Ieri il Vicepremier italiano Salvini ha avuto una conversazione telefonica con il Vicepresidente americano Vance. Nei quindici minuti di conversazione si è discusso delle opportunità di cooperazione tra i due Paesi e di una possibile missione negli Usa con imprese e investitori.
Vance è il Vicepresidente del primo cliente dell’Unione europea e la telefonata è avvenuta in una fase particolare per le relazioni tra Washington e Bruxelles. Giovedì il Presidente americano ha ribadito che il 2 aprile sarà il “giorno della liberazione”; in quel giorno gli Stati Uniti introdurranno dazi di ritorsione contro i partner commerciali. Sempre questi sono i giorni delle trattative tra Washington e Mosca per la fine della guerra in Ucraina; uno dei punti in discussione è la collaborazione in campo energetico. Secondo la “Bild” gli Stati Uniti potrebbero acquisire il controllo del Nord Stream 2 per poi fornire alla Germania gas russo.
Torniamo ai dazi. Non è chiaro cosa succederà esattamente il 2 aprile e questa è già una notizia per le imprese che oggi sono obbligate a tenere in pausa decisioni di investimento. Non è noto quanti sacrifici sia disposto ad accettare Trump pur di arrivare a un equilibrio nei commerci migliore di prima. In compenso è chiaro che il ruolo di valuta di riserva del dollaro e la condizione di importatore netto americana mettono gli Stati Uniti in una posizione negoziale migliore di quella europea. L’Europa, inoltre, è alle prese con una crisi energetica che dall’altra parte dell’oceano non esiste.
L’Italia non ha lo spazio fiscale tedesco e non potrà mai mettere in campo nemmeno la metà della metà delle risorse che sta mettendo in campo la Germania per “rilanciare l’economia”. La decisione dell’Unione europea di soprassedere alle norme sugli aiuti di Stato mette le imprese tedesche in una condizione molto migliore di quelle italiane. Il nostro Paese, a differenza della Francia, non ha il nucleare ed è quindi molto più fragile rispetto a qualsiasi nuova crisi energetica o per ragioni economiche o geopolitiche.
Non sono molti i Paesi membri che dipendono dalle esportazioni tanto quanto l’Italia che, anzi, proprio in ossequio alle politiche economiche europee, ha dovuto sacrificare la propria domanda interna e i salari delle proprie famiglie pur di rendersi più competitiva. Il turismo ha salvato l’Italia e questa è un’ottima notizia, ma il settore dipende molto dall’economia altrui e può, in alcune fasi, evaporare.
Appaltare la guerra commerciale all'”Europa” per l’Italia è molto rischioso perché non può appoggiarsi né sullo spazio fiscale tedesco, né sulla generazione nucleare o sull’esercito francesi. Il piano di riarmo tedesco avviene a prescindere e a lato da qualsiasi decisione comune come se le regole che l’Europa si è data non esistessero più e questo ha enormi implicazioni per il “mercato comune”.
In un’ottica europea il fisco e i cittadini tedeschi dovrebbero farsi carico della bolletta energetica delle imprese e delle famiglie italiane e dei loro sussidi di disoccupazione, ma questa è una scommessa che sarebbe molto meglio non fare. Anche la partita dei dazi lasciata gestire a Bruxelles apre a un’infinità di possibili incomprensioni.
Ieri l’Ambasciatore americano ha bussato anche alla porta dell’Italia per provare a risolvere la crisi dell’uova scomparse dagli scaffali degli Stati Uniti. È la prova che c’è uno spazio di negoziazione per un Paese come il nostro che è in una posizione particolarmente fragile, ma che ha un rapporto consolidato con gli Stati Uniti.
Per una certa ideologia sull’Europa lo scontro commerciale con gli Stati Uniti, assieme al conflitto con la Russia, è diventata la guerra da cui far uscire lo “Stato europeo” e in quest’ottica non ci può essere spazio per alcuna trattativa. L’Italia rischia di uscire distrutta da una guerra commerciale con gli Stati Uniti gestita a Bruxelles. Lasciare che inizi sperando poi nella solidarietà europea è un azzardo e bisognerebbe almeno ricordare cos’è successo nell’ultima emergenza italiana e poi continentale, quella del Covid, in cui abbiamo assistito a confini chiusi e furti di ventilatori.
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