ISRAELE SI DIFENDE DALL’ACCUSA DI GENOCIDIO A GAZA: LA MEMORIA DIFENSIVA ALLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE

Correva il giorno 20 maggio 2024, la guerra tra Israele e Hamas vedeva ancora ai “margini” i ruoli di Hezbollah e Iran, ma dalla Corte Penale Internazionale arrivava la richiesta di arresto per il Premier Netanyahu, il Ministro della Difesa Gallant e il leader terrorista palestinese Sinwar. Il motivo, per quanto riguarda Israele, è definibile dall’accusa di «crimini di guerra e crimini contro l’umanità» al popolo palestinese nella Striscia di Gaza, chiedendo inoltre di prevenire atti di genocidio.



Ebbene, negli scorsi giorni è lo stesso Stato di Israele a presentare le memorie di difesa ufficiale in risposta alla richiesta di arresto firmata dal procuratore CPI Karim Khan: una difesa giocata all’attacco, potremmo dire, in cui sostanzialmente lo Stato ebraico contesta alla Corte dell’Aja di non avere giurisdizione nell’agire sul caso palestinese. In Italia è il quotidiano “Il Dubbio” a presentare ampi stralci delle memorie difensive, nei giorni in cui Israele è alle prese con vicende potenzialmente ancora più ampie nella guerra non solo contro Hamas ma anche contro Hezbollah e l’origine delle sigle sciite, ovvero l’Iran degli Ayatollah.



“CPI SENZA GIURSIDIZIONE”: SU COSA PUNTA ISRAELE NELLE ACCUSE SULLA GUERRA CONTRO HAMAS

«La Palestina non soddisfa la precondizione giurisdizionale del “territorio” di uno Stato», e per questo motivo – spiega Israele negli scritti difensivi resi pubblici il 7 ottobre 2024 scorso – la Corte Penale Internazionale non avrebbe la giurisdizione per poter lanciare accuse contro Israele. Nella difesa presentata di oltre 44 pagine vi sono gli specifici riferimenti allo Statuto di Roma che regge il Tribunale oggi con sede all’Aia in Olanda.

Il Procuratore generale aggiunto di Israele, Gilad Noam, sottolinea come è proprio l’assenza del territorio sovrano dello Stato di Palestina ad essere la pre-condizione che renderebbe illegittimo il processare della Corte contro Israele: «Determinare diversamente implica una pronuncia giudiziaria sulla sovranità sul territorio, rispetto al quale vi sono rivendicazioni legali concorrenti», scrive ancora il procuratore citando l’articolo 12(2)a dello Statuto di fondazione della Corte Penale Internazionale. Qualsiasi infatti territorio delimitato della CPI implica direttamente l’agire in violazione di accordi fra Israele e i palestinese, che però «lasciano espressamente tali questioni alla negoziazione diretta tra le Parti, e che si prendano decisioni del tutto inadatte a un Tribunale penale internazionale». In termini tecnici, delegare la giurisdizione penale presso il Tribunale dell’Aja significa compiere un atto di sovranità nazionale che però la Palestina, ad oggi, non ha (lo aveva fino alla fine dell’impero Ottomano, il quale però a sua volta rinuncia ad avere diritti sulla Palestina nel 1923). In conclusione, davanti ad un enorme – secondo Israele – difetto di giurisdizione, qualsiasi richiesta di arresto e accusa contro membri politici di Israele – in questo caso, Netanyahu e Gallant – deve essere respinta e bocciata in sede di sentenza. Dagli Accordi di Oslo fino alla trattazione dello Statuto di Roma, osservano studiosi ed esperti, al momento la difesa giuridica di Israele contro la CPI sembra inattaccabile.