Nell’ambito dell’ormai intricatissima e metafisica questione ITA, dopo l’apparizione del discusso (e per certi versi surreale) decreto governativo che ha nella pratica sancito una discontinuità aziendale, lunedì scorso si è tenuta, presso il Senato della Repubblica, una conferenza stampa organizzata dagli avvocati che hanno vinto le cause nelle quali il famoso contratto di cessione “segreto” è apparso, alla presenza di avvocati costituzionalisti e delle organizzazioni sindacali che stanno difendendo i lavoratori ex Alitalia. Si è trattato di una riunione nella quale, presenti diversi parlamentari dell’opposizione nonché molti giornalisti, si è generato non solo stupore, ma anche indignazione per la decisione governativa.
Abbiamo chiesto un parere sull’intera questione a Carlo Furiga, Segretario generale del Sindacato Assovolo, una delle organizzazioni sindacali che ha promosso e vinto le cause intraprese. A lui chiediamo anzitutto un chiarimento sull’attuale confusione anche mediatica che sta investendo l’intera vicenda: «Siamo di fronte – ci dice – a una duplice interpretazione dei fatti avvenuti: o non è un trasferimento di ramo d’azienda, ma una cessione di beni e compendi, quindi il prezzo pattuito di 1 euro è non conforme, e si aprono scenari di pesanti responsabilità da parte di chi ha gestito il tutto, causando un enorme danno ai creditori, non rispettando neppure il “prezzo di mercato” richiesto dalla Commissione europea; ed esiste il rischio di perdita di tutti gli slots che non sono cedibili se non con l’acquisizione dell’azienda, non come singoli beni. Oppure è un trasferimento d’azienda, ma potenzialmente nullo, alla luce della mancata registrazione del contratto di cessione presso il Registro delle imprese presso la Camera di Commercio».
Ma allora cosa rappresenta in Decreto Governativo?
Stanno tentando la terza via, è un trasferimento di ramo d’azienda ma si poteva ovviare all’applicazione del 2112. Che lo fosse, e che necessitava di un percorso legale è provato dal tentativo non riuscito di giungere a un accordo con le parti sulle basi dell’art .47 legge 428 del 1990. Una volta conclusosi con un verbale di mancato accordo, per non imboccare l’unica via possibile col 2112, hanno messo in atto questo teatro.
Quindi, giunti a questo punto, quali conclusioni o ipotesi si potrebbero trarre sul futuro dell’intera questione ITA?
L’apoteosi con il Governo che entra a gamba tesa con un DL d’urgenza nel voler mettere la pietra tombale sui ricorsi, legifera una “novità” nel discutibile interesse proprio. Su questo aspetto sanno benissimo che possono allungare il brodo, ma c’è l’enorme rischio di scontrarsi, come con un TIR, con la Corte di giustizia europea, che su fatti analoghi è stata molto chiara.
E quindi cosa si rischia?</b
Resta il fatto che il contratto di cessione possa esser dichiarato nullo…
Vista questa eventualità, come può Lufthansa gettarsi in quello che rischia di trasformarsi in un boomerang, anche mediatico oltre che finanziario (calcolando i costi immensi di una simile decisione Ue)?
Evidentemente i ritardi, anche solo nel presentare la richiesta alla Commissione europea, non possono esser casuali. Purtroppo tirano la corda nella speranza si spezzi, per poi raccogliere le briciole di ITA e la vera componente ricca, gli slots e il mercato.
In questi giorni, su alcuni organi di stampa, è scoppiata pure la questione degli eventuali indennizzi che ITA dovrebbe dare ai lavoratori Alitalia attualmente in Cigs, che hanno generato non poche polemiche…
Confusione creata ad arte per disincentivare i lavoratori a intraprendere o proseguire le cause anche nei successivi gradi di giudizio. In realtà, quanto eventualmente dovuto si evincerà al termine dell’intero iter processuale e nel limite di quanto percepito da ITA, che al momento non ha ben compreso l’intero ammontare di quanto deve pagare in base alla sentenza favorevole ai lavoratori; ha anticipato una somma, ma non è l’importo individuale richiesto nel ricorso, citato appunto in sentenza. Coi legali, stiamo provvedendo al recupero forzoso per i ricorrenti”.
(Guido Gazzoli)
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