Dopo il rimbalzo di lunedì, ieri sui mercati è tornato il timore per un’escalation in Medio Oriente, con un possibile attacco, seppur mirato, di Israele che porterebbe verosimilmente a una nuova risposta iraniana. Tuttavia, il prezzo del petrolio, dopo il calo di inizio settimana, è rimasto sostanzialmente invariato. Secondo Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia, ciò dipende dal fatto che «già nei giorni precedenti le quotazioni del greggio erano salite incorporando l’attacco iraniano che si è poi verificato. Tuttavia, Teheran ha manifestato tutta la sua incapacità nel provocare danni e pertanto i prezzi sono scesi. E ora restano stabili perché il timore di problemi di approvvigionamento di petrolio dal Medio Oriente è al momento allontanato».
Per vedere un nuovo rialzo dovrebbe esserci una risposta di Israele e un nuovo attacco iraniano?
Per il momento la situazione è tranquilla: non ci sono notizie di navi attaccate, non c’è alcuna minaccia dell’Opec di prendere provvedimenti come quelli di cinquant’anni fa dopo la guerra dello Yom Kippur e l’ipotesi di un conflitto nell’area si è allontanata perché Teheran ha fatto intendere che la questione è chiusa, a meno che, appunto, Israele risponda. Mi sembra, però, che l’Iran abbia dimostrato di non poter produrre danni con questo tipo di attacchi. A questo punto il vero rischio, che non escludo possa essere realmente nei pensieri di Teheran, è che si concretizzi una qualche mossa azzardata sullo Stretto di Hormuz.
Se questo rischio si concretizzasse avrebbe effetti dirompenti?
Sì, perché dallo Stretto di Hormuz transita il 40% dei volumi di petrolio scambiati nel mondo. Di fatto è un timore latente che perdura da 45 anni, dalla rivoluzione khomeinista in poi. Nel frattempo c’è stata la guerra con l’Iraq che negli anni Ottanta ha comportato l’affondamento di centinaia di navi, ma non c’è mai stato un blocco del transito dallo Stretto di Hormuz, che resta un’ipotesi estrema.
Le conseguenze si vedrebbero solo sul prezzo del petrolio o anche su quello del gas?
Il Qatar ha un peso notevole sul mercato globale del Gnl, ma è molto più importante la quota di esportazioni di greggio di quest’area, che comprende grandi nomi del mercato petrolifero mondiale come Kuwait, Iraq, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, oltre allo stesso Iran.
Se questa ipotesi estrema si verificasse, dunque, un prezzo della benzina a 3 euro al litro non sarebbe da escludere…
Come dicevo, si tratta di un timore latente che, chi lavora in energia, ha in mente da molti anni e che non fa altro che ricordarci che occorrerebbe ridurre la dipendenza dalle importazioni di petrolio, quindi spingere sulla produzione nazionale, come pure aumentare le rinnovabili e tornare al nucleare. Per fortuna finora questa ipotesi estrema non si è verificata, ma il fatto che permanga crea qualche problema.
Ci dice anche che in tutti questi anni non sono state prese le giuste contromisure rispetto al rischio.
Purtroppo la debolezza europea sul fronte delle politiche energetiche è manifesta. Solo che chi lo afferma viene tacciato di essere negazionista climatico. Magari ci fossero più rinnovabili, che tuttavia hanno i loro limiti, ma il punto è che in tutto il mondo per i trasporti si usano i derivati del petrolio e in Europa di fatto ormai li importiamo e basta. Il che rappresenta una piccola tragedia, perché l’Italia geologicamente ha ancora tantissime riserve da sfruttare ed è veramente assurdo che non lo possa fare.
Un’ultima domanda a proposito dell’accordo di solidarietà in caso di emergenza sul fronte delle forniture di gas firmato da Italia e Germania il mese scorso: quanto gas saremmo in grado di fornire alla Germania in caso di necessità?
I volumi che possiamo inviare da sud a nord non sono elevati. La domanda tedesca di gas è pari a circa 80 miliardi di metri cubi all’anno e credo che sforzandoci al massimo potremmo arrivare a fornirne 10 miliardi. Sempre che si facciano investimenti su questo fronte: nel Pnrr è previsto il potenziamento della centrale di compressione gas di Poggio Renatico e la modifica di quella di Malborghetto, vicino a Tarvisio, per rendere possibile il cosiddetto reverse flow, cioè l’inversione di flusso che può consentire di portare il gas proveniente dal Nord Africa verso il Nord Europa.
(Lorenzo Torrisi)
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