Su quel gran bailamme che è tuta la questione Alitalia-ITA credo che bisognerebbe fare un po’ di chiarezza, ma non solo su tutta una operazione industriale che ha registrato negatività dal 2001 spesso oltre il limite dell’imprevedibile, ma soprattutto nella sua parte “ideologica”. La contrapposizione avviene, come tante altre, in una Italia che ormai risulta spaccata ideologicamente in due qualsiasi cosa si tratti, con accuse di “fascismo” spesso dette da chi si ritiene titolare del pensiero unico radical chic ZTL (quasi sempre senza capire minimamente cosa significhi il termine per non aver avuto un vissuto o perché malato di oltranzismo). In questo caso la divisione, ormai da tempo, è tra chi è privatista a oltranza e si ritiene liberista e chi invece vede ancora nello Stato una soluzione alla problematica.
C’è un altro termine che, non capito nel suo senso, gira molto nella questione: quello di “sovranista”, che viene accomunato, pure lì, come sinonimo di fascista. In queste righe credo di aver racchiuso, ideologicamente parlando ma pure economicamente, tutte le ragioni che spiegano come mai, ormai, non solo nei cieli ma pure sulla nuda terra l’Italia ha perso o sta perdendo il controllo di settori importantissimi per la sua economia, ma anche per il suo sociale ormai distrutto. Secondo me, ma non solo, uno Stato dovrebbe assicurare il benessere dei propri concittadini (che, si badi bene, sono anche elettori) cercando di far funzionare nel miglior modo possibile l’economia e anche tutto ciò che contribuisce a migliorarla. Salute, istruzione e trasporti e comunicazione sono i cardini dello sviluppo di una nazione in quanto tale (quale ancora dovremmo essere).
Occorre forse ricordare ai più che la vecchia Alitalia nel 1998 stava creando un’alleanza che l’avrebbe portata ai vertici europei? E che guarda caso questa manovra era stata studiata da un amministratore delegato che in AZ ci aveva fatto 35 anni dentro e da un presidente ingegnere aeronautico? Il matrimonio con KLM, che avrebbe portato in dote il primato, venne letteralmente seppellito da una strana alleanza tra una politica nostrana più legata all’Italia dei Comuni che alla nazione vera e propria e una Unione Europea già governata da lobby molto forti che vedevano un pericolo grandissimo nella creazione del mega vettore. La politica ignorante era capitanata da una parte dalla Lega di allora, che difendeva a spada tratta il cosiddetto “hub” (che mai fu tale) di Malpensa (ricordate gli interventi di fuoco di Bossi e Paragone sull’argomento?) stranamente alleata con il duo Prodi e D’Alema che però puntavano sulla Ue.
Il risultato fu una decisione scellerata che impose ad Alitalia di non potersi sviluppare attraverso una serie di diktat messi in atto dalla Ue dopo che la richiesta di un prestito allo Stato a interessi bancari fatta da AZ per uniformare la flotta dei jumbo con quelli olandesi venne falsamente interpretata come aiuto dello Stato stesso. Strano perché il prestito era tale e con un interesse dell’8%: anni prima la stessa Ue aveva letteralmente “sorvolato” su due finanziamenti fatti a Iberia ed Air France con interessi decisamente inferiori, ma considerati regolari. La cosa provocò le dimissioni di Cempella e la discesa di AZ negli inferi, aiutata da Governi che da quel momento hanno cercato di difendere sì la “statalità” di Alitalia, ma con manovre talmente prive di conoscenza del settore da provocare altrettanti “harakiri” che sono costati miliardi, come tutti sappiamo.
Quello invece che non risulta nelle nostre testoline è che al di fuori dei nostri confini, stati che si ritengono “virtuosi”, applicando la “fascista” teoria del sovranismo, abbiano difeso a spada tratta non solo le proprie compagnie aeree, ma tutti i settori da loro ritenuti economicamente vitali: Francia e Germania sopra tutti. E lo hanno fatto con aiuti di Stato notevolissimi però anche con una buona dose di conoscenza, appoggiando veri piani industriali concepiti da chi è esperto del settore. Noi invece no. E parliamoci chiaro: la manovra Ue sopra elencata fu una banalissima scusa per affossare una compagnia che avrebbe letteralmente “rotto le scatole” ai vari interessi nazionali. Anche perché giova sapere che i vettori stranieri avevano (e hanno) nel traffico italiano la seconda fonte di ricavi dopo quella nazionale: ma all’epoca fummo in pochi a registrare questa importantissima questione.
