Questa sera, in occasione del 40esimo anniversario della vittoria italiana ai Mondiali di Spagna 1982, Rai 1 (ore 21.25) celebra una delle imprese più iconiche dello sport azzurro col docu-film “Il viaggio degli eroi” che, attraverso la voce narrante di Marco Giallini, racconta per capitoli le notti magiche di un’estate iberica. E tra i vari capitoli di una vicenda che oggi assume contorni quasi mitologici non c’è solo ovviamente la finalissima con la nemesi storica della Germania ma anche la gara di qualche giorno prima del 5 luglio quando l’Italia, complice il meccanismo di quel Mondiale, deve battere il Brasile per vincere il gironcino, superare proprio i verde-oro e accedere alla semifinale.



Dov’è che comincia la leggenda di una gara che tra l’altro segnò la rinascita pure di Paolo Rossi, fin lì con le polveri bagnate e convocato al Mondiale tra le critiche della stampa dopo la sosta forzata per la squalifica dovuta al calcioscommesse? Da qui, ovvero dal succitato regolamento: dopo aver battuto l’Argentina, come pure il Brasile, a questi ultimi bastava un pareggio contro gli azzurri – grazie alla differenza reti- per andare avanti. E invece la nazionale di Telè Santana, una delle più forti di sempre e candidata alla vittoria finale sulla scia di quelle storiche guidate da Pelè, non rinunciò ad attaccare e nonostante questo nobile intento finì non solo per buttare alle ortiche la vittoria ma pure il pari, cedendo per 3-2 sotto i colpi di Rossi e passando in pochi minuti dal maramaldeggiare su un’Italia alle corde alla disperazione.



ITALIA BRASILE 3-2 MONDIALE 1982: LA RINASCITA DI PAOLO ROSSI E LA SUPERBIA DEI VERDE-ORO CHE…

Gol di Rossi subito al 5’ come doccia fredda sui brasiliani: il pareggio al 12’ di Socrates rimette in chiaro le cose ma la difesa di Santana è ballerina e così al 25’ l’attaccante della Juventus diventa definitivamente Pablito segnando il secondo gol (alla fine saranno sei, dopo essersi sbloccato). 2-1, ma qui siamo dalle parti di Italia-Germania 4-3 e il Brasile mica si arrende. Anzi al 68’ è un’altra conoscenza della Serie A al pari di Socrates, ovvero Falcao, a fare 2-2: la rete varrebbe la qualificazione ma i sudamericani non amano difendersi, vogliono anche vincere ed ecco lo psicodramma. Al 74’ su un tiro di Tardelli ecco che Rossi fa tris, scatenando l’assalto finale del Brasile, colpito al cuore: e per poco non arriva il beffardo 3-3 quando Zoff salva all’89’ su un colpo di testa di Oscar prima del triplice fischio liberatorio.



All’epoca non si sapeva, ma sarebbe diventata una delle gare più iconiche della nazionale italiana, sia per le condizioni ambientali e di classifica in cui si giocava, sia perché quegli azzurri così criticati e fino ad allora, Argentina a parte, incapace di vincere una sola gara, riuscirono a battere i favoriti brasiliani con l’unico risultato a disposizione. “Pablito è risorto!” scherzarono in seguito i compagni a ricordare l’exploit dell’attaccante scomparso purtroppo prematuramente tempo fa e a ricordare come proprio il più bersagliato dalla critica diverrà l’hombre del partido, portandoli alla conquista della Coppa del Mondo e pure al Pallone d’Oro personale. Scrive Italo Cucci, reduce da quella esperienza mundial: “Dopo Italia-Brasile incontrai nel mio hotel, a Barcellona, un collega brasiliano che s’era fatto la stessa idea: ‘Siete stati bravissimi -mi disse, avvelenato- avete parlato tanto male dell’Italia e noi ci siamo caduti, vi credevamo deboli, oggi avete battuto il Brasile. Bugiardi italiani’…”.

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