Credo che siano in molti (per non dire tutti) a ricordare come, nel corso della sua campagna elettorale, l’attuale Premier Giorgia Meloni, con Onorevoli del proprio partito, fossero fermissimi, per non dire addirittura urlanti, su due punti (tra i tanti) che venivano ritenuti di importanza primaria per la “Nazione” Italia: fermare una volta per tutte il traffico di persone, ridotte da organizzazioni criminali che lo portano avanti da circa 20 anni al ruolo di schiavi veri e propri, e proclamare l’italianità della nostra economia come fattore che doveva essere difeso e sviluppato, in modo da imitare il concetto di sovranismo che, all’interno di una Ue ormai ridotta malissimo a livello di continentalità, molti Paesi hanno instaurato su tante questioni.
Sul primo punto abbiamo assistito a un dietrofront totale e il numero degli sbarchi ha raggiunto cifre mai viste prima, alla faccia delle promesse fatte.
Nel corso degli ultimi vent’anni abbiamo assistito anche alla demolizione di interi settori importantissimi per la nostra economia (si pensi, ad esempio, a quello dell’auto praticamente scomparso) e alla loro cessione a entità appartenenti a Stati stranieri. Insomma: l’Italia è ridotta da anni ad una specie di supermercato dove, senza nessuna regola, si svendono asset importantissimi, anche se poi abbiamo la faccia tosta di continuare a propagandarli come simboli del “made in Italy”.
Poco tempo fa ho potuto vedere addirittura un servizio televisivo dedicato a una mostra sull’Alfa Romeo svoltasi a Milano, dove la stessa casa automobilistica (da anni nel gruppo Fiat, ora Stellantis a maggioranza francese) veniva riproposta come “simbolo di una milanesità” che però appartiene ormai a un passato remoto e che diventa assolutamente patetico al giorno d’oggi.
Ma in questi giorni l’attenzione mediatica è posta sulle critiche di Meloni a Gentiloni e sul suo presunto favoritismo nei confronti di una Ue che, come sempre, si mette contro gli interessi italiani e rischia, con la sua impasse, di far saltare “l’italianissima” compagnia aerea ITA.
Il comico della faccenda è che la strenua difesa nazionale (ergo il reclamo meloniano) si basa invece sul presunto ritardo, imposto dalla Commissione europea, di una possibile cessione del vettore alla Lufthansa, quindi in pratica alla Germania.
Abbiamo sempre sostenuto come tutta questa operazione ITA ci sia apparsa un tentativo, pure maldestro perché pessimamente partorito, di creare qualcosa che, condotto malissimo e soprattutto senza una cultura del settore aereo, avrebbe portato in tempi brevissimi non solo allo sperpero di capitali ingenti per operazioni rivelatesi fallimentari, ma anche al rischio della completa sparizione del nostro Paese dall’importantissimo mercato dei cieli, arrivando a un grounding che lederebbe in maniera incredibile i nostri interessi non solo legati al turismo, ma pure all’economia.
Capirlo non è difficile, ma perseguire una manovra del genere arrivando addirittura ad appoggiare una operazione “uber alles” suona, tanto per ripeterlo, come metafisico, quasi se la “nostra” Premier si fosse trasformata in quella della Germania.
Nell’ultimo articoloabbiamo proposto anche un’operazione che potrebbe salvare il nostro mercato aereo basata sia su una definitiva regolamentazione “interna” a suon di decreti sui requisiti di sistema che riducano (come fanno altri Paesi europei) quello che ormai è un monopolio delle rotte nazionali e di prezzi decisamente… “stellari”, che sulla creazione di un vero vettore nazionale dove lo Stato, anche in minoranza, possa però mantenere un controllo. Ma sopratutto (e lo ribadiamo) gestito da persone esperte del settore e non da improvvisati manager che oltretutto, alla fine dei loro fallimenti, si attribuiscono benefit consistenti per “i risultati raggiunti” (sic!).
Buttarsi completamente in mani tedesche vuol solo dire arrendersi e non avere più nulla nei cieli, visto che, come sempre accaduto dai tempi dei Fratelli Wright, non si è mai visto un vettore acquisire un altro e svilupparlo, ma invece mangiarselo e farlo sparire, magari anche con qualche trucco di facciata (ad esempio, resuscitare il nome Alitalia).
Il Portogallo, lo ripetiamo, è riuscito con una propria aerolinea in condizioni davvero pessime a farla resuscitare e ora TAP è una delle migliori compagnie europee…la Turchia pure (e ora Turkish è leader del mercato mediterraneo dove noi, con la posizione centralissima dell’hub di Fiumicino, avremmo un vantaggio consistente).
Ma per far ciò non bastano le urla alla Wanna Marchi di un recente passato: occorrono fatti e politiche finalmente intelligenti… se vogliamo salvare quello che ogni giorno di più si è trasformato da Repubblica in un Viceregno. E anche impegnarsi seriamente affinché l’Ue possa finalmente essere la messa in pratica di quel “Manifesto di Ventotene” che se letto non può non appassionarci… all’inizio…, ma poi farci schiumare di rabbia per come si è trasformata quella che doveva essere un’Europa unita: una gigantesca “lobby” nelle mani di altrettanti “Marchesi del Grillo” che impongono regole che spesso loro sono i primi a non rispettare. È ora di dire basta e pretendere di proiettare la nostra amata Italia verso un futuro di prosperità economica propria, con politiche per il bene comune e una classe politica trasformata nell’esatto contrario dell’attuale (da decenni) Casta.
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