare la fascia dal confine al fiume Litani. Gli costerebbe tanto in termini finanziari e di perdite, ma con le azioni messe in atto finora non può ottenere le stesse garanzie: quello che distruggono viene rimpiazzato.

L’IDF, per raggiungere questo obiettivo, deve programmare un’operazione di terra?

Sì. Israele si ritirò nel 2000 dal Libano del sud e nel 2005 da Gaza, nel primo caso con un governo laburista, nel secondo con quello di un falco come Sharon. Il progetto era: cediamo terra in cambio di pace. Ma la pace non l’hanno avuta. Adesso o riconquistano quei territori come valvola di sicurezza oppure tutto quello che stanno facendo non produrrà risultati, perché, appunto, ciò che viene distrutto oggi domani l’Iran lo rimpiazzerà.

Lo scenario più probabile per il Libano per ora è solo quello della guerra?

Una guerra fine a se stessa: non ho capito, infatti, quale sia l’obiettivo di Israele. È riprendere il controllo di Gaza? Riconquistare il Libano del sud?

Sul fronte iraniano, invece, che cosa può succedere?

L’Iran ha cercato e continua a cercare di non farsi coinvolgere in questa guerra. Ha risposto due volte con lanci notturni di missili, anche se l’ultimo attacco è stato più serio del primo, ma non ha nessuna voglia di un conflitto con Israele, perché vede che con i suoi alleati la guerra potrebbe vincerla lo stesso per logoramento.

Israele a sua volta potrebbe scatenare una vera guerra contro l’Iran?

Può lanciare missili, disporre incursioni aeree, ma i due Paesi non confinano. Può colpire pesantemente le milizie filo-iraniane, Hezbollah, Houthi, le milizie in Siria e in Iraq: lo ha già fatto e continuerà a farlo. Da lì a una svolta decisiva in questa guerra il passo è lungo. Il conflitto nessuno riesce a vincerlo: tutti combattono con qualche successo, anche importante, ma nessuno vince. Siamo in un’impasse che da un lato può far dire che la guerra sarà infinita, mentre dall’altro la consapevolezza che nessuno la può vincere potrebbe spingere verso una trattativa.

(Paolo Rossetti)

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