“Ora chiudiamo una storica e annosa vicenda, quella del vettore nazionale e poi ITA. Questo è un successo per questo Governo, un successo italiano, europeo e tedesco”, ha commentato il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti dopo l’approvazione dell’Ue alla cessione dei nostri cieli alla Germania. Sarebbe come se Spalletti, allenatore della nazionale, avesse usato parole trionfali dopo la tremenda figuraccia calcistica che ci è costata l’eliminazione dagli Europei di calcio.



Ormai possiamo ben dire che la percezione, in Italia, ha avuto il sopravvento sulla logica, perché un annuncio del genere, fatto dall’esponente di un Governo che aveva promesso la strenua difesa dell’italianità e che nel corso della sua corta gestione ha dovuto confermare la perdita dell’industria automobilistica, ormai in mani francesi, e delle telecomunicazioni cedute agli Usa dovrebbe rappresentare un giorno di lutto e richiedere, come da logica umana, le dimissioni dei responsabili di quella che è una catastrofe economica vera e propria e non un “orgoglio” nazionale.



Rimangono in mani pubbliche sia la Camera che il Senato e chissà che, seguendo questa logica visti i risultati “eclatanti” raggiunti, non si decida di privatizzarle, sollevando gli italiani dal provvedere al mantenimento di enti talmente inutili da aver distrutto, nel corso degli ultimi 15 anni, non solo l’economia ma anche la sanità, l’istruzione e il mondo del lavoro.

Evviva! Però non siamo più un Paese sovranista e di questo godranno tutti quelli che hanno sempre associato questo termine alla parola “fascismo”, sport molto di moda soprattutto nell’area Pd radical-chic Ztl a pensiero unico.



E mentre invece sia la Francia che la Germania godono proprio di questo sovranismo, l’Italia cede anche i propri cieli e, a seguire, il completo controllo sul settore turistico da parte di altri Paesi, come da anni, secondo il mantra prodiano “Ce lo chiede l’Ue “, si applica.

Qui bisognerebbe chiedersi se l’Ue abbia qualcosa a che fare con una Confederazione di Stati di una Europa unita, come sognavano tra gli altri Spinelli e Adenauer, o piuttosto sia una sorta di lobby esclusivamente finanziaria in cui basicamente alcuni Paesi, Germania e Francia ma anche Olanda, possono esercitare una leadership che invece non è concessa ad altri, che viceversa devono arrendersi e cedere le proprie risorse senza esercitare alcun diritto. E in questi anni lo si è visto benissimo con i vari casi nei quali venivano improvvisamente dichiarate di “importanza nazionale” imprese di altri Paesi Ue che i nostri imprenditori avevano acquisito attraverso aste regolarissime: ricordate il caso Stx (cantieri francesi) con Fincantieri?

Certo ora godranno anche quegli “esperti” che nel corso degli anni, occupandosi di Alitalia ne hanno evocato prima la privatizzazione (senza indovinarci, visto che si è risolta in due epocali fallimenti) e poi la cessione ai tedeschi.

È però dal 1998, anno nel quale la nostra (oddio scusate!) cara Alitalia stava per diventare la più grande compagnia aerea europea attraverso anche una fusione con l’Olandese KLM, che le regole sul traffico aereo europeo erano già dettate: già all’epoca si parlava di tre gruppi a godersi il monopolio dei cieli: Air France, Lufthansa e British Airways.

Difatti il sogno italiano del 98 venne interrotto proprio dalla decisione Ue di castrare la fusione con KLM adducendo aiuti di Stato per l’acquisto di una flotta di 747-800 che l’allora AD Domenico Cempella, uno che il settore lo capiva benissimo avendoci lavorato (toh, che strano!) a lungo, aveva chiesto allo Stato con un prestito a interessi bancari regolari al contrario di Iberia e Air France che anni prima li avevano avuti a interessi agevolatissimi senza che la cara Ue ci mettesse il becco.

Lo ripeto: essere felici di una giornata come questa, specie per chi in Alitalia ci ha lavorato per 30 anni, è davvero difficile anche avendo visto e in parte vissuto lo svuotamento di un invidiatissimo know-how operato da gestioni a dir poco metafisiche arrivate fino ad oggi. Ma tant’è: purtroppo dobbiamo accettare questo ennesimo passo nel baratro di una nazione che avrebbe tutti i numeri per eccellere, ma che nel corso di questi ultimi anni è stata distrutta (e continua a esserlo) sia da una politica locale che da una definita europea che ci hanno fatto perdere ormai definitivamente una cultura che non tanto tempo fa tutti ammiravano.

Continuiamo ad ammainare la nostra bandiera… avanti così… sic!

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI