L’Istituto superiore di sanità (Iss) risponde alle critiche che sono arrivate negli ultimi giorni in merito ai 21 parametri usati per valutare il rischio e sul sistema di monitoraggio. Lo fa in diretta con una conferenza stampa, ma anche con un documento pubblicato online. Nel mirino è finito in primis l’indice Rt, considerato inaffidabile ad esempio da Fondazione Gimbe anche perché non tiene conto degli asintomatici. Non la pensa così l’Iss, secondo cui il fatto che sia calcolato sui casi sintomatici e su quelli ospedalizzati «permette di utilizzare un criterio stabile e costante». Basarlo sugli asintomatici, invece, farebbe dipendere la stima da quanto screening e contact tracing si riesce a fare in un singolo territorio. Il sistema attuale finora, spiega l’Iss, «ha indicato correttamente dove e quando aumentava la trasmissione e quindi il numero di nuove infezioni e la pressione sul sistema sanitario». Critiche sono arrivate anche in merito al dato di occupazione delle terapie intensive e delle aree mediche, in quanto non viene descritto il flusso di entrata e uscita. «Il tasso di occupazione rappresenta un indicatore più utile per identificare quando la disponibilità di posti letto rischia di non essere più sufficiente».
CONFERENZA STAMPA ISS “INDICATORI NON TEMPESTIVI? VANNO ELABORATI”
L’Istituto superiore di sanità (Iss) ritiene inoltre che il sistema di monitoraggio costruito per la valutazione del rischio non è troppo complesso, ma tiene conto di tutti gli aspetti legati all’epidemia di Covid e alla risposta dei sistemi sanitari. Il fatto che siano usati diversi indicatori permette di limitare e controbilanciare gli effetti negativi dovuti al fatto che la pressione ospedaliera può avere effetti negativi sulla completezza dei dati. L’Iss, nel documento diffuso oggi, aggiunge anche che i dati relativi al monitoraggio sono aggiornati e costruiti tenendo conto dei tempi di incubazione del coronavirus. Inoltre, si usano gli indicatori più recenti, poi si effettuano dei calcoli per stimarne l’andamento e di ragionare sulla proiezione al periodo attuale. Alcuni non sono tempestivi perché vanno elaborati. Tra le critiche mosse all’Istituto superiore di sanità c’è la mancanza della pubblicazione dei dati in un database accessibile a tutti. A tal proposito, l’Iss spiega che ciò è dovuto al rispetto della privacy per quanto riguarda alcuni dati. D’altra parte, stanno cercando «di concerto con le autorità competenti» di sviluppare «ulteriori format di accesso ai dati nel rispetto della normativa».
ISS “TEST? CASI CONFERMATI SOLO DA TAMPONI”
In merito al sistema di valutazione del rischio, l’Istituto superiore di sanità (Iss) ha spiegato anche come funziona. Sono stati scelti 21 indicatori, tra cui 16 “obbligatori” e 5 opzionali per valutare probabilità di diffusione dell’epidemia, impatto sui sistemi sanitari e resilienza territoriale. «In epidemiologia, si considera maggiore la solidità di un’analisi quando più fonti di informazione confermano una stessa tendenza», scrive l’Iss. I dati vengono trasmessi dagli enti territoriali alle Regioni, che a loro volta li mandato al ministero della Salute e all’Iss. Vengono applicati poi degli algoritmi che, combinati, consentono di valutare il rischio per ogni Regione. Il sistema è complesso, ma è normale che sia così per l’Iss, secondo cui la «frequenza di aggiornamento è sufficiente a valutare l’andamento dell’epidemia». L’analisi dei trend permette di capire in che modo si sta evolvendo l’epidemia Covid. Ma si possono fare anche delle previsioni in base agli indicatori prospettici come Rt, proiezioni a 30 giorni di tassi di ospedalizzazione e valorizzazione dei dati su nuovi focolai che colpiscono le popolazioni fragili. L’Istituto superiore di sanità (Iss) si è espresso anche sui test: «Al momento la definizione internazionale di caso prevede che si possa confermare una infezione da virus SARS-CoV-2 solo con test molecolari».