Uno studio condotto dall’ISS, e in particolare dal Reparto di Qualità dell’Acqua e Salute del Dipartimento Ambiente e Salute (guidato da Giuseppina La Rosa) avrebbe stabilito che il materiale genetico del virus Sars-Cov-2, quello del Coronavirus, può essere rinvenuto nelle acque di scarico: in questo modo sarebbe possibile utilizzare il campionamento come un indicatore di nuovi focolai epidemici. Nella nota apparsa oggi sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, Giuseppina La Rosa ha specificato che la ricerca ha preso in esame un gruppo di 8 campioni di acque di scarico raccolte a Milano (tra il 3 e il 28 febbraio) e Roma (tra il 31 marzo e il 2 aprile): ebbene, la presenza di RNA del Coronavirus è stata riscontrata in due campioni raccolti nella rete fognaria del capoluogo lombardo (zona Occidentale e Centro-Orientale) mentre a Roma, dove i rilevamenti sono avvenuti in seguiti, il risultato positivo è stato riscontrato in tutti i campioni prelevati nella zona orientale.



Ora, “stiamo estendendo la ricerca ad altri campioni di acque di scarico provenienti da una rete di raccolta in diverse regioni ha detto la dottoressa La Rosa, che ha fatto riferimento ad un progetto che ha costruito tale rete negli anni ed è stato finanziato dal Centro Nazionale di prevenzione e Controllo delle Malattie del Ministero della Salute. Lo studio però, come ha confermato anche Silvio Brusaferro – presidente ISS – è in linea e associato con quelli di altri gruppi di ricerca che, in Olanda, Massachusetts (Stati Uniti), Olanda e Francia) “hanno ad oggi rinvenuto tracce del virus negli scarichi”. A cosa serve nello specifico questa ricerca sulle acque di scarico? Lo ha spiegato Luca Lucentini, direttore del Reparto di Qualità dell’Acqua e Salute dell’ISS: “Il risultato rafforza le prospettive di usare il controllo delle acque in fognatura dei centri urbani come strumento non invasivo per rilevare precocemente la presenza di infezioni nelle popolazioni”. Cosa che peraltro è già attiva per altri virus, per esempio quello della poliomielite.



In pratica, nel corso della Fase 2 questa sorveglianza potrà essere utilizzata per monitorare in maniera indiretta la circolazione del Coronavirus, ed evidenziare precocemente una sua eventuale ricomparsa. In questo modo, spiega sempre Lucentini, sarà possibile individuare nuovi focolai epidemici e all’occorrenza circoscriverli. Inoltre, il rinvenimento di RNA virale non rappresenta un rischio: non rappresenta necessariamente un virus infettivo e “il ciclo idrico integrato, cioè il processo che comprende potabilizzazione delle acque e sistemi di fognatura e depurazione, è certamente sicuro e controllato rispetto alla diffusione del virus responsabile di Covid-19 , come anche di altri patogeni”. Per lo stesso motivo, averlo rinvenuto nelle acque di scarico è un risultato che secondo il direttore del Reparto non è sorprendente.

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