L’intervista da noi pubblicata con il segretario nazionale dell’Organizzazione Sindacale Assovolo, nella quale venivano spiegate le sacrosante ragioni che hanno portato alla famosa sentenza di giovedì 15 giugno nella causa tra ITA e i lavoratori ex Alitalia, ha scatenato un’attenzione veramente notevole soprattutto per lo smantellamento del pensiero comune diffuso da vari “esperti” del settore (almeno così si definiscono) che sulle testate con le quali collaborano hanno insistito sul fatto che questa è la prima e l’unica sentenza favorevole ai lavoratori dopo che, in cause uguali precedentemente, le stesse tesi siano state respinte.
Per rinfrescare la loro memoria, visto che nella stampa mainstream continuano nelle loro tesi metafisiche, gioverebbe ricordare che si è trattato della prima causa nella quale, finalmente, era presente il documento più importante di questa annosa questione: il contratto di cessione tra Alitalia SAI e ITA.
Basterebbe leggerlo per capire facilmente il perché le varie sentenze in negativo per i lavoratori siano state tutte “viziate” dalla mancanza di pezzi di documentazione, tenuta ben nascosta da due società sotto il diretto controllo dello… Stato, ergo Alitalia SAI commissariata e una ITA interamente posseduta dal Mef e sancita dal Consiglio di Stato come a controllo pubblico. Il contratto svela che c’è stata continuità al punto che la prima società si impegna a mantenere tutto l’operativo fino alla mezzanotte del 14 ottobre 2021, poiché ITA rileva il ramo funzionante alle 00:01 del 15 ottobre.
Ma qualora gli “esperti” volessero la prova del nove del tutto farebbero bene a cercare un documento, pubblico, consegnato alla IX Commissione trasporti della Camera dei deputati, redatto dal Segretario generale della Uil e datato 29/9/2021 (numero di protocollo 1757/2021) nel quale si spiega per bene, e ben prima, cosa sarebbe accaduto di illegale, rivelando altresì quali falsità sono state usate nella “lettura” della missiva autorizzativa della DG Competition dell’Ue.
Tra l’altro negli atti del contenzioso, riguardo la dichiarata procedura liquidatoria, ci si chiede come sia stato possibile periziare il valore di 1 euro+Iva quella sfilza di beni contenuti in oltre 200 pagine di allegati, recando un danno ai creditori, richiamando i Commissari straordinari, i Giudici del Tribunale Fallimentare di Civitavecchia e i vertici del Ministero a tale responsabilità: “potendosi quel prezzo spiegare (e giustificare) solo come corrispettivo connesso all’esigenza primaria di conservare, cedendolo, un ramo d’azienda (che genera passività) e non certo come corrispettivo della liquidazione di singoli beni (che generano ricchezza)”.
Mi pare quindi che le cose siano andate molto diversamente da quanto citato dai nostri cari “esperti” che oltretutto dovrebbero stappare champagne perché la sentenza emessa giovedì scorso mette al riparo il mantenimento dei preziosissimi slot e oltretutto assicura il reperimento di un “materiale umano” ad altissimo know-how e alle condizioni dignitose che si sarebbero dovute applicare fin dalla nascita di questa “nuova” realtà dei cieli italiani.
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