Prima dell’attuale conflitto tra Israele e Hamas la questione del gas era di grande rilevanza. Nel giugno 2023 il governo di Benjamin Netanyahu ha dato il via libera allo sviluppo dei giacimenti di gas naturale offshore nella Zona Economica Esclusiva (ZEE) di Gaza. I giacimenti Gaza Marine 1 e 2, identificati fin dal 1999, hanno riserve stimate in circa 35 miliardi di metri cubi e una capacità produttiva annuale di 1,5 miliardi di metri cubi per un periodo di 12 anni. Gli investimenti necessari per lo sviluppo prima dell’esercizio ammontano a circa 1,4 miliardi di dollari.



Il progetto Gaza Marine richiede un coordinamento in materia di sicurezza tra Israele, Egitto e Autorità Nazionale Palestinese. L’obiettivo è quello di sostenere lo sviluppo economico palestinese e mantenere la stabilità nella regione.

È probabile che l’approvazione israeliana abbia avuto come obiettivo quello di mitigare il malcontento americano dovuto all’espansione delle colonie e a calmare la situazione politica a Gaza. Ufficialmente, i ricavi del gas erano destinati solo all’ANP, ma si presume che anche Hamas dovesse riceverne una parte.



Nel 2021, l’ANP firma un protocollo di cooperazione con l’Egitto per sviluppare il giacimento di gas. Tuttavia, la prospettiva che i palestinesi possano beneficiare di questa risorsa energetica mette in allarme le autorità israeliane. Nel 2022, il primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh annuncia che le negoziazioni tra il fondo di investimento palestinese e la compagnia di gas egiziana sono in corso. L’accordo prevede che il fondo palestinese detenga il 27,5% delle quote del giacimento, con una distribuzione simile per la Consolidated Contractors Company e la restante percentuale all’Egyptian Natural Gas Holding Company. Sempre nel 2022 Israele firma un accordo con l’Egitto per le esportazioni di gas verso l’Europa, coinvolgendo anche il fondo di investimento palestinese e la compagnia egiziana. Contemporaneamente, Israele discute con Grecia e Cipro la possibilità di un terminal a Cipro per il gas israeliano destinato all’Europa. Lo scenario però vede complicarsi le relazioni tra Israele e la Turchia, influenzando le possibilità di un pipeline verso la Turchia. Dopo incontri a Aqaba e Sharm el Sheikh, Israele e Palestina concordano di lavorare al miglioramento delle condizioni economiche palestinesi. Nel maggio 2023, prima di un’escalation di violenza di cinque giorni, riprendono le discussioni per lo sviluppo del giacimento. Il negoziato è finalizzato a sviluppare il progetto di Gaza in cambio delle spoglie dei soldati israeliani. Da ultimo, quando Hamas attende le procedure finali per lanciare il piano di sviluppo del giacimento, cresce la preoccupazione che Israele possa “rubare” il gas di Gaza, portando a potenziali confronti militari. Ma anche nel campo palestinese la vicenda si complica. L’approvazione da parte del governo Netanyahu dello sfruttamento del gas off-shore palestinese allarga il divario tra Fatah e l’ala politica di Hamas, che vede aumentare la sua impopolarità a Gaza. Infine l’ala militare di Hamas entra in una crescente competizione con l’ANP per il controllo dello sfruttamento di Gaza Marine.



La questione del gas naturale off-shore palestinese non è solo una questione economica, ma anche un fulcro di tensioni geopolitiche e una leva per il potere regionale. Mentre Israele cerca di salvaguardare i propri interessi di sicurezza ed economici, Hamas e altre fazioni palestinesi vedono nel gas una risorsa cruciale per rafforzare la loro posizione e la loro indipendenza. La decisione di Israele di sfruttare il gas palestinese senza il pieno consenso dell’ANP ha finito per innescare ulteriori complicazioni nel già teso panorama politico della regione.

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