L’idea di far sopravvivere una compagnia di bandiera, dopo che la pandemia aveva spazzato anche le ultime residue possibilità di cedere una quota significativa di Alitalia a un vettore internazionale, nasceva già nella primavera del 2020, all’alba della crisi Covid, e iniziava a realizzarsi nell’autunno dello stesso anno con la fuoriuscita di circa 40 manager e tecnici da Alitalia SAI in AS (amministrazione straordinaria ndr) scelti per fondare la salvifica nuova società ITA Airways, compagnia destinata a ereditare tutti i residui avviamenti commerciali di oltre 70 anni di storia di Alitalia e a realizzare, quantomeno sulla carta, un vettore in bonis, senza debiti e in equilibrio economico già dal terzo anno. Tradotto per i veterani del trasporto aereo nostrano: si riproponeva, per la decima volta negli ultimi venti anni, la solita presentazione in PowerPoint con 12/15 slide, destinata come sempre a costare alcuni milioni di euro in termini di consulenze esterne e a durare meno di 18 mesi in termini di affidabilità e di percorribilità degli assunti industriali, economici e patrimoniali.



Il piano industriale di ITA Airways, irto di ostacoli organizzativi e legali, era questa volta esplicitamente finalizzato, più che a descrivere una nuova strategia di business e una più efficiente gestione aziendale, a evitare le forche caudine europee della “continuità economica” con la vecchia Alitalia. Continuità economica che, se riconosciuta dall’Ue, avrebbe generato in capo alla neonata ITA Airways un’obbligazione alla restituzione di almeno 1,3 miliardi di euro di aiuti di Stato versati, invero con molta superficialità, dallo Stato italiano alla Alitalia SAI in AS nel biennio 2017-2019.



Come ulteriore criticità i due maggiori vettori europei, Air France/Klm e Lufthansa, teoricamente ancora interessati a un’eventuale acquisizione di quei pochi asset di valore della vecchia Alitalia – ovvero le circa 650 coppie di slot settimanali sull’aeroporto contingentato di Milano Linate (ben il 70% del totale) [1], l’impianto amministrativo Iata (assolutamente indispensabile per poter gestire in autonomia un travaso commerciale istantaneo e indolore a livello globale) e alcuni importanti diritti di traffico extra Ue – non erano più nelle condizioni di avviare alcun tipo di acquisizione se non a valle della completa restituzione dei prestiti statali, per circa 10/12 miliardi di euro cadauno, ottenuti proprio dalla Francia e dalla Germania come compenso alla decimazione del traffico passeggeri registrato durante la pandemia. Era quindi necessario, senza riflettere più di tanto, tirare fuori rapidamente un coniglio dal cilindro magico che potesse dare l’ennesimo calcio alla lattina chiamata Alitalia, a qualsiasi costo (per il contribuente italiano).



Dal punto di vista strategico, quindi, ITA Airways, nell’estate 2021, si presentava a una distratta opinione pubblica con i soliti buoni propositi, invero mai realizzati, degli ultimi venti anni: miglioramento della qualità del servizio con una prospettiva di incremento dei ricavi unitari e del numero dei passeggeri; riduzione dei costi unitari con aumento della produttività del personale e degli aerei.

Il tutto nel solco dell’usuale modello di business “Full Service Carrier”, con una dimensione di impresa (100 aerei) non coerente con il contesto competitivo, e con un network incentrato su Roma Fiumicino (80 aerei) e sui voli di corto e medio raggio da e per Milano Linate (20 aerei).

Le uniche reali novità presentate rispetto ai piani precedenti erano riconducibili a: rebranding del marchio da Alitalia a ITA Airways (imposto dall’Ue) [2]; piano di sostituzione della flotta con velivoli Airbus di nuova generazione; nuovo contratto di lavoro per il personale navigante; esternalizzazione di tutte le attività di Manutenzione e delle attività di Handling su Roma Fiumicino.

