Che l’Italia, almeno economicamente, sia ridotta più a un Viceregno che a una Repubblica è cosa ormai nota e non passa giorno che non accadano fatti che arrivano a confermarci questa visione: con buona pace del mondo politico che spesso associa la parola sovranismo a quella di fascismo diventato il leitmotiv anche della scorsa campagna elettorale da parte di alcuni partiti, decretando invece il successo di FdI, che fino ad allora aveva avuto percentuali di voti molto basse ma che in un battibaleno è passato al 26%.
Nella sua campagna elettorale l’attuale Primo ministro Giorgia Meloni, come tutti ricordano, aveva sostenuto un Paese gestore delle proprie risorse economiche essenziali, per un ritorno al controllo nazionale, anche attraverso lo Stato, di settori vitali, un po’ come accade in Francia, Germania, Spagna e molti Paesi dell’Ue, da anni pronti a volerseli accaparrare (i nostri), ma sempre disposti a difendere i loro se qualcuno (straniero ovviamente) tenta anche solo lontanamente di entrare, pure in minoranza, nei capitali. La cosa metafisica (tra le tante) è che una volta eletta, Meloni ha cambiato questa sua giustissima visione di 180 gradi diventando non solo favorevole alla cessione di ITA a Lufthansa, ma pure quella della rete TIM in mani statunitensi, come se non avesse importanza nel nostro Paese.
Il tutto mentre pochi giorni fa la Fiat, diventata da alcuni anni francese, nelle mani del gruppo PSA (che detiene la quota di maggioranza della società Stellantis), dopo che per decenni era stata letteralmente salvata dallo Stato italiano, ha annunciato che la nuova Multipla verrà prodotta negli stabilimenti di… Kenitra, in Marocco: il tutto mentre non solo la produzione del marchio “italiano” è quasi del tutto effettuata in Paesi terzi o in Francia (eh… sti sovranisti!), ma anche l’intero terzo settore ha chiuso i battenti e la progettazione è ormai Oltralpe.
Ma la sudditanza economica ha investito tutti i settori più importanti e solo adesso si inizia a capire cosa può significare la problematica: e per farlo dobbiamo tornare nei cieli… ex nostri. Come tutti sanno da ormai due decenni si assiste alla penetrazione, oltretutto spinta da ingenti aiuti dello Stato attraverso il sistema di co-marketing, delle compagnie low cost che ormai hanno di fatto il controllo dei voli nazionali. E che, ovviamente, con il trascorrere del tempo sono andate molto al di fuori del classico refrain dei biglietti a 20 euro che hanno montato, sponsorizzati da sedicenti “esperti” del settore, la protesta popolare e politica nei riguardi della nostra ex Alitalia, e adesso, caso unico (considerato pure il fatto che siamo la seconda o terza forza economica Ue), il Paese non dispone di una compagnia di bandiera di riferimento con la quale regolare il mercato.
Da qui i rincari elevatissimi dei biglietti (giustificati con quelli di carburante, anche se il suo prezzo è crollato), che hanno sollevato le proteste, a volte cocenti, di migliaia di passeggeri e di Regioni come la Sicilia e la Sardegna che solo ora, forse, capiscono come mai in altre nazioni esistano vettori nazionali, controllati in vario modo dagli Stati, in grado anche di calmierare il mercato. Noi invece abbiamo una ITA che, oltre alle condizioni economiche in cui versa, non ha in pratica nessun peso per regolare questa corsa al rialzo astronomico delle tariffe.
Ciò ha indubbiamente effetti immediati sia sul mercato che sul controllo del turismo di un Paese che, stando agli accordi presi poco tempo fa, procederà alla “graduale dismissione, da parte del Mef, dell’intera parte detenuta in ITA a favore di Lufthansa. Almeno così recita un documento diffuso il 14 giugno… In poche parole, il turismo, che negli anni è diventato ormai il settore portante della nostra economia, “godrà” del controllo dei cieli principalmente da parte tedesca, visto che la Lufthansa ha fatto ben capire di voler creare in Italia le stesse regole “sovraniste” operanti nel suo mercato nazionale.
Rimane sempre però l’ombra del dubbio su come tutta questa operazione possa essere portata a termine per delle problematiche oggettive che impediscono la sua realizzazione e che ci illustra Davide Carovana, Segretario generale del sindacato Assovolo.
Perché considera la possibilità secondo la quale l’accordo con Lufthansa possa saltare?
La possibilità che l’accordo possa saltare ce la dice una nota congiunta del 14 giugno 2023 sull’operazione tra il ministero dell’Economia e delle Finanze e ITA – Italia Trasporto Aereo con oggetto l’accordo di investimento in fase di formalizzazione relativo alla dismissione della partecipazione detenuta dal Mef in ITA. La nota fornisce una sintetica illustrazione dei presupposti giuridici e fattuali sui quali si fonda l’operazione con due presupposti essenziali e imprescindibili. Il primo presupposto è che non intervenga una pronuncia della Commissione europea, di segno opposto alla decisione assunta dalla medesima autorità in data 10 settembre 2021, che dichiari la “continuità” tra Alitalia in Amministrazione straordinaria e Italia trasporto aereo e che possa determinare un potenziale recupero degli aiuti concessi dal Mef ad Alitalia anche nei confronti di ITA (evento di continuità aziendale).
