Ecco alcune immagini e parole che, forse, rimarranno vive dopo la bellissima vittoria dell’Italia. Innanzitutto l’abbraccio commosso tra Mancini e Vialli. Sappiamo la loro storia: hanno giocato insieme, vinto tantissimo e poi, come direbbe Venditti, dopo giri immensi, si sono ritrovati amici in Nazionale. Ma c’è un non detto, che pure molti conoscono, la terribile malattia di Vialli, che dà un’intensità tutta diversa a quelle lacrime. Non c’è bisogno di spiegarlo, quell’abbraccio parla direttamente al cuore di tutti e ancor più oggi, dopo le sofferenze e gli abbracci negati dalla pandemia.
Seconda immagine: pessima figura di Albione da tutti i punti di vista: hooligans fuori dello stadio, organizzazione scientemente anti-italiana, calciatori che con sprezzo si sfilano le medaglie dal collo. Nun ce vonno sta’, dicono a Roma. Si sentono superiori, come anche altri coinquilini europei, ma non lo sono. Dovremmo smetterla di inseguirli e fidarci di più della nostra grandissima tradizione culturale, morale, financo religiosa.
Terza immagine. Zitto zitto, Florenzi si frega un pezzo di rete della porta avversaria come scalpo della serata. Geniale, il più simpatico di tutti.
Quarto: è stato scritto che Dio non tifa per nessuno. Non so. Certo non manca di ricordarci che la caratteristica della vita, anche di quella sportiva, è l’imprevedibilità. Ecco allora il migliore dei nostri, Spinazzola, uscire dal campo in lacrime, ma poi tornare col sorriso e le stampelle e festeggiare sulle spalle dei giganti della sua squadra.
Infine, ricevimento al Quirinale: visivamente spicca la grande eleganza di Berrettini (senza l’orrido cappellino) ma quanto a contenuti vince il senatore Chiellini: prima ricorda Astori e poi ripete: “ciascuno di noi non ha pensato al proprio successo, ma al bene comune”. Sarebbe una frase rivoluzionaria, anche politicamente molto attuale. Ancor più se completata nel seguente modo “sussidiario”: è solo lavorando per il bene comune che ciascuno cresce e ne trae anche vantaggio per sé. L’inverso del famoso menzognero apologo delle api, per cui ciascuno facendo i propri interessi farebbe il bene di tutti.
Però, non esageriamo con la retorica della vittoria che insegna a vivere. Dopo la gran serata quel che resta è una bella raucedine, forse uno 0,7 di Pil in più e ai calciatori aumenti di ingaggio. Ma a noi, diciamo la verità, oltre i bei ricordi rimarrà poco o nulla. Meglio allora godersi le partite e l’entusiasmo, finché durano, senza troppe morali, che disturbano come chi ti gufa accanto durante i calci di rigore.
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