Quasi 1 milione di posti di lavoro persi nel 2020 e il 45% delle imprese a rischio: gli effetti delle chiusure e dei lockdown, secondo l’Istat, sta producendo un livello di crisi economica e produttiva come mai avvenuto (o quasi) dal Dopoguerra fino ad oggi. I dati emersi ieri sulla rilevazione periodica dell’Istat si uniscono a quelli prodotti oggi nel “Rapporto 2021 sulla competitività dei settori produttivi”: nella presentazione avvenuta stamane in video collegamento, il presidente Istat Gian Carlo Blangiardo ha illustrato assieme al direttore dipartimento Francesco Maria Chelli i risultati sullo stato attuale delle aziende nel nostro Paese. «Una mappa della solidità delle imprese indica che circa il 45% è strutturalmente a rischio: esposte a una crisi esogena, subirebbero conseguenze tali da metterne a repentaglio l’operatività», riporta l’Istat sottolineando come in termini numerici solo l’11% di esse, ad oggi, «risulti realmente solido». Dopo quei 945mila occupati in meno in un anno registrati tra febbraio 2020 e febbraio 2021, nuovi dati allarmanti arrivano dall’Istat: «a fine 2020 quasi un terzo delle imprese considerava a rischio la propria sopravvivenza, oltre il 60% prevedeva ricavi in diminuzione e solo una su cinque riteneva di non avere subito conseguenze o di aver tratto beneficio dalla crisi».
I DATI PREOCCUPANTI DELL’ISTAT
L’economia è data in ripresa nei prossimi mesi, anche grazie all’importante spinta dettata dall’aumento delle vaccinazioni, ma le prospettive sul 2021 sono comunque considerate “limitate”: secondo il report presentato oggi, meno di un’impresa su 5 prevede normale ripresa dell’attività nei primi 6 mesi dell’anno. Entro fine 2020 il 32,4% delle imprese con almeno 3 addetti «riteneva ancora compromesse le proprie possibilità di sopravvivenza nei primi sei mesi del 2021», mentre il 62% prevedeva ricavi in diminuzione e meno del 20% «riteneva di non avere subito conseguenze o di aver tratto beneficio dalla crisi». I dati del rapporto Istat sottolinea come le piccole e piccolissime imprese (3-9 addetti di media) sono quelle maggiormente colpite, anche se non soprattutto per il crollo della domanda interna e la poca liquidità in circolazione.