Sono le 15:00 di venerdì 27 gennaio 2023 e NAVAID, l’associazione sindacale che riunisce alcune categorie del comparto volo, rilascia un comunicato stampa con il quale annuncia che il Consiglio di Stato  ha accolto l’istanza di rendere pubblici i criteri di assunzione del personale di ITA, la quale a sua volta, essendo una partecipata a totale capitale pubblico, deve sottostare agli stessi criteri di selezione delle settore pubblico e cioè di ogni società che svolge un servizio di pubblico interesse, pertanto, come ogni società a partecipazione pubblica, risponde agli obblighi generali di pubblicità e trasparenza, ergo ITA dovrà fornire a Danilo Baratti, titolare della causa e Comandante di Alitalia, i documenti che ha richiesto alla compagnia di bandiera.



La notizia sembra essere un fulmine a ciel sereno per ITA, tale da prendere le prime pagine di tutti i giornali, infatti il Consiglio di Stato è molto chiaro nell’ordinanza, “ITA dovrà fornire tutta la documentazione richiesta dalla controparte… entro 30 giorni dalla notifica della sentenza…”.

Non passa un’ora (sarà una casualità?) e il Mef con una nota ufficiale comunica alla stampa di aver firmato una lettera di intenti con Lufthansa per la cessione di una quota di ITA e che a partire dalla firma dell’accordo le parti avranno 6 settimane di tempo per trovare un’intesa sulla cessione partendo da una trattativa su base esclusiva. La notizia è di tale importanza che viene ripresa da tutte le principali testate giornalistiche. La sentenza del Consiglio di Stato a questo punto passa in sordina.



Ma cerchiamo di comprendere meglio i contorni di questa vicenda. Dobbiamo andare un po’ più indietro nel tempo e ritornare a quando ITA è stata costituita per capire quali siano i contorni di questo intrigo amministrativo/giudiziario.

Il primissimo business plan elaborato da ITA (quello del duo Caio-Lazzerini per intendersi) prevedeva che il vettore si dotasse di una flotta mista di aerei tra Boeing e Airbus. In particolare per il settore del lungo raggio, dove Boeing a giudizio di scrive produce degli aeromobili più performanti e meno dispendiosi in special modo sulle rotte più lunghe. Con l’ingresso di Alfredo Altavilla in ITA la scelta è poi ricaduta a favore del colosso europeo Airbus.



“Radio pista” racconta che il giorno in cui ITA avrebbe deciso di sposare Airbus (e cioè il 29 settembre 2021) era in programma all’Eur anche una riunione con la Boeing per valutare l’offerta del colosso statunitense per la flotta di ITA. Airbus venuta a conoscenza che Boeing aveva buone carte in mano (e quindi per non perdere l’affare) avrebbe scomodato seduta stante niente poco di meno che il direttore commerciale del gruppo, Christian Scherer, il quale con un aereo privato avrebbe raggiunto la sede di ITA all’Eur nella stessa mattinata e avrebbe messo la compagnia aerea alle strette con un’offerta della serie “prendere o lasciare”, e con i rappresentanti di Boeing ancora in attesa di essere ricevuti. Come sappiamo poi ITA in quella sede firmerà con Airbus un ordine per 28 aeromobili e con Air Lease Corporation, uno dei più importanti lessor americani, sempre nella stessa sede verrà siglato anche un accordo per l’acquisto in leasing di altri 31 aeromobili. Si vocifera anche che l’offerta di Boeing sarebbe stata di gran lunga molto più vantaggiosa dal punto di vista economico, e quindi non si comprende cosa possa aver messo sul piatto Airbus per convincere i vertici di ITA a una così repentina scelta sulla nuova flotta.

Ma cosa c’è dietro la scelta di ITA di andare verso Airbus anziché verso Boeing? Analizzando per bene tutta la questione emergerebbe un fatto interessante. In Alitalia i piloti erano divisi in 4 grandi tronconi, piloti abilitati Airbus su corto e medio raggio (Airbus A318- A319- A320- A321), piloti abilitati Airbus su lungo raggio (Airbus A330), piloti abilitati Boeing su lungo raggio (B777) e piloti abilitati Embraer (E175-E190) su corto e medio raggio.

