Che tutta la vicenda ITA costituisca un esempio di metafisica economica e politica lo sosteniamo da tempo: non solo per la raffica mediatica fatta di articoli altisonanti su tutta l’operazione che poi alla fine si concretizza in tutto l’opposto di quanto scritto, ma pure per fatti che vengono ritenuti imminenti e conclusivi che invece poi si rivelano operazioni un po’ più complicate. C’è solo l’imbarazzo della scelta in questo remake fantascientifico che però sembra legatissimo non solo a una nazione come la nostra che ha dato i natali a Pirandello e a Tomasi di Lampedusa (suoi grandi conoscitori), ma anche a un sistema che ormai è composto da attori non proprio detentori di principi etici e morali sopra le righe.



Si parla di cessione a Lufthansa da molto tempo, anche oltre l’esclusiva che questa compagnia ha avuto per trattare, e sembra che ogni giorno si arrivi alla conclusione della vicenda: ma ecco che poi (come d’altronde segnalato in altri articoli sul Sussidiario) compare sempre qualcosa che pospone il finale e lo rimanda, quando non lo decora con scoop giornalistici che alla fine si rivelano “colpi d’aria” al vento.



Le cose chiare esistono, ma si ha la capacità di modificarle fino a raggiungere vertici fuori da ogni logica: ad esempio, una sentenza del Consiglio di Stato (esattamente la numero 860 del 2023) dello scorso 25 gennaio stabiliva come il sempre più misterioso contratto di cessione tra Alitalia in Amministrazione straordinaria e la nuova ITA fosse un accordo raggiunto tra due società chiaramente di proprietà dello Stato dove la prima cedeva il complesso dei beni e rapporti giuridici funzionali alla continuità delle attività di volo a fronte di un corrispettivo complessivo di 1 euro + Iva. Includendo nell’oggetto della cessione contratti di leasing relativi ai 52 aeromobili, gli slot e i diritti di traffico, i marchi e i nomi a dominio, i diritti di autore, il know-how, il software, le banche dati, i sistemi informativi, i rapporti contrattuali con terzi fornitori di beni o servizi, information technology, accordi con compagnie di navigazione e altri funzionali all’attività di volo. In pratica se sommiamo le varie diciture otteniamo come risultato una compagnia aerea intera di fatto, non a fascicoli settimanali…



Ora visto che la sentenza già citata, lo ripetiamo, è del Consiglio di Stato, non si riesce a capire come mai il famoso articolo 2112 che regola i diritti dei lavoratori in caso di passaggio della società (oltretutto tra due figure statali a tutti gli effetti) possa subire il circo Barnum di un’interpretazione che, al contrario della regola, cambia completamente le carte in tavola inventandosi una discontinuità che rimane, lo ripetiamo, nella fantasia di qualcuno.

Inoltre, c’è da aggiungere che questa società “nuova” ha accumulato un passivo che, se includiamo pure la trimestrale del 2023 raggiunge i 600 milioni di euro, non considerando i circa 250 milioni che l’azienda dovrebbe accantonare per i ricorsi per il riconoscimento della continuità lavorativa del personale ex Alitalia.

Ora rimane da capire (ma non è poi così difficile) come una compagnia terza voglia acquisire il 40% conoscendo benissimo la situazione e pretendendo dallo Stato italiano di provvedere al pagamento delle spese per la quantità di cause fatte da ex dipendenti che, dotati di un invidiabile know-how e professionalità (che costituiscono alla fine il vero valore di un’azienda, anche se in Italia questo si continua a non capirlo) dovrebbero accedere in una società, in perfetta continuità con la loro ex compagnia, a condizioni di lavoro pesantemente peggiorative.

È ovvio che se si entra in un’operazione bisogna assumersene le responsabilità: oltretutto in una situazione che, cifre alla mano, sta diventando sempre più critica ma anche risolvibile con una cosa chiamata buon senso, tanto più che anni fa (credo 4) alle prime avvisaglie di una sua entrata nell’operazione, la stessa Lufthansa aveva dichiarato che il costo del lavoro allora vigente in Alitalia SAI non comportava problemi.

Sarebbe ora (da mo’) che il Governo e la compagnia tedesca si parlassero seriamente: ma pare che a livello governativo tutti siano impegnati nella costruzione di un ponte che, secondo un espertissimo ministro dei Trasporti comporterà un risparmio “di almeno 140 mila tonnellate di CO2 nell’aria e si ripulirà il canale di Sicilia”. Se queste sono le premesse…. diamo i cieli italiani per persi definitivamente.

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