Il report GEM 2023 sull’imprenditorialità
Per comprendere al meglio (e rapidamente) l’ultimo rapporto GEM (Global Entrepreneurship Monitor) presentato nella giornata di oggi a Roma nella sala di Unioncamere si può fare riferimento alle lucidamente chiare parole della professoressa Alessandra Micozzi di Universitas Mercatorum: “L’Italia rimane fra i paesi a più bassa propensione imprenditoriale e tra quelli nei quali è più ampio il gap fra la propensione imprenditoriale della popolazione e l’effettiva attivazione di nuove imprese“. Conclusioni ricavate da un’indagine svolta proprio da Universitas Mercatorum nel corso dell’ultimo anno su 46 paesi, con il coinvolgimento diretto di oltre 100mila persone (2mila in Italia), per comprendere quanto l’imprenditorialità sia ancora un pilastro portate delle economie, al fine di scoprire criticità, sfide ed opportunità del ‘fare impresa’, per promuovere l’attività imprenditoriale.
Con particolare riferimento all’Italia, il report GEM parla di una situazione, per certi aspetti, negativa, ma che segna comunque anche una buona ripresa dopo il difficile periodo pandemico, con l’indicatore TEA (che misura l’attività imprenditoriale) che è passato dal 2% all’8% nell’arco degli ultimi tre anni. Nonostante questo, però, come ha descritto il professore Donato Iacobucci del Politecnico delle Marche, “nell’ultimo decennio abbiamo avuto un calo a livello di attivazione di nuove imprese, passate da 400mila a 300mila“.
Singolari, inoltre, due aspetti emersi nell’indagine sull’imprenditorialità: da un lato, infatti, persiste in Italia una certo gap tra uomini e donne, con un rapporto occupazionale del 40% nelle imprese già avviate, che sale fino al 60% quando si tratta di avviare una nuova attività. Secondariamente, secondo le rilevazioni contenute nel rapporto GEM, incide sulla volontà di aprire nuove imprese anche il livello di istruzioni dei giovani, con un TEA che oscilla tra il 5 e il 10% tra diplomati e laureati. In altre parole, la formazione accademica è uno stimolo importante per l’imprenditorialità e i dati sui neolaureati e le nuove imprese sono (in qualche modo) sovrapponibili anche alla luce della scarsa propensione femminile a frequentare corsi STEM.
Universitas Mercatorum: “Servono corsi di alta formazione imprenditoriale”
Alla luce di questi dati che parlano di un paese, l’Italia, dove il numero di imprenditori cala ormai annualmente (esclusa la ripresa post pandemica che rappresenta un unicum) Micozzi, che pone l’accento sui vari “fattori soggettivi, come la minore propensione al rischio [e] di contesto, come la carenza di opportunità, le difficoltà regolamentari e normative” che riducono la propensione imprenditoriale; invita ad una “riflessione importante” sull’integrazione nel “sistema di istruzione della formazione all’imprenditorialità“, sul modello del “nostro Contamination Lab, un programma di alta formazione imprenditoriale aperto a studenti, dottorandi e assegnisti“.
Giovanni Cannata, Rettore dell’Universitas Mercatorum (che fa parte dell’universo Multiversity), sul palco dell’evento di presentazione del report GEM, sottolinea come l’indagine condotta in Italia sia stata “supportata interamente” dalla sua università, consentendo “di approfondire i fattori che incentivano e quelli che ostacolano la formazione di nuove imprese nel nostro Paese“. Giuseppe Tripoli (Segretario generale di Unioncamere), invece, si è concentrato sull’imprenditorialità tra i giovani, sottolineando che “le imprese giovanili si sono ridotte di oltre 40.000 unità negli ultimi dieci anni con perdite in tutti i settori“, ad esclusione delle start up innovative, il cui numero “negli ultimi anni è più che raddoppiato, crescendo soprattutto nei settori a più alta intensità di tecnologia e innovazione“.