Il grosso dei piloti di Alitalia era quello abilitato Airbus su corto-medio-lungo-raggio che rappresentava più o meno i 75% del personale di volo. Il restante si divideva tra piloti di Boeing B777 che operavano esclusivamente rotte di lungo raggio, e quelli sugli Embraer che operano voli regionali e qualche rotta europea di medio raggio, come ad esempio la London City. I piloti di B777 e di Airbus A330 con almeno 25 anni di servizio e che non sono transitati in ITA attualmente sono circa 850. L’esperienza di questi piloti è di gran lunga superiore a quella degli altri piloti assunti in ITA in quanto arrivano da un lungo comando e hanno molta esperienza di volato con centinaia di ore di volo alle spalle.  A quanto si dice nessuno di loro avrebbe mai accettato di entrare a far parte di ITA con un contratto di lavoro al ribasso come per l’appunto quello che ITA attualmente offre ai propri piloti, e quindi mettere tutta la propria esperienza al servizio di una compagnia che di fatto non aveva nessun interesse ad assumere dei piloti avviati verso la fine della carriera. Questi piloti, quindi, nell’attesa di trovare una nuova sistemazione hanno dovuto accettare di essere posti in cassa integrazione.

ITA sarebbe stata perfettamente a conoscenza dei pensieri di questi piloti, e pertanto la strada da percorrere sulla scelta della flotta sembrava quasi obbligata: della serie, meglio andare a pescare da un serbatoio di piloti più giovani e che avrebbero accettato condizioni più vantaggiose per l’azienda, che prendersi dei piloti più esperti, ma che non avrebbero mai accettato una riduzione del loro stipendio. ITA, quindi, si trovava di fronte ad un grosso dilemma: scegliere se cedere sul contratto di lavoro assumendo i piloti più esperti, pagandoli di più e operare con una flotta mista Airbus/Boeing, oppure dotarsi di una flotta esclusivamente di aerei Airbus e assumere dei piloti meno esperti magari già certificati, ma certamente meno costosi.

Se i piloti che attualmente sono in cassa integrazione fossero stati assunti in blocco, il costo che ITA dovrebbe sostenere per i loro stipendi ammonterebbe all’incirca a 135 milioni di euro l’anno. Per lo stesso numero di piloti (850), quelli per intendersi con almeno 70/80 ore di servizio mensili, ITA attualmente dovrebbe pagare all’incirca 55 milioni di euro l’anno (fonte contratto nazionale trasporto aereo media tra un pilota di 5 o di 10 anni di anzianità). Quindi, si può perfettamente immaginare perché ITA abbia ceduto sulla flotta andando dritta, dritta tra le braccia di Airbus. Il divario all’apparenza sembrerebbe enorme e come vedremo in seguito nonostante tutti questi calcoli infinitesimali si sarebbe potuta prendere un’altra strada, probabilmente anche più redditizia.

E quindi a che condizioni ITA ha acquistato i propri aerei? Fermo restando le norme sulla trasparenza degli atti sulle società pubbliche, o a controllo pubblico, questo non è dato sapere, il contratto dei leasing di ITA resta riservato così come il contratto di cessione degli assets tra ALITALIA in A.S. e ITA.

Ma c’è una voce che ultimamente gira con molta insistenza, e cioè che il costo dei leasing degli Airbus A350 acquistati da ITA sarebbe molto oneroso. Si parla di cifre importanti come ad esempio 1 milione di euro/mese per gli A350 nuovi e poco meno di 850 mila euro/mese per quelli usati. Ma come detto sono solo voci senza un alcun tipo di riscontro oggettivo.

ITA, però, come già vi anticipavo, avrebbe potuto optare per un’altra strada e cioè quella di acquisire gli 11 Boeing B777 di Alitalia e utilizzarli per le rotte di lungo raggio fin da subito. Il costo? più o meno 3 milioni di euro ad aereo. Quindi, con poco più di 33 milioni di euro ITA si sarebbe ritrovata praticamente a costo zero una flotta omogenea di aerei di lungo raggio, con un risparmio netto in termini di risorse di cassa di oltre 100 milioni di euro all’anno per la sola flotta di lungo raggio. Ma questo risparmio si traduce anche in termini di minori costi operativi e di maggiori profitti, dato che rispetto agli Airbus A330, i Boeing B777 sono molto più capienti. Anche in termini operativi avendo degli aerei così economici e quindi praticamente già ammortizzati, il costo ora/volo si abbassa notevolmente e quindi si può pensare di attuare anche una politica tariffaria molto più aggressiva e accattivante.

