La trionfale “cavalcata mediatica” di Lufthansa verso l’acquisizione di ITA continua a briglia sciolta nonostante i dubbi degli esperti che riguardano l’intera operazione fin dalla sua nascita. Una trattativa che va avanti da più di tre anni, a seguito della cancellazione di un piano che se fosse stato invece approvato dal Governo allora in carica – Conte 2 – avrebbe permesso finalmente il decollo di un vettore storico, con un marchio famoso nel mondo e manager competenti a governare la rinata Alitalia.



Invece improvvisamente le cose cambiarono e tutto il progetto sfumò in un attimo… chi venne dopo organizzò l’operazione ITA, sostenuta da decreti legge ad hoc, la DG Competition europea diede il suo benestare, con un documento a lungo tenuto nascosto perfino al Parlamento che doveva deliberare sulla questione: sorge il sospetto che ci sia stato da qualche parte un vero e proprio mercato, in cui lobbies potenti abbiano deciso le sorti del vettore e le contropartite da ottenere lontano dai riflettori.



Ed eccoci oggi con un altro Governo ancora, dove si parla di vendere solo una parte di ITA, così da poterla mantenere saldamente in mani italiane: ma di certo in Germania la pensano molto diversamente, tengono un basso profilo in quanto certi che nel giro di pochi mesi saranno loro i direttori d’orchestra dei cieli italiani… con buona pace di compagnie aeree che sorgono ormai come funghi, frutto anche di investimenti nazionali, che avranno vita breve e travagliata se la torta finirà nelle mani di Berlino.

Il paradosso sta nel fatto che in questi anni in Germania si è manovrato esattamente al contrario di quanto Lufthansa vuol fare nel Bel Paese: si sono messe enormi risorse statali in una compagnia ormai tecnicamente fallita senza che nessuno – ma proprio nessuno, al contrario che da noi – avesse nulla da ridire su concorrenza o condizionamenti di mercato. Argomenti che da noi vengono sbraitati in tutti i talk show, gridando alla lesa maestà del mercato ogni qual volta si provi a proteggere aziende e settori nevralgici dalle acquisizioni straniere.



Questa pseudo trattativa sta ora entrando nella fase più delicata, quella nella quale si devono scoprire le carte. Che però pare siano piuttosto difficili da reperire: fino a oggi il contratto di cessione delle attività di volo – il ramo “aviation” – di Alitalia SAI a ITA ancora non è stato trovato. Parliamo di un contratto tra due società: una commissariata (quindi sotto controllo pubblico) e una interamente di proprietà di un ministero. Questo contratto si è perso tra due ministeri che dichiarano entrambi di non averlo: un sostanziale casino metafisico che farebbe suicidare Borges.

La faccenda è di importanza capitale perché c’è da risolvere uno dei nodi più importanti della questione, che i tedeschi vogliono rifilare direttamente allo Stato italiano: quello degli oltre 1.800 contenziosi (ergo cause) sollevati da lavoratori Alitalia che pretendono il rispetto delle norme. Chiedono di poter riottenere il loro lavoro a condizioni contrattuali invariate come previsto dall’art. 2112 del c.c. e da normative europee recepite in Italia che regolano i trasferimenti di ramo d’azienda.

Circa due anni fa la Camera dei deputati votò un decreto (senza conoscere il documento della DG Competition cui si accennava prima che ne dovrebbe essere il presupposto) che stabilisce che tali norme non si debbano applicare ai naviganti Alitalia, e solo a loro. Ciò ha consentito a ITA di falcidiare i salari di assistenti di volo e piloti, sebbene già dal lontano 2006 il costo del lavoro di Alitalia fosse già assolutamente concorrenziale rispetto a quello dei principali vettori europei, e di selezionare a proprio piacimento i naviganti da assumere.

Per tutti questi motivi il sindacato Assovolo, il principale tra i naviganti aerei italiani, ha organizzato un presidio per lunedì 9 gennaio davanti al Tribunale Civile del Lavoro di Roma: la questione appare al momento immersa in una fitta “nebbia” politica che nella pratica ha consentito di tenere nascoste le carte in tavola, impedendo di mostrarle con chiarezza.

E sarebbe un bene se la politica, o un giudice, risolvessero alla svelta questa intricata faccenda, prima che l’apparizione di quel documento in qualche aula di Tribunale possa dar vita all’ennesimo atto metafisico di una questione che, giunti a questo punto, possa impedire la risoluzione di una problematica ormai trentennale nei cieli italiani.

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