Con la chiusura delle offerte per Ita (inclusa Alitalia, in quanto detentrice del marchio), il nostro Governo in carica dimissionario, anziché decidere di “svendere” ai nostri diretti concorrenti francesi, avrebbe potuto salvare la faccia, rimandando il tutto al prossimo governo.
Credo che chi ha un briciolo di dignità indipendente verso chi sponsorizza come suo partito in teoria politico, e in pratica non lo è nessuno in Italia, dovrebbe auspicare che Ita non sia venduta a nessuno straniero e che lo Stato farebbe meglio a decidere con degli imprenditori italiani di rimettere in piedi una compagnia aerea degna del nostro paese con il marchio Alitalia, però con una struttura e un’amministrazione completamente diverse rispetto al passato, diretta alla crescita e alla ripresa di mercato.
Forse a qualcuno sembrerà un’utopia, ma abbiamo il 60% del mercato ancora aperto e disponibile e addirittura si potrebbe arrivare a un 70% in almeno due anni di operatività. Ita non raggiungerà mai queste percentuali. Forse qualcuno non ha ancora capito che il momento in cui abbiamo dato il marchio Alitalia è come se avessimo venduto il Colosseo agli stranieri. Capisco che ormai ci siamo forse scordati di quello che siamo ed eravamo, grazie all’involgarimento della nostra cultura e della nostra politica, che è passata dal potere solo delle caste al co-potere dei finti ex comunisti con l’Iphone e dei populisti uniti da personaggi machiavellici teleguidati dall’estero, che hanno creato i partiti che volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno e che vogliono rimandare gli immigrati tutti a casa, invece stiamo peggio – e anche Alitalia e Ita sono vittime di questa gente -, a parte l’anestetico del Reddito di cittadinanza, nuova droga statale fornita come sedativo.
Per vari motivi già descritti nell’ultimo articolo, speravo che il Governo si rendesse conto di come fosse meglio non accettare nessuna proposta straniera, in quanto anche quella (poi bocciata) con un socio quasi italiano, cioè Msc (sede a Ginevra in Svizzera, paese non Ue) in maggioranza e Lufthansa in minoranza, a mio avviso non sarebbe andata bene per niente, perché Msc si sarebbe affidata proprio a Lufthansa, in quanto non ha alcuna esperienza nel campo del trasporto aereo, e avrebbe portato Ita a essere una dependance degli hub già costituiti di Francoforte, Monaco, Vienna e Zurigo. Quindi Milano ce la saremmo scordata e Roma tutt’al più sarebbe diventata un hub di medio livello, mentre il resto d’Italia resterà in mano a linee straniere e il marchio Alitalia sarebbe stato al massimo utilizzato come leisure, charter o cargo, quindi non tornerà a essere il nostro simbolo nei cieli.
Non vedendo luci in fondo al tunnel, mi appello al settore turistico privato italiano – sistema alberghiero, agenzie di viaggio, tour operator e società di trasporto – a creare una cordata per investire insieme al governo con l’obiettivo di far rimanere Ita-Alitalia una realtà italiana, cercando di fare le scelte migliori per il nostro paese.
Ricordo che il sottoscritto ha un’idea-progetto, che sono pronto a mettere a disposizione, che offre le risposte utili per poter riprendere il mercato e avere una compagnia degna delle attuali grandi europee. Dobbiamo capire che le versioni delle altre compagnie di successo, che forse si vogliono copiare, non sono attuabili in Italia, in quanto siamo stati “divorati” dalle linee straniere, Alitalia non ha fatto bene il suo lavoro e l’Ue, imponendo la sua rigidità, ci ha dato una mazzata.
Qui ci vuole un “piano di guerra” per Alitalia, perché non possiamo accettare di essere esclusi e di doverci servire solo delle compagnie straniere. Ita, con il suo attuale piano industriale, farebbe meglio a cedere per prima il marchio Alitalia allo Stato italiano; poi, se la vogliono vendere anche all’Albania, facciano pure, tanto così com’è non va.
