I MOTIVI DEL RITIRO DELLE TRUPPE DA GAZA SUD: PARLA IL MINISTRO DELLA DIFESA DI ISRAELE
Al termine di una lunga giornata ricca di novità sulla guerra Israele-Hamas, in serata il Ministro della Difesa Gallant risponde a distanza alle varie “tesi” circa il ritiro delle truppe di terra dall’area di Gaza sud, sottolineando che non vi è alcun intento per il momento di abbandonare la guerra ad Hamas. Semplicemente, sottolinea il titolare della Difesa nel gabinetto di guerra, «il ritiro delle truppe da Khan Yunis è stato condotto nl momento in cui Hamas ha cessato di esistere come struttura militare in città».
Le forze militari dell’Idf hanno dunque lasciato l’area di Khan Yunis, dove nel frattempo stanno tornando migliaia di civili palestinesi rifugiati fino ad oggi nel valico a sud della Striscia: «si stanno preparando alle loro future missioni, inclusa la missione a Rafah». Non parla direttamente di Iran ma il riferimento è chiaro quando viene sottolineato da Tel Aviv come occorra proteggere al meglio la “spina dorsale” della Striscia per impedire attacchi esterni da Teheran o ritorsioni delle rimaste forze fedeli ad Hamas. «La guerra a Gaza continua, e siamo ben lontani dal fermarci», ha detto il capo dell’esercito, il tenente generale Herzi Halevi, dopo l’annuncio del ritiro delle truppe di terra dal sud della Striscia di Gaza. Sempre dall’Idf fanno sapere che una forza militare è rimasta a Gaza con «libertà di azione per continuare le operazioni mirate, anche a Khan Younis».
NEGOZIATI DI PACE, NUOVO ROUND IN EGITTO. DOPO RITIRO IDF DA GAZA SUD MIGLIAIA TORNANO A KHAN YUNIS
Sono migliaia le famiglie palestinesi sfollate da Khan Yunis che starebbero facendo ritorno nella città a sud di Gaza dopo il ritiro delle truppe di terra di Israele deciso nelle scorse ore: lo spiegano diverse fonti locali all’ANSA raccontando del contro-esodo dei palestinesi civili da Rafah, dove si erano rifugiati scappando dalla guerra Israele-Hamas, di nuovo a Khan Yunis.
Nel frattempo da Tel Aviv il gabinetto di guerra guidato da Netanyahu ha conferito «un mandato significativo alla squadra negoziale israeliana per le trattative» che stasera ripartiranno in Egitto al Cairo. Tregua e rilascio degli ostaggi restano i punti cardine della squadra guidata dal capo del Mossad David Barnea, il responsabile dello Shin Bet Ronen Bare e il generale Nitzan Alon, responsabile dello sforzo di intelligence per liberare gli ostaggi rapiti il 7 ottobre 2023. Per gli Stati Uniti, come ha spiegato dalla Casa Bianca Kirby, il ritiro da Gaza sud significa una sorta di riposo per le truppe impiegate da oltre 4 mesi in battaglie nell’area meridionale della Striscia: «Le truppe sono sul terreno da quattro mesi, sono stanche. È difficile al momento dire cosa il ritiro significa esattamente».
Nel frattempo oggi ha parlato anche il Premier di Israele, Benjamin Netanyahu, sottolineando come l’intento di sconfiggere Hamas non viene meno con queste ultime strategie anti-Iran: «ho detto chiaramente alla comunità internazionale: non ci sarà cessate il fuoco senza il ritorno degli ostaggi. Questa è la politica del governo israeliano e accolgo con favore il fatto che l’amministrazione Biden abbia chiarito l’altro giorno che questa è anche la sua posizione». Davanti ai negoziati che si riaprono al Cairo in queste ore, Netanyahu ribadisce come non sia Israele a voler impedire l’accordo con Hamas, semmai «Le sue richieste estreme hanno lo scopo di porre fine alla guerra e lasciare intatta la fazione islamica». Per Tel Aviv la guerra iniziata lo scorso 7 ottobre ha rivelato al mondo ciò che Israele temeva da sempre: «l’Iran sta dietro all’attacco contro di noi attraverso i suoi delegati», conclude il Premier.
