L’ISS e il costo dei tamponi “gonfiato”: cosa c’è di vero? Secondo quanto riferito dall’edizione del quotidiano “La Verità” in edicola martedì 7 marzo 2023, nelle carte in mano alla Procura di Bergamo vi sarebbe anche la clamorosa ipotesi di “truffa ai danni dello Stato”. Tutto ebbe inizio il 26 febbraio 2020, quando l’ex capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, ricevette una sintesi delle risorse necessarie a validare i risultati dei test diagnostici. Stando a quanto riferito dalla testata sopra menzionata, per processare i primi 200 tamponi l’ISS spese 150mila euro, vale a dire 750 euro per ogni singolo tampone.



Il testo recita: “Tenuto conto che l’Istituto ha una richiesta di circa 100 campioni al giorno, si chiedono risorse utili per l’effettuazione di almeno 800 test, pari a 600mila euro lordi, nonché ulteriori risorse per la manutenzione straordinaria e il rinnovo delle attrezzature, pari a 100mila euro lordi”. Il nocciolo della questione, però, risiede nel fatto che gli inquirenti si sarebbero informati presso l’Azienda ospedale – Università di Padova, “la quale ha, innanzitutto, comunicato che nel febbraio/marzo 2020 veniva prevalentemente usato un tipo di test, con metodo 384 e che il costo industriale unitario era pari, allora, a euro 2,82″.



ISS HA GONFIATO IL COSTO DEI TAMPONI COVID? LE INDAGINI SONO IN CORSO

Ma è veramente possibile che per tamponi Covid da meno di 3 euro cadauno l’ISS ne abbia spesi 750 euro? Se sì, perché? “La Verità” ipotizza: “Svolgeva forse un tipo diverso di analisi? Più sofisticata e più onerosa? Basterebbe questo a giustificare un simile balzo del prezzo?”. Le indagini sono in corso e aiuteranno senza dubbio a dirimere la questione, anche perché si vuole stabilire, si legge nell’articolo, “se la potenziale malversazione abbia riguardato solamente i primi 200 tamponi o se il presunto spreco si sia ripetuto altre volte”.



D’altro canto, i messaggi WhatsApp tra il capo dell’ISS, Silvio Brusaferro, e l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, non mancavano, così come le richieste effettuata da parte del numero uno dell’Istituto Superiore di Sanità tese a “far destinare denaro al proprio ente”.