Il volontariato ha avuto un ruolo fondamentale nella pandemia Covid. Non ha solo affrontato la sfida, mettendosi a dura prova, ma l’ha pure vinta. Ma a colpi di crisi, per il non profit ora è emergenza. Infatti, l’Istat suona il campanello d’allarme: dal 2015 abbiamo perso il 15% di volontari. Erano 5,5 milioni e a fine 2021 sono scesi a quota 4,66 milioni. I primi dati della nuova rilevazione censuaria di settore sono stati presentati oggi da Alessandro Faramondi della Direzione centrale per le statistiche economiche dell’Istat. Il volontariato «non ha fatto venire meno il soccorso e l’aiuto, continuando a fornire il suo sostegno e assumendo un’importanza sempre maggiore», quindi nonostante «un quadro di crisi», il non profit «continua ad essere un presidio importante». Ma i dati non possono essere ignorati, anzi devono essere spunto di riflessione.



Come evidenziato dal Corriere, la rilevazione è stata effettuata da marzo a novembre 2022 su un campione ampio: circa 110mila istituzioni non profit su oltre 360mila totali. Parliamo di un mondo che impiega oltre 870mila dipendenti. I dati Istat evidenziano poi una spaccatura geografica importante: oltre metà dei volontari totali, il 56%, è nelle regioni del Nord e il 50% delle istituzioni non profit si trova nelle regioni settentrionali.



VOLONTARIATO, SFIDA DIGITALIZZAZIONE E CARENZA FONDI

Nella nota con cui Istat ha diffuso i primi risultati si evidenzia l’importanza dei volontari italiani, che «rappresentano uno dei pilastri portanti del settore, svolgendo attività che incidono fortemente sullo sviluppo economico e sociale del paese, sulla qualità della vita, sulle relazioni sociali e il benessere dei cittadini». Ma si rimarca anche un altro aspetto, «quanto sia stato più che mai rilevante il loro contributo nel far fronte alle vulnerabilità e ai disagi sorti in seguito all’emergenza sanitaria da Covid-19». Dai dati Istat sulle tendenze del non profit emergono anche indicazioni su orientamento dei servizi alle situazioni di disagio, digitalizzazione e reti di relazioni che il settore sviluppa sui territori. Queste ultime «sono un elemento fondante delle istituzioni non profit. Nove su dieci hanno sviluppato relazioni significative con diversi soggetti e il 36% con le istituzioni locali», ha dichiarato Sabrina Stoppiello della Direzione Centrale per le statistiche economiche di Istat, come riportato dal Corriere.



Per quanto riguarda il processo di digitalizzazione del settore, si registra una crescita, ma non è concluso: 8 organizzazioni su 10 usano almeno una tecnologia digitale, molte però devono ancora sviluppare la capacità d’uso di tecnologie più evolute rispetto alla sola connessione ad internet, come piattaforme e servizi di cloud computing. A rallentare la digitalizzazione del volontariato anche la carenza di risorse finanziarie e la scarsa cultura digitale, indicate rispettivamente dal 26,4% e dal 15,7% delle organizzazioni non digitalizzate. L’Istat rileva che l’86,5% delle realtà non profit attive censite nel 2021 è impegnato in attività rivolte alla collettività e al vasto pubblico, invece il 13,5% la orienta a categorie di persone con specifici disagi, come persone con disabilità fisica, psichica, sensoriale o relazionale (55,8%) e a quelle che versano in difficoltà economica (32,9%).