A 6 MESI DALL’INIZIO DELLA GUERRA A GAZA ISRAELE RITIRA LE TRUPPE DI TERRA DAL SUD DELLA STRISCIA
L’esercito di Israele ha annunciato il ritiro di quasi tutte le truppe di terra dal sud della Striscia di Gaza: dopo 6 mesi esatti dall’inizio della guerra contro Hamas, e soprattutto dopo 4 mesi di forti combattimenti sul campo contro le milizie palestinesi in tutta la Striscia, la notizia-bomba che arriva dai media israeliani mostra un deciso cambiamento di rotta nell’offensiva atta a “liberare” Gaza da Hamas. Secondo le informazioni filtrate stamane, rimarrebbe a Gaza sud solo la Brigata Nahal con il compito di tenere in sicurezza il “Corridoio Netzarim” che attraversa l’intera Striscia di Gaza dai kibbutz Beeri a Nord (dove tutto iniziò lo scorso 7 ottobre 2023 con gli attacchi terroristici di Hamas) fino al sud dell’area teatro di guerra e morti in questi 4 mesi.
Obiettivo principale resta quello di proteggere il più possibile la “spina dorsale” della Striscia da potenziali incursioni tanto a Nord quanto nel centro: incursioni che avrebbero un unico e solo mandante, l’Iran degli ayatollah che fin dall’inizio della guerra sostengono (a distanza) Hamas in Palestina, Hezbollah in Libano e gli Houthi nello Yemen. Il recente attacco missilistico di Israele contro l’ambasciata iraniana a Damasco in Siria ha fatto “detonare” la situazione, con Teheran che giura vendetta «atroce» contro «i sionisti terroristi»: gli Stati Uniti negli scorsi giorni hanno lanciato l’allarme all’alleato Israele, sottolineando come sia imminente un «attacco significativo dell’Iran contro obiettivi israeliani, ma anche americani, nella regione». Rischio confermato dallo stesso Governo di Teheran che avrebbe intimato gli Usa di farsi da parte per evitare di rimanere coinvolti nella dura vendetta iraniana contro l’attacco di Israele.
RISCHI GUERRA ISRAELE-IRAN: COSA SUCCEDE E QUALI SCENARI. NUOVO APPELLO DI PAPA FRANCESCO
«L’apparato della Difesa ha completato i preparativi di risposta in caso di qualsiasi scenario che si possa sviluppare con l’Iran»: lo ha detto oggi il Ministro della Difesa di Israele, Yoav Gallant, confermando come i veri riflettori sulla guerra in queste settimane a Tel Aviv riguardano le mosse in arrivo dall’Iran. Il ritiro delle truppe da Gaza sud non è dunque un gesto per rinunciare alla cacciata di Hamas ma un modo per difendersi in maniera più uniforme lungo il resto della Striscia.
«La vendetta dell’Iran è inevitabile e sarà Teheran a decidere come e quando effettuare l’operazione», ha detto il capo di Stato Maggiore delle forze armate iraniane Mohammad Bagheri, ai funerali del comandante delle Guardie della Rivoluzione Islamica in Siria, Ha poi aggiunto come «Nessuna delle ambasciate del regime sionista è più al sicuro». Secondo l’ex segretario generale della Farnesina Michele Valensise – intervistato dal “Messaggero” – l’azione vendicativa dell’Iran contro Israele avverrà con ogni probabilità tramite interposta persona: «un’azione diretta è improbabile», spiega l’ex diplomatico, piuttosto «muoveranno Hezbollah e Houthi». Restano alti i pericoli per lo Stato ebraico, a cui va aggiunta anche l’incertezza di una tenuta nazionale stante le «debolezze di Netanyahu che aprono la possibilità di un raid più duro che in passato», conclude Valensise.
Intanto nel Regina Coeli in Vaticano, Papa Francesco è tornato a chiedere un negoziato di pace in Palestina per porre fine alla guerra a Gaza: «Non venga meno la nostra preghiera per la pace, una pace giusta e duratura, in particolare per la martoriata Ucraina e per la Palestina e Israele. Lo Spirito del Signore risorto illumini e sostenga quanti lavorano per diminuire la tensione e favorire gesti che rendano possibili i negoziati. Che il Signore dia ai dirigenti la capacità di fermarsi un po’ per trattare, per negoziare».