La produzione industriale italiana a marzo ha avuto un calo del 28,4% rispetto al mese precedente; è una diminuzione molto più pronunciata sia di quella tedesca (-9,2%), sia di quella francese (-16,2%). Il confronto rimarrà impietoso con il passare dei mesi. I dati ricalcano ciò che si è potuto osservare fin da subito notando l’andamento dei consumi elettrici nei tre Paesi. Possiamo scartare l’ipotesi che il virus in Italia sia diverso da quello che è circolato in Francia e in Germania. La differenza si spiega in un solo modo e cioè che negli altri Paesi europei si sia chiuso molto meno che in Italia come dimostravano “empiricamente” le testimonianze di tanti imprenditori che in alcuni casi davano conto di produzioni identiche fermate in Italia e attive in Francia o in Germania.
I dati sanitari non ci consegnano un quadro di leader europei sadici che immolano alla causa economica i propri elettori al di là delle Alpi. Significa che si poteva lavorare in sicurezza, si poteva monitorare molto meglio la diffusione del virus testando e tamponando, controllando i luoghi di lavoro. Oggi, maggio 2020 a tre mesi dallo scoppio della pandemia, il Governo italiano non riesce a consegnare le mascherine nelle farmacie e non trova i reagenti mentre in Veneto sono in produzione “autoctona” da qualche settimana. Gli altri non si sono fermati quanto noi e oggi riprendono prima di noi, nonostante l’Italia sia entrata in emergenza prima di tutti in Europa.
I dati sugli aiuti all’economici a fondo perduto sono altrettanto impietosi e vengono messi in fila da ogni istituto di ricerca o banca d’affari che, giustamente, non contano gli evanescenti 750 miliardi annunciati dal Governo. I contributi a fondo perduto sia in Germania che in Francia sono un multiplo di quelli italiani senza che il nostro esecutivo si sia preoccupato di “organizzare” forme che potessero quanto meno sfruttare il risparmio degli italiani. Non per l’assistenza, ma per salvare fabbriche e posti di lavoro.
La comunicazione in Italia non aiuta la comprensione. Sui principali siti italiani campeggiano le notizie della “ripartenza” dei contagi in Germania o dell’aumento dell’indice di contagiosità; notizie simili vengono sottolineate per altri Paesi europei. La comunicazione continua a concentrarsi su due filoni: che siamo stati più sfortunati degli altri e che comunque negli altri Paesi europei, più o meno, le cose continuano come da noi. Lunedì si poteva leggere la notizia dell’indice di contagiosità in Germania in aumento e poi apprendere che nello stesso Paese riaprivano le palestre. Lo stesso sgomento si produce leggendo le date di riapertura delle scuole nei principali Paesi europei oppure l’intenzione del Governo austriaco di riaprire il turismo associandosi a un manipolo di Paesi sicuri e virtuosi, inclusa la Grecia, per creare uno spazio di spostamenti condiviso. Di cui noi ovviamente non faremmo parte.
Più passa il tempo, più le settimane si sommano, più sarà chiaro che la narrazione della particolare sfortuna dell’Italia, della sua sostanziale “contiguità” rispetto alle esperienze europee o addirittura, come ci è stato detto, della sua particolare virtuosità da cui gli altri prendono esempio abbia le gambe cortissime. Qualcuno si chiederà come mai il calo economico in Italia è il peggiore in Europa, oppure perché non si parla di riapertura delle scuole prima di settembre e così via per una serie lunghissima di settori e luoghi dagli alberghi ai parrucchieri, dalle palestre alle pizzerie. Come minimo, a parità di tutto, visto che siamo entrati nell’emergenza prima degli altri dovremmo uscirne con anticipo. Invece ne usciamo dopo in un clima surreale in cui si impone il prezzo delle mascherine per poi trovare le farmacie vuote.
La prossima puntata potrebbe essere lo scaricabarile sulle regioni. Non siamo però ottimisti neanche su questo versante. Sia perché il numero dei tamponi in Italia è pesantissimamente concentrato su due regioni in particolare, sia perché l’esperienza virtuosa del Veneto è avvenuta, come condizione necessaria, per la ribellione alle regole centrali, sia perché oggi alcune regioni stanno aprendo prima di altre a parità di dati sul contagio. Aprire prima è, ovviamente, una sfida al Governo nella misura in cui qualcuno dimostra che con le giuste accortezze si può fare senza aggravare la pandemia.
Dare 400 euro di multa a chi protesta, come a Milano, è sicuramente una buona idea per evitare spiacevoli contestazioni. Anche in questo caso però crediamo che la gambe di queste “soluzioni” non siano particolarmente lunghe.