Il mio “piano di guerra” per Alitalia si basa sulla capacità di imporsi nei mercati aggressivamente: abbiamo un centinaio di destinazioni nel mondo e, se si crea il giusto network, possiamo essere dei leader in Europa, prendendo il mercato pi appetibile, che è quello in transito e in automatico quello con origine e destinazione in Italia.
La Turkish Airlines in pochi anni è riuscita a diventare la compagnia aerea che va in più paesi al mondo, senza avere i capitali del petrolio dei paesi arabi e anche come posizione geografica la Turchia ha una posizione strategica meno centrale rispetto all’Italia: non fa parte della Ue, ma attraverso anche altre compagnie aeree turche ha mantenuto il predominio nel suo territorio in relazione alle compagnie straniere, perché si sono fatti investimenti e i voli internazionali hanno più passeggeri in transito che quelli con origine e destinazione in Turchia.
In Italia con la nostra politica abbiamo fatto scappare gli investitori italiani e gli stranieri ci hanno colonizzato, prima dal di fuori, poi occupando i grandi spazi lasciati aperti. Serve una politica che veda lo Stato come grande facilitatore per investimenti italiani nel trasporto aereo, fissando regole adeguate e creando tutte le condizioni affinché i privati si facciano avanti. E’ assurdo che gli imprenditori italiani oggi preferiscano aprire compagnie aeree a Malta, in Spagna o altrove, e poi magari volino in Italia grazie alla nostra politica.
Un’Unione europea con i valori giusti deve avere regole tali per cui ogni paese membro debba preservare le industrie strategiche, avendo la libertà di fare delle inversioni su di esse per mantenere la sua sovranità intatta, evitando che altre compagnie di paesi membri finanziariamente più forti si accaparrino grandi quote, ma solo minime con un massimo del 5%. Invece questa Ue ha permesso la colonizzazione di imprese francesi, tedesche, olandesi in tante imprese strategiche in Italia, Spagna, Grecia e Portogallo. A mio avviso, tutti i trattati europei andrebbero rivisti, ma se chi ci rappresenta fa il gioco di altri paesi, forse ha ragione chi vuole uscire da questa Ue.
Se non siamo un paese in cui siamo destinati a fare solo i cuochi e i camerieri – come dice un mio amico ex Ceo di una grande compagnia aerea italiana -, c’è da augurarsi che spuntino, nel governo e nel settore privato, persone e imprese pronte a creare questa cordata. Lo Stato deve preservare Alitalia come industria strategica e marchio storico, come patrimonio nazionale, anche se non si trovassero investitori italiani, come ha recentemente fatto il Portogallo.
Inoltre vorrei salutare chi scrive dei commenti sui miei articoli anche un po’ offensivi: sono via dall’Italia da 37 anni, non mi paga nessuno, e forse non scrivo i paroloni dei professori che nessuno capisce, ma certamente comunico un’idea che liberamente può essere non accettata. Criticare è facile stando sul divano, lamentandosi, ma come vivere in un paese che per raggiungere una destinazione devi volare all’80-85% con compagnie straniere e via hub in Nord Europa, poi andando magari verso sud di nuovo e se ti va bene prendi due aerei, ma qualche volta 3 o 4? Questo è masochismo.
Nella vita ci vuole intelligenza, capacità di ammettere gli errori per non ripeterli, bisogna conoscere un po’ la storia e la cultura di dove si vive, ci vogliono rispetto, tolleranza, sensibilità, un po’ di astuzia a fin di bene e la capacità di fare gruppo senza invidie e gelosie: ho l’impressione che in Italia regni tutto il contrario e la nostra politica è lo specchio di tutto ciò, con ripercussioni su tutti gli aspetti della nostra vita e anche sull’economia.
Noi italiani all’estero, per certi aspetti, forse siamo più italiani di chi sta in Italia, perché amiamo i simboli italiani più di altri in quanto lontani. E Alitalia è un simbolo italiano: va preservato.
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