Buone notizie per il mondo del lavoro dalle rilevazioni diffuse dall’Istat. A giugno, rispetto al mese precedente, all’aumento degli occupati si associa la diminuzione dei disoccupati e degli inattivi. Come evidenziato dall’Adnkronos, l’occupazione cresce di 82 mila unità – pari allo 0,3 per cento – per uomini e donne, per tutte le classi d’età e per i dipendenti, calando solo tra gli autonomi.



In rialzo anche il tasso di occupazione, ora al 61,5 per cento, in rialzo dello 0,2 per cento. Per quanto concerne il numero di persone alla ricerca di lavoro, questo è in ribasso del 2,3 per cento, pari a 44 mila unità. Il tasso di disoccupazione totale scende al 7,4% (-0,2 punti ), quello giovanile al 21,3% (-0,4 punti).



Istat, crescono gli occupati: +82 mila a giugno

Le buone novelle dell’Istat non finiscono qui. Secondo l’istituto, infatti, il dato degli inattivi tra i 15 e i 64 anni cala (-0,3%, pari a -43mila unità) per entrambi i sessi e tra gli over 24, restando sostanzialmente stabile tra i più giovani. In ribasso anche il tasso di inattività, dal 33,6 al 33,5 per cento. Tornando agli occupati, l’incremento si osserva anche confrontando il secondo trimestre del 2023 con il primo: nel dettaglio, +0,6 per cento per un totale di 147 mila unità. E ancora: il numero di occupati a giugno 2023 supera quello di giugno 2022 dell’1,7% (+385mila unità). L’aumento coinvolge uomini, donne e tutte le classi d’età, ad eccezione dei 35-49enni per effetto della dinamica demografica negativa. Sorride il governo Meloni, così Alfredo Antoniozzi, vice capogruppo di FdI alla Camera: “Mentre Schlein e Conte parlano, il nostro governo crea lavoro. I dati Istat che parlano di piu 82 mila lavoratori solo a giungo e di quasi 400 mila lavoratori occupati in più nell’anno dimostrano che la strada è giusta. Si tratta della migliore risposta possibile alle critiche di una sinistra strumentale evidentemente invidiosa del fatto che il governo Meloni sta creando lavoro e occupazione e che loro hanno speso trenta miliardi di euro in azioni assistenziali. La vera differenza tra noi è proprio questa”.

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