Prima di andarsene Cempella promosse un’azione legale contro la Ue alla Corte dell’Aja che, dopo tre anni, gli diede ragione. Ma stranamente i soldi Ue non arrivarono mai perché nel corso del tempo la causa si diluì fino a sparire del tutto, frutto di ricorsi che, per il comportamento dello Stato italiano, puzzano di “concordato” lontano un miglio. Altro particolare “dimenticato” riguarda la fuga di KLM dall’alleanza, dovuta solo parzialmente al diktat UE che affondò AZ: nel corso di una riunione a Roma l’amministratore delegato olandese venne con una proposta alquanto “pirata”, ossia concentrare la sede della nuova compagnia in Olanda, lasciando in Italia solo il settore cargo. Cempella ricordò al suo collega che il valore dell’azione Alitalia era quasi il triplo di quello KLM: quindi nelle decisioni sul futuro del vettore il peso di AZ sarebbe stato superiore. A questo punto gli olandesi iniziarono a pensare alla fuga, che gli costò una penale di svariati milioni che, anni dopo, servì a ripianare il bilancio deficitario della nostra compagnia (ad Mengozzi).
Da registrare inoltre che, nel corso degli anni e al contrario che in altre nazioni, in Italia iniziarono le urla dei “talebani del liberismo low cost” che purtroppo ebbero un seguito politico: si basavano sul mantra dei famosi “biglietti a 20 euro” al quale abboccarono una infinità di persone che iniziarono a pretendere la sparizione di Alitalia. Risultato? Negli ultimi 20 anni si è assistito a uno sviluppo a livello monopolistico del lowcost (in particolare di Ryanair) sui nazionali solo che il “successo” è stato sponsorizzato (caso unico in Europa) da uno Stato che ha letteralmente foraggiato con miliardi tutto questo sistema “liberal” che ora pratica tariffe sempre nazionali (settore dove ha il monopolio) stellari e continua a ricevere soldi. Pura metafisica, anche perché i pesci che avevano abboccato all’amo ora reclamano e rimpiangono Alitalia: ma ormai il danno è consumato.
Però in un Paese dove lo sport nazionale sembra essere quello dell’harakiri, la storia si è ripetuta in questi anni: con l’apertura di una nuova compagnia aerea gestita talmente male da far rimpiangere gli “elefanti” del passato, che pure di disastri ne avevano combinati una cifra. Ora il motto dei talebani liberal è quello di “cedere a Lufthansa” tutta la compagnia, perché i filantropici tedeschi svilupperanno il settore nel nostro Paese, puntando sull’hub di Malpensa. A parte che i cieli gestiti da stranieri sono, come altri settori economici, funzionali ai loro interessi, vi immaginate una Lufthansa che punta su di un aeroporto situato a soli 20 minuti di volo dal suo importantissimo hub di Monaco di Baviera? Ecco, quindi, che i talebani e i loro seguaci verranno presto accontentati, perché in pratica i voli intercontinentali partiranno da Francoforte e Monaco e gli aeroporti italiani saranno solo loro fornitori di traffico, ovviamente con prezzi altissimi. Triste fine per un Paese che nel 2000 aveva due hub su cui svilupparsi localizzati strategicamente uno rivolto all’Europa (Malpensa) e l’altro (Fiumicino) ai Paesi del Mediterraneo? La soluzione è ancora possibile e ve la illustrerò in un altro articolo, toccando ferro insistentemente, dopotutto il Portogallo, in una situazione peggiore ma con piani sensati, ha fatto risorgere la propria Compagnia Aerea TAP, che ora gode di ottima salute.
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