Se poi volessimo dare adito alle voci di corridoio, e cioè che ITA starebbe effettivamente pagando i suoi leasing (quelli degli Airbus A350) con un mark-up particolarmente oneroso, la cifra di cui si parla sarebbe di circa 50 milioni di euro l’anno pagati in più rispetto ai canoni di mercato. Ma come detto in precedenza, queste sono solo ipotesi senza alcuna conferma dato che ITA avrebbe potuto dover contrattualizzare degli oneri accessori di cui non siamo a conoscenza, facendo così lievitare il prezzo di acquisto e quindi di conseguenza il canone finanziario. Il condizionale in questi casi quindi è d’obbligo.

Una cosa però è certa, ammesso e non concesso che attualmente ITA stia veramente pagando per i leasing degli aeromobili un prezzo più alto rispetto ai valori medi di mercato, il risparmio per l’azienda calcolato tra minori costi del personale e maggiori costi di leasing sarebbe quantificato (nell’ottica di ITA) in più o meno 35 milioni di euro all’anno a valore positivo, ai quali si andrebbero ad aggiungere gli sgravi contributivi per il personale assunto che al momento di essere contrattualizzato si trovava in uno stato di crisi (Cig, mobilità, ecc). A vederla così sembrerebbe che ITA abbia fatto bene i propri conti.

Ma ipotizziamo invece che ITA all’epoca avesse optato per acquistare gli 11 Boeing B777 di Alitalia e in aggiunta anche i 9-10 Airbus A330 sempre ex Alitalia e assumendo quindi tutti i piloti più anziani con uno stipendio nettamente più alto. Che cosa sarebbe successo? A giudizio di scrive ITA si sarebbe ritrovata una flotta di lungo raggio, pronta e adeguata alle necessità del mercato, e se analizziamo la questione anche in termini economici, tra il maggior costo dei piloti più anziani, i minori costi di acquisto e di gestione degli aeromobili, le tariffe più convenienti applicabili, anche in base a un minore costo per ora/volo delle macchine, il tutto si potrebbe tradurre in maggiori introiti per la compagnia. A conti fatti, come già detto, il beneficio sarebbe stato di almeno 100 di milioni di euro all’anno con conseguenti ulteriori maggiori benefici in termini sia operativi che commerciali, inoltre in tutto questo giro il Governo avrebbe anche risparmiato almeno 150 milioni di euro di Cassa integrazione.

Aggiungiamo ancora che ITA con questa architettura finanziaria attualmente perderebbe a bilancio oltre 500 milioni di euro lordi all’anno (circa 1.500 euro per giorno, mentre per ogni passeggero imbarcato ci sarebbe una perdita stimata di circa 58,00 euro), è quindi molto probabile che se ITA avesse optato per mantenere la flotta di lungo raggio compatta (quella ex-Alitalia per intendersi), si sarebbe ritrovata ad avere molte meno difficoltà a gestire gli aeroplani e di conseguenza a ottimizzare anche i costi operativi.

ITA, inoltre, si ritroverebbe oggi in pancia una flotta di almeno 90 aeromobili (20 in più di quelli che attualmente ha in flotta), un’offerta di posti solo sul lungo raggio di oltre 3 milioni di passeggeri, (contro gli attuali 2 milioni scarsi) e di conseguenza molti più passeggeri imbarcati e con un valore di mercato attuale sicuramente molto più alto. Senza dimenticare che la dotazione iniziale del Governo di 1,35 miliardi di euro sarebbe rimasta molto più integra e il rinnovo della flotta si sarebbe potuto gestire con un minimo di tranquillità in più, senza fretta e senza dover disperdere le risorse con questa velocità.

Tutto questo per dire che cosa? Per dire che le risorse per fare bene, noi le avevamo già, non era necessario spendere 1,35 miliardi per fare una nuova compagnia che oggi perde oltre 500 milioni di euro, perché con queste risorse potevamo creare una compagnia snella, profittevole e tenerci ben stretti il marchio Alitalia. Discutere successivamente di alleanze o di integrazioni societarie, partendo però da una base contrattuale più solida, senza doverci ridurre a “svendere” i pezzi della nostra compagnia (e non me ne voglia Lufthansa che ritengo essere una ottima compagnia aerea) all’unico offerente che si è presentato alla porta.

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