L’esercito israeliano sarebbe pronto all’offensiva a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, dove in questi mesi di guerra in Medio Oriente si sarebbero rifugiati più di un milione di palestinesi. Da parte di Benjamin Netanyahu non è ancora arrivato il via libera definitivo ma tutto sembra ormai pronto. Come riportano i media internazionali, infatti, al confine sarebbero state posizionate decine di carri armati e nel dettaglio 30 tank e veicoli blindati, ammassati vicino al valico israeliano di Kerem Shalom, a pochi chilometri da Rafah. Un attacco, dunque, potrebbe avvenire a breve.



Nelle ultime ore l’esercito ha annunciato il ritiro della Brigata Nahal da Gaza in modo da concentrarsi con il resto della 162esima divisione sulle altre operazioni, tra le quali anche quella di Rafah, come spiega il Times of Israel. In vista dell’ingresso a Rafah, il gabinetto di guerra israeliano si è riunito per pianificare l’operazione e parlare del destino dei 133 ostaggi rapiti da Hamas rimasti nella Striscia: si vorrebbe far passare il messaggio che l’invasione di Rafah sia necessaria per far sì che Gaza smetta di essere una “minaccia” per Israele.



Si riaprono i dialoghi sui negoziati?

Nella giornata di venerdì in Israele dovrebbe arrivare una delegazione dell’Intelligence egiziana per un incontro con alti membri del Consiglio di sicurezza nazionale: al centro dei discorsi continuano ad esserci i negoziati. Tra le varie ipotesi vi è uno scambio di ostaggi per i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane: si potrebbe inoltre discutere di una tregua per varie settimane, con il ritiro delle truppe israeliane da vari punti della Striscia. Ai palestinesi potrebbe essere inoltre consentito di tornare nelle loro case nel Nord di Gaza. La delegazione egiziana dovrebbe poi incontrare i rappresentanti di Hamas.



Nel frattempo la stessa Hamas sembrerebbe intenzionata a raggiungere un accordo con Israele, chiedendo che venga concessa la creazione di uno stato indipendente per la Palestina. Solamente così si potrebbe raggiungere un accordo per la pace. L’organizzazione terroristica promette, nel caso in cui questo scenario si realizzi, di abbandonare la sua ala militare per trasformarsi in un partito politico.