Quindi?
Orbene: ITA prima e Alitalia poi sono state costrette a rendere pubblico il contratto di cessione di complessi di beni e contratti sottoscritto dalle due aziende in data 14 ottobre 2021. In tale contratto vengono ceduti il complesso dei beni e i rapporti giuridici funzionali al “perimetro aviation” cioè tutta la compagnia area Alitalia con esclusione dei servizi ancillari quali quelli aeroportuali, la manutenzione e il programma millemiglia. Quindi Alitalia/ITA diventa una compagnia area al pari di Austrian, Brussel Airline, Eurowings, Swiss facenti parte del Gruppo Lufthansa. Ma il contratto di cessione del perimetro aviation ci dice dell’altro.
Cosa?
Nelle 26 pagine di contratto e nelle 226 pagine di allegati si scorge una “continuità” tra le due aziende al punto che si fa molta fatica a scorgere una qualsiasi discontinuità. Oltretutto, punto importante, il contratto di cessione presenta anche dei profili di nullità in quanto non pubblicizzato alla Camera di Commercio. Pertanto, se la Commissione europea decidesse che il Governo italiano non ha rispettato tutte le indicazioni sancite in data 10 settembre 2021 nel successivo contratto di cessione del 14 ottobre 2021, il Gruppo Lufthansa sarebbe tenuto a restituire sia il prestito Alitalia e l’investimento ITA, con tutti i beni e contratti che ritornerebbero in Alitalia. Un Giudice del tribunale di Roma ha già emesso un dispositivo in tal senso accertando la sussistenza del trasferimento di ramo di azienda tra Alitalia e ITA verificatosi in attuazione del “contratto di cessione del complesso di beni e contratti” concluso tra le parti in data 14 ottobre 2021.
Qual è invece il secondo presupposto indicato nella nota dello scorso giugno?
Il secondo presupposto è che non si verifichi un cambio di giurisprudenza nell’interpretazione delle norme applicabili in merito al contenzioso lavoristico attivato da taluni dipendenti di Alitalia afferenti al “ramo aviation” per vedersi riconosciuto il passaggio automatico del rapporto di lavoro in capo a ITA – Italia trasporto aereo ai sensi e per gli effetti dell’art. 2112 cc. (Eventi Procedimenti Lavoristici).
E da questo cosa si deduce?
Che nella nota evidentemente gli estensori riconoscono la presenza del “ramo aviation” e anche un Giudice del lavoro del tribunale di Roma ha dichiarato il diritto dei ricorrenti alla prosecuzione del rapporto di lavoro alle dipendenze della società Italia trasporto aereo con decorrenza dal 15 ottobre 2021, quindi dalla mezzanotte e un minuto del giorno dopo la cessione dei beni e dei rapporti giuridici. Assovolo si è opposta fin dall’inizio alla deroga sull’applicazione dell’art. 2112 del cc patrocinando centinaia di ricorsi presso i tribunali civili del lavoro di Roma e Milano e circa altri 200 ricorsi sono pronti a essere depositati entro la fine del mese di luglio arrivando a un totale di circa 1.800 ricorrenti. In data 13 luglio 2023 i 67 ricorrenti vittoriosi ex Alitalia hanno ricevuto una comunicazione da parte di ITA, a firma dell’Amministratore delegato Fabio Maria Lazzerini, di ritorno in servizio, con passaggio automatico e con il pagamento delle mensilità arretrate dal 15 ottobre 2021. Quindi, i presupposti giuridici e fattuali delle condizioni poste da Lufthansa attualmente non ci sono: e se è vero quanto dichiarato nella nota congiunta, il Gruppo non formalizzerà la proposta di acquisto.
Quali prospettive si aprirebbero a questo punto per il vettore Italiano?
Anche questo ce lo dice ITA direttamente per mezzo dell’Amministratore delegato Fabio Maria Lazzerini nelle sue ultime interviste. I conti di ITA non sono ancora in ordine e l’azienda aveva previsto di perdere soldi nel piano industriale. La compagnia aerea ha chiuso il 2022 con una perdita di 486 milioni di euro, bruciando dunque oltre 1,3 milioni al giorno, molti di più della vecchia Alitalia. Si presume che ITA abbia perso altri 150 milioni nei primi 6 mesi del 2023 e debba accantonare altri 100 milioni per il fondo per le cause degli ex dipendenti Alitalia che stanno andando in giudizio. Quindi, un totale di circa 736 milioni di euro di perdite, superiori al capitale sociale. ITA dovrebbe ricevere nel prossimo periodo gli ultimi 250 milioni da parte del Mef e altri 321 milioni da parte del gruppo Lufthansa per un totale di 571 milioni di euro, molto al di sotto delle perdite. Quindi, stimiamo che a ITA servirebbero altri 1,5 miliardi di euro per arrivare alla fine dell’attuale piano industriale nel 2027. Sempre che riesca a navigare nella burrasca in corso.
(Guido Gazzoli)
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