In questa sede, senza entrare nel dettaglio delle previsioni dell’epoca e degli odierni consuntivi economici per i quali, purtroppo, non servono particolari commenti, ci preme solo evidenziare che, dal punto di vista della riduzione dei costi, anche le progettualità che sulla carta avrebbero potuto dare un concreto contributo alla riduzione delle perdite, ovvero la riduzione dei costi della flotta e del costo del lavoro, non si sono purtroppo mai realizzate, in quanto, successivamente alla presentazione del piano e al via libera della Commissione Ue, venivano prese le seguenti decisioni: tutta la flotta di ITA Airways operante dall’ottobre 2021 a oggi veniva acquisita in leasing operativo a condizioni estremamente svantaggiose, come di seguito indicato. Per i 52 aeromobili iniziali, attraverso un subentro di ITA Airways nei vecchi contratti di leasing operativo di Alitalia in AS, peggiorati con l’obbligazione a farsi carico di alcune attività manutentive, non ancora effettuate dalla AS, prima della riconsegna finale; per gli aeromobili di nuova generazione, incrementali o sostituitivi degli iniziali 52 aeromobili, mediante la stipula di nuovi contratti di leasing con durata quinquennale caratterizzati da prezzi e condizioni contrattuali molto penalizzanti (sia rispetto ai competitor che anche rispetto alla vecchia Alitalia) che non sono stati poi “sfruttati” tramite un reale aumento delle produttività degli aerei in termini di ore volo effettuate nel periodo.

In data 16 novembre 2021 veniva sottoscritto un “singolare” contratto di acquisto per 28 nuovi aeromobili con consegne previste tra il 2025 e il 2028 (quindi ben oltre l’ipotizzabile orizzonte di mantenimento del controllo “industriale” da parte dello Stato italiano) aventi un prezzo di listino pari complessivamente di circa 4 miliardi di euro (!) e con un prezzo di acquisto (stimato) ben distante da quanto “ottenibile” dai maggiori concorrenti e dai potenziali partner societari. Nel bilancio di ITA 2022 risulta che alla fine dello scorso anno la società aveva versato ad Airbus anticipi per circa 179 milioni di euro, null’altro risulta in termini di eventuali impegni o garanzie per l’acquisto, nonostante il valore contrattualizzato non possa essere, nella migliore delle ipotesi, inferiore ai 3 miliardi di euro e nonostante le specifiche previsioni normative in proposito sulla redazione dei bilanci aziendali [3].

I contratti di Handling e di Manutenzione realizzati da ITA con Swissport e Atitech, contestualmente alla cessione dei rispettivi rami aziendali da parte di Alitalia, determinavano per ITA Airways un costo unitario non molto diverso da quello che era sostenuto dalla vecchia Alitalia al netto dei benefici ottenuti dalla Cassa integrazione.

Il nuovo contratto di lavoro del personale navigante, con il quale erano state avviate le attività di ITA Airways, che aveva effettivamente un costo aziendale iniziale pari a circa la metà di quello della vecchia Alitalia, veniva successivamente modificato, nella primavera del 2023, con un incremento salariale molto importante che riportava il costo del lavoro aziendale, a regime, a livelli non molto distanti da quelli della vecchia Alitalia che fruiva della Cigs a rotazione.

Una parte dei dipendenti ex-Alitalia rimasti disoccupati (a oggi circa 4.000) avviava nel tempo circa 1.300 cause di lavoro per il riconoscimento della reintegra lavorativa in ITA Airways ai sensi dell’art 2112 c.c., determinando in ITA stessa un significativo rischio di incremento del costo del lavoro e soprattutto un potenziale drenaggio di liquidità per il riconoscimento delle retribuzioni arretrate. Una recente sentenza, favorevole a 77 lavoratori, del Tribunale di Roma, molto diversa dalle precedenti sentenze in termini di profondità e ampiezza del giudizio, ha, di fatto, trasformato il “rischio cause”, finora ignorato nelle rendicontazioni contabili da Amministratori, Sindaci e Revisori, in una passività oggettiva.

(2 – continua)

[1] Milano Linate è un aeroporto contingentato e limitato in base ai criteri introdotti attraverso il decreto 5 gennaio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – Serie generale – n. 14 del 18 gennaio 2001, recante modificazioni al decreto ministeriale n. 15 del 3 marzo 2000. La capacità dell’aeroporto di Milano Linate è stata individuata nel limite di 18 movimenti orari, laddove per movimento aeroportuale si intende un atterraggio o un decollo (singolo slot).

[2] Il rebranding del marchio non deve essere confuso con l’avviamento di un nuovo marchio in quanto ITA, ereditando il codice Iata AZ 055, tutti gli slot aeroportuali e (in sostanza) i diritti di traffico, è stata sempre riconoscibile come “successore commerciale” di Alitalia da parte dei vecchi e dei nuovi clienti.

[3] L’art. 2427 comma 1 n. 9 c.c. prevede l’indicazione nella nota integrativa dell’importo complessivo degli impegni, delle garanzie e delle passività potenziali non risultanti dallo stato patrimoniale, con indicazione della natura delle garanzie reali prestate.

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