Raphael Schutz, ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, ha parlato con La Stampa della guerra che Israele sta combattendo contro Hamas a Gaza, dell’ipotesi di un piano per arrivare ai Due Stati e anche delle parole sul disarmo pronunciate ieri da Papa Francesco. Partendo dalla guerra, però, ci tiene a sottolineare che “non ci troviamo di fronte a un conflitto a Gaza”, ma “siamo di fronte a una guerra su almeno quattro fronti“.



Israele, spiega Schutz, combatte “Hamas a Gaza, al confine con il Libano con Hezbollah, con le milizie filoiraniane in Siria [e] nel Mar Rosso con gli Houthi”, mentre “dietro a tutti i conflitti” si nasconde, secondo l’ambasciatore, “l’Iran. Ci attacca attraverso le varie milizie manovrate dai Pasdaran”. Questo, insomma, secondo la visione israeliana, rende “fuorviante vedere la nascita di uno Stato palestinese come la soluzione”. Oltretutto, specifica l’ambasciatore di Israele, “Hamas è il primo a non volere la soluzione a Due Stati“, come ha più volte ribadito, mentre anche la popolazione israeliana si dimostra sempre più restia a concedere uno spazio ai terroristi che, da un giorno all’altro, si è trovata dentro casa.



L’ambasciatore di Israele: “I giudici dell’Aia non sono imparziali”

Israele e il suo popolo, sottolinea l’ambasciatore Schutz, sono cambiati “molto di più di quanto viene percepito in Europa” dopo gli attacchi del 7 ottobre. In questo contesto, dunque, le parole di Papa Francesco sul disarmo, per quanto “legittime [e] nobili”, risultano essere “del tutto fuori contesto. Ci siamo trovati i terroristi nelle nostre case”, ricorda, “e in quel momento contava soltanto avere le armi per difenderci, ma non c’erano”.



Affrontando, poi, anche la sentenza dell’Aia sulle accuse di genocidio mosse contro Israele, Schutz ci tiene a porre l’accento sul fatto che “ci troviamo di fronte ad un ribaltamento della realtà” perché “è Hamas che ha come programma il genocidio, cioè cancellare lo Stato ebraico”. Inoltre, va considerato che la Corte dell’Aia “dipende dalle Nazioni Unite” che gestiscono anche “l’agenzia Unrwa, i cui dipendenti sono coinvolti nel massacro del 7 ottobre“. Insomma, secondo l’ambasciatore di Israele, a fronte della posizione dubbia dell’Onu “mi sembra che non si possa parlare di un giudice imparziale“.