Un nuovo personaggio è stato consegnato alla storia; “Bibi l’accecatore” nello stile dell’imperatore bizantino Basilio II “Accecatore di bulgari”. Da lunedì 17 settembre, infatti, migliaia di cercapersone e walkie talkie in dotazione a uomini, personaggi vicini e fiancheggiatori di Hezbollah sono esplosi simultaneamente in Libano e Siria. Il risultato dell’operazione, niente affatto chirurgico, è epocale e ha sterminato o ferito quadri e dirigenti di Hezbollah e anche qualche militante iraniano. Tutte persone – quelle sopravvissute – che ora non potranno combattere. Colpiti anche un certo numero di donne e bambini. I morti sono decine, i feriti migliaia; centinaia gli accecati. Inutile specificare il numero, anche perché si accavallano notizie da più fonti che rendono impossibile il conto preciso. È arrivato un messaggio e dopo qualche secondo l’apparato è esploso. I più solerti a leggere il messaggio hanno ricevuto l’urto in faccia, agli altri è esplosa la parte dove il dispositivo era custodito.



Pare che Nasrallah sia sfuggito per caso all’esecuzione. Ingenuamente, dopo che il 30 luglio Israele aveva fatto saltare Fuad Shuk, comandante di Hezbollah, tracciandone il cellulare, i libanesi hanno cominciato a usare questi apparati con tecnologie degli anni ’90 credendo che fossero più sicuri. L’obsolescenza dei dispositivi però ha reso possibile per gli ebrei farne produrre in proprio un quantitativo parallelo trappolato con esplosivo, dotato di un messaggio comune a tutti. Da qualche parte i cercapersone sono stati inseriti nella distribuzione e assegnati ai militanti filo-iraniani obiettivo dell’azione. Un unico messaggio inviato e ogni apparato ha fatto il botto.



Un’operazione per nulla facile e di grande impatto. Israele non ha rivendicato la mattanza, ma non lo fa mai, anche se l’organizzazione e l’esecuzione dell’operazione sono come un’impronta digitale sulla scena del delitto. Al momento sono anche in atto attacchi aerei israeliani nel sud del Libano, approfittando dello sbandamento dei miliziani. Ma chiariamo lo scenario.

Dopo il 7 ottobre 2023 e dopo la sequela di attentati e omicidi mirati compiuti da Israele, gli Hezbollah libanesi hanno gridato più volte vendetta per dimostrare il loro appoggio ad Hamas e hanno intensificato il lancio di razzi su Israele, ma non hanno mai cercato di innescare la guerra totale, si sono limitati ad alzare la voce e a mostrare i muscoli. Israele invece ha abbandonato ogni cautela e sta superando tutte le linee rosse verso l’Iran. Ha smesso di commisurare la reazione come ha sempre fatto. Israele ha dimostrato che può colpire chiunque e dovunque, tanto che l’attuale capo di Hamas, Yahya Sinwar vive come un topo tra le rovine di Gaza.



A parte l’inquietudine indotta da questa capacità, sarebbe quindi Israele a volere la guerra? Non si capisce bene: prima era Gallant, ministro della Difesa, a voler appiccare il fuoco in Libano e Netanyahu frenava, anche se Israele in un crescendo ha cominciato a eliminare i capi delle milizie ostili. Ora invece Netanyahu, rassicurato dal balbettare degli iraniani e dal silenzio degli arabi, sta mirando al bersaglio grosso. Vuole annientare la milizia sciita libanese e non teme la reazione dei persiani, che hanno un sacco di guai interni da risolvere e forse preferiscono perdere la faccia verso i propri proxy che avventurarsi in una guerra. A breve vedremo cosa succede.

Netanyahu inoltre è sempre più solo e ha un problema simile a Zelensky, deve portare l’Occidente oltre il limite di non ritorno della guerra prima del cambio alla Casa Bianca perché quale che sia il nuovo inquilino potrebbe stoppare le operazioni. La geografia aiuta Bibi e il blocco degli Houthi sul Mar Rosso è scomodo per tutti; chiude infatti il collo di bottiglia tra Pacifico e Atlantico, ma non sappiamo fino a quando garantirà l’impunità a Netanyahu. È di queste ore la notizia che da Riyad il principe Mohammed Bin Salman ha fatto sapere che non intratterrà rapporti con Israele fino alla formazione di uno Stato palestinese. È la prima volta che gli arabi intervengono direttamente e potrebbe essere un segno importante. Gli arabi, infatti, sono molto importanti per la loro influenza sui prezzi del petrolio e i ribassi attuali propiziati dal loro comportamento sono favorevoli a noi occidentali. Più dei proclami di altri, forse questo metterà un freno all’aggressività di tutti i contendenti.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI