Istruzione parentale, è boom in Cina negli ultimi mesi e anche in Italia, seppure rappresentando ancora un fenomeno di nicchia e poco conosciuto dalle famiglie, sta prendendo piede per via della congiuntura sanitaria legata all’emergenza Coronavirus. Ma di cosa si tratta e quali sono i contorni normativi che regolano il cosiddetto “homeschooling”? Andiamo con ordine: da qualche tempo anche in Italia –ne rendiamo conto più avanti- la legge consente anche “ai genitori o a chi ne fa le veci di provvedere direttamente o in modo privato all’istruzione dei propri figli”. E questo infatti è quanto sta accadendo nella Repubblica Popolare Cinese, il primo Paese al mondo a dover fronteggiare la pandemia causata dal virus Sars-CoV-2.
Standoa quanto si apprende sono sempre più le richieste fatte dalle famiglie cinesi per ripiegare sull’istruzione parentale chiedendo pareri legali in merito (in modo da non incorrere in sanzioni), garantendo così un’alternativa all’educazione scolastica tradizionale e soprattutto tenendo al riparo i figli da eventuali rischi di contagio a contatto coi loro coetanei. Ovviamente c’è da tenere conto delle convenzioni internazionali e le leggi di ciascun Pase che tutelano come un diritto fondamentale quello per i bambini di andare a scuola, fatte salve ovviamente quelle situazioni (si pensi al lockdown) in cui era fisicamente impossibile; non va dimenticato che l’homeschooling ha dei limiti dato che l’istruzione fornita deve essere adeguata al livello scolastico dell’alunno da persone che ne hanno le competenze, e che poi gli apprendimenti andranno verificati tramite esame da svolgersi in una sede idonea.
ISTRUZIONE PARENTALE: COSE’E’ E COSA PREVEDE
Definiti i contorni della questione, vediamo cosa prevede in Italia la legge riguardante l’istruzione parentale del 2018 e che pare negli ultimi anni interessi sempre più famiglie soprattutto nel momento in cui il sistema scuola riparte dopo i mesi di inattività anche se, va detto, si tratta ancora di un numero relativamente esiguo (si parla di poco più di 1000 studenti nel 2014, trend confermato anche negli anni successivi). Una legge del 2005 prevede che i genitori possano provvedere in modo diretto o privato all’istruzione dei figli, tirando in ballo però anche eventuali tutori e dirigenti degli istituti, ricordando inoltre che a essere obbligatoria è l’istruzione, non la frequentazione della scuola.
Svolta nel contesto famigliare la “home education” diventa così un’opzione alternativa al sistema scolastico pubblico e paritario prevista dall’ordinamento giuridico italiano, con l’obbligo di rilasciare al dirigente della scuola più vicina una apposita dichiarazione, rinnovabile ogni anno e da verificare, in merito alla “capacità tecnica ed economica” nell’assolvere questo compito sottoponendosi anche a una sorta di vigilanza. Al termine di questo percorso lo studente dovrà sostenere comunque ogni anno un esame di idoneità per andare avanti negli studi. Quali sono i casi che la legge contempla affinché le famiglie possano esercitare tale opzione? Sicuramente motivi di salute, questioni logistiche, sfiducia nel sistema scolastico e motivi etico-religiosi o ideologici.
LA LEGISLAZIONE IN ITALIA E l’ESPERIMENTO NEL VICENTINO
Dal 2018 anche gli “homeschoolers” fanno parte dell’ANS (Anagrafe Nazionale dello Studente) e va ricordato che, come da circolare del MIUR, l’istruzione parentale può coprire tutto il percorso scolastico obbligatorio, comprendendo primarie e secondarie fino all’università. Secondo alcuni siti di settore, tra cui Controscuola, sarebbero oltre un migliaio le famiglie italiane che hanno scelto questa possibilità, diventando responsabili dell’educazione dei figli (a fronte delle oltre 70mila in UK): tra i motivi c’è il rifiuto del nozionismo, l’omologazione del percorso educativo e, più di recente, anche quelli legati alla situazione epidemiologica. Di recente è emerso che in Veneto e soprattutto nella realtà vicentina sono diverse le famiglie che scelgono di non affidarsi alla scuola statale o paritaria.
Lo hanno chiamato anche ‘apprendimento agile’ e a tal proposito si può citare il caso della “Flow Alc”, scuola nata nel 2015 a Sovizzo che prevede per i piccoli di trascorrere le giornate svolgendo anche altre attività ludiche, senza seguire pedissequamente i piani formativi elaborati dal Ministero, consentendo agli alunni di crescere ciascuno al proprio ritmo. Un caso più unico che raro nel contesto italiano ma che potrebbe prendere piede nei prossimi anni, sia perché da questo punto di vista il nostro Paese si sta adeguando a quanto avviene all’estero, sia perché molti genitori non si sentono sicuri a far tornare i figli a scuola visto il rischio ineliminabile di possibili contagi e in attesa che auspicabilmente prima della fine del 2021 sia stato approntato un vaccino per